Ciak si gira! Il Polesine raccontato con il cinema

Palazzo Roverella di Rovigo una mostra delle oltre cinquecento pellicole dedicate al Delta del grande fiume Po

Le sale del Palazzo Roverella di Rovigo ospitano  fino al primo luglio un’importante rassegna: ”CINEMA! STORIE, PROTAGONISTI, PAESAGGI” , un evento curato da Alberto Barbera - Direttore Artistico della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica  di Venezia – e promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi. Il percorso è costituito da contenuti originali e composto da diverse tipologie di materiali, esposti in originale o in copie, stampe e ingrandimenti  realizzati per l’occasione: foto di scene e di set, manifesti, locandine e materiali pubblicitari, documenti originali, sceneggiature, videometraggi di sequenze di film. Documentari sceneggiati televisivi, interviste filmate ai protagonisti, che hanno dato vita a opere spesso memorabili, destinate a rimanere icone nella storia del cinema.

Il progetto espositivo è accompagnato da un catalogo edito da Silvana Editoriale (pp. 199 ill. colori) con saggi del curatore, Gian Piero Brunetta, Adriano de Grandis Roy Menarini, Marco Bertozzi.

Il primo grande evento mediatico  che ha coinvolto il Polesine è stato il disastro naturale dell’alluvione. Era il 14 novembre del 1951 (Foto 1)  quando alle 19,45 l’argine del fiume Po riversò una quantità d’acqua impressionante recando la più grande catastrofe che l’Italia non aveva mai conosciuto in età contemporanea. Le cronache narrano che fu il primo disastro naturale italiano a diventarne un evento mediatico senza precedenti. Il territorio  già distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale - come del resto dell’Italia - fu messo in ginocchio mentre stava rialzando la “testa” lentamente. In questa occasione l’Istituto Luce, scelse i registi più bravi e li portò sul luogo a girare cortometraggi importanti che, in poco tempo portarono il Polesine - per questo fenomeno della natura - alla ribalta nazionale e internazionale.

Si calcola che le acque, i lembi di sabbia, le piane dell’ampio Delta siano state protagoniste, di uno scenario di almeno cinquecento tra film, documentari, fiction televisive, girati dai più grandi registi italiani. Scrive Alberto Barbera nel saggio del catalogo che accompagna la mostra:”Bisogna esserci stati in quel lembo di terra che ha affascinato, e continua ad affascinare, un gran numero di artisti ( poeti, scrittori, registi, pittori, fotografi)”.Un paesaggio straordinario, pressoché irreale, inconsueto, a tratti enigmatico. Terra di confine da ogni punto di vista, terra d’acqua minata dal bradisismo, soggetta a lente e impercettibili trasformazioni morfologiche”.

In questa mostra si ripercorre l’affascinante viaggio inconcluso che il cinema ha compiuto nei luoghi che hanno visto nascere il Neorealismo italiano, sino ai più recenti esempi di interesse manifestato dai registi e autori per un territorio dove tutto è cambiato, per rimanere sempre  uguale a se stesso.

Nel 1943 Luchino Visconti con “Ossessione”, inaugura la lunga serie di lungometraggi a soggetto che raccontano il Polesine. La guerra non aveva risparmiato queste zone del Delta del Po facendole diventare teatro di furiosi scontri tra la fine del 1944 e la primavera del 1945 e così nell’immediato dopoguerra, Roberto Rossellini vi ambienta l’episodio conclusivo di “Paisà”, forse il più tragico e intenso dei sei che compongono questo capolavoro del Neorealismo. Giuseppe De Santis esordisce con “Caccia tragica” su una sceneggiatura sua e di Michelangelo Antonioni, Umberto Barbaro e Cesare Zavattini.

Pochi anni dopo, nel 1948 il grande fiume diventa protagonista con “Il Mulino del Po”, per la regia di Alberto Lattuada, che decide di raccontare l’ultimo volume della trilogia del romanzo storico di Riccardo Bacchelli, fornendo un’accurata ricostruzione della condizione umana e sociale del bracciantato agricolo padano alla soglia del secolo.

Il film “la donna del fiume” (Foto 2 Archivio Fotografico – Cineteca Nazionale) del 1954 di Mario Soldati segna il lancio della ventenne Sophia Loren nell’olimpo internazionale delle star (Foto 3 di Sergio Strizzi  Collezione Museo Nazionale del Cinema).

Nel 1957 con  il film “Gente del Po” avviene l’esordio di Michelangelo Antonioni. Il regista ferrarese sceglierà più volte il set del Polesine per ambientare i suoi film, in questi luoghi, sempre nel 1957 ambienta “Il grido” (Foto 4) scende poi a Ravenna per “Il Deserto rosso”(foto 5 di Reports Associati & Archivi), per poi ritornare a Ferrara e girare l’ultimo episodio  di ”Al di la delle nuvole”.  

Nel 1963 Antonio Pietrangeli ambienta  il set per il film “La Visita” e sceglie gli attori Mario Adorf, François Périer  e Sandra Milo (foto 6 eseguita da Reporters Associati & Archivi)

Un altro grande regista ferrarese è Vancini,  che è di casa nel Delta per ambientarvi film e documentari, nel 1984 per la televisione  ambienta “La neve nel bicchiere”. Giuliano Montaldo nelle Valli di Comacchio crea il set per il film drammatico “L’Agnese va morire” (Foto 7).  Pupi Avati con il film“La casa delle finestre che ridono” trasforma la Bassa del Delta in un teatro ideale di film horror. (Foto 8  di Cesare Bastelli scena girata in via di Volano).  Il Po e il vicino Veneto sono  poi protagonisti di molti film di Carlo Mazzacurati. Altri registi girano film nel Polesine: da Goffredo Alessandrini a Comencini ai Fratelli Taviani, Bertolucci, Luigi Magni. “Un ettaro di cielo”è il film che esordisce Aglauco Casadio per la sceneggiatura di Tonino Guerra con Elio Petri e Ennio Flaiano.

Una notizia di cronaca del 6 febbraio 1954 riferisce della nascita di una bambina sulla barca che trasportava il feretro di un pescatore annegato. Il regista Renato Dall’Ara ne  ricava un incisivo documentario intitolato “Scano Boa” e, nel 1961 lo scrittore Gian Antonio Cibotto (recentemente scomparso) dedica un romanzo con lo stesso titolo, ad un mondo ormai scomparso.

Accanto alla produzione cinematografica sono stati dedicati a queste terre almeno una sessantina di documentari, ricordiamo “Gente del Po” di Michelangelo Antonioni, “Delta Padano”, “Una capanna sulla sabbia”(1955) di Florestano Vancini, “La missione del Timiriazev di Gillo Pontecorvo (1951), “Quando il Po è dolce” di Renzo Renzi (1951), “Lungo il Fiume” di Ermanno Olmi (1992), per arrivare al recente “pesce rosso dov’è”(2015) di Elisabetta Sgarbi. A queste due categorie, si affiancano  sceneggiati programmi televisivi da “Il Mulino del Po” di Sandro Bolchi del 1962 a “De Gasperi l’uomo della speranza” di Liliana Cavani.  

 Scrive il Presidente dell’Accademia dei Concordi   Giovanni Boniolo “Una mostra è un momento in cui qualcuno invita qualcun altro a entrare in un mondo culturale preordinato e interpretato”. Poi tocca a chi vi entra a vivere -  continua -   tale mondo con i suoi occhi, con la sua mente e con il suo vissuto e quindi accettare, o anche rovesciare, l’interpretazione proposta dal curatore”.

 

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Articolo pubblicato il 18/05/2018