La Vienna degli Asburgo

Il fascino di un’antica capitale

Vienna è sinonimo di ordine e precisione dei ritmi di vita dei suoi abitanti: così ieri, con l’Impero, pur non essendo una delle più grandi e popolose città europee, è riuscita a lungo a determinare la politica di tanti altri Stati, che in essa videro un costante punto di riferimento. E così oggi, quale frutto di secoli di educazione civica e di amore per la bellezza costantemente coltivata, è la città europea con la più alta qualità di vita…

Pensare a Vienna e sentir risuonare nella mente le note di un valzer di Strauss è spesso tutt’uno. Ma la città austriaca non è soltanto la bellezza delle sue musiche, la simmetria del Ring, la magnificenza del castello di Schönbrunn. Il fascino della capitale imperiale è dato soprattutto dall’ordine che vi domina e che sempre vi ha dominato e di cui bellezza musicale, armonia urbanistica e grandiosità edilizia sono il necessario effetto.

Ben prima che sorgesse la Ringstrasse, infatti, Vienna era ovunque nota per l’ordine e la precisione dei ritmi di vita dei suoi abitanti: in tal modo, pur non essendo una delle più grandi e più popolose città europee, riuscì a lungo a determinare la politica di tanti altri Stati che in essa vedevano un costante punto di riferimento.

A capo di un impero cosmopolita, che vedeva tra i propri sudditi, tra gli altri, Ucraini e Serbi, Boemi ed Italiani, Polacchi e Croati e varie altre popolazioni, oltre naturalmente a quelle di lingua tedesca, conservò fino al Settecento l’abitudine di utilizzare l’italiano come idioma corrente all’interno della propria corte, nonché come lingua obbligatoria per il teatro d’opera.

 

Così la vita a Vienna…

Uno spaccato della vita quotidiana a Vienna all’inizio del Settecento è riportato nel romanzo Veritas di Monaldi e Sorti, caratterizzato dall’indicare all’inizio dei vari sottocapitoli l’orario in cui si svolge l’azione con un riferimento alle abitudini dei Viennesi. Così sappiamo che alle ore 3 di mattina (il romanzo si svolge nell’aprile del 1702) «si ode il grido della guardia notturna: “Destati, o servo, in nome di Dio, del chiaro giorno v’è già il luccichio!”». Qualche ora dopo, alle 5.30, assistiamo alla Messa: «D’ora in poi è un susseguirsi di campane che per tutto il giorno annunciano Messe, processioni, devozioni. Aprono trattorie e birrerie».

Finisce la Messa e, alle 7, risuona la campana dei Turchi detta anche Squilla dell’Orazione. In altre parole, prima di iniziare a lavorare, si prega. Alle ore 11 «pranzano artigiani, segretari, maestro di lingua, preti, servitori di commercio, lacchè e vetturini» e due ore dopo, alle 13, «pranzano i nobili (mentre a Roma si sono appena svegliati) e di domenica gli impiegati di corte già sciamano nei caffè e iniziano gli spettacoli nei teatri».

Alle cinque del pomeriggio terminano le rappresentazioni domenicali nei teatri. Nei giorni feriali, fine lavoro: chiudono botteghe e cancellerie; sciamano artigiani, segretari, maestro di lingua, preti, servitori di commercio, lacchè e vetturini (mentre a Roma si fa appena merenda). Passa un’ora e mezza e si chiudono i bastioni delle mura cittadine: i ritardatari devono pagare 6 kreutzer. Intanto suona la campana della birra: si chiudono le mescite e nessuno può andare più per strada armato o senza lanterna. Alle otto di sera le trattorie e le birrerie serrano i battenti; infine, alle 23, «a Vienna si dorme, mentre a Roma iniziano i più turpi commerci».

 

Ordine e armonia da rispetto e regole

È questo ordine, questo rispetto, questo adeguarsi alle regole da parte di tutti cittadini, nobili e borghesi che siano, che permette a Vienna di svilupparsi armoniosamente e di divenire quel centro culturale e politico che ancor oggi, a un secolo di distanza dalla fine della monarchia asburgica, permea di sé l’intera città. È così che, quando si decise di smantellare gli ormai inutilizzati bastioni cittadini, anziché rimpiazzarli con giardini, si scelse di far nascere la meravigliosa Ringstrasse (strada anulare), che per volere dell’imperatore Francesco Giuseppe vide nascere un elegante doppio viale alberato, che avrebbe saldato la Hofburg (la residenza imperiale) con i quartieri borghesi cresciuti nel frattempo fuori dalle mura. Su di essa, come un diamante sul cerchio d’oro, si staglia il Teatro dell’Opera, non a caso definito «la prima casa sulla Ringstrasse».

Un amore della bellezza, che tocca anche i tanti edifici religiosi, a partire dalla controriformista chiesa di San Carlo Borromeo, trionfo del barocco viennese, fino all’essenziale austerità della chiesa di Santa Maria degli Angeli, che ospita nella sua celeberrima Cripta dei Cappuccini i sarcofagi di circa 150 appartenenti alla casa d’Asburgo.

A proposito di quest’ultima fa parte della cultura asburgica anche l’austero cerimoniale previsto per il seppellimento dell’Imperatore: il suo corpo veniva accolto nella Cripta solo dopo un codificato dialogo tra il ciambellano di corte e i frati. Era al povero peccatore e non all’Imperatore che finalmente la porta veniva aperta per consentire alle sue spoglie mortali  l’accesso alla sua ultima dimora. Un cerimoniale voluto dagli Asburgo e che ha il suo riscontro nella reggia-monastero dell’Escorial presso Madrid, voluta da un altro Asburgo, Filippo II di Spagna, che pur essendo «il più grande dei Re» si fece costruire un appartamento spoglio come la cella di un monaco.

Semplicità per se stessi, magnificenza e bellezza per i propri sudditi. Bellezza architettonica, artistica, culturale, musicale, imperitura. Non è assolutamente un caso, quindi, bensì il frutto di secoli di educazione civica e di amore per la bellezza, costantemente coltivata, che Vienna risulti attualmente la città europea con la più alta qualità della vita.

 

Gianandrea de Antonellis

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Articolo pubblicato il 19/05/2018