Il figlio, Gian Ettore, avvocato penalista, matrimonialista e opinionista della Rai, scrisse una commovente lettera nel ventennale della morte del padre.
Si presentarono presso lo studio dell’avvocato penalista Leopoldo Gassani nel marzo dell’81, due finti clienti che gli chiesero, in quanto mandatari del camorrista Raffaele Catapano del clan di Cutolo, di convincere il suo cliente, Biagio Garzone, imputato di omicidio volontario con altri esponenti della criminalità campana, tra quali anche lo spietato killer Catapano, divenuto un collaboratore di giustizia, a ritrattare le accuse contro il Catapano.
L’avvocato, pur intuendo le intenzioni dei due emissari, non accolse la richiesta, nonostante immaginasse cosa gli sarebbe accaduto e scrisse su un foglio di carta ‘non posso perdere ogni dignità ‘. L’omicidio fu commissionato in carcere e l’avvocato fu ucciso a sangue freddo insieme al suo collaboratore Giuseppe Grimaldi. L’avvocato Gassani, nella sua breve carriera, si occupò di casi molto importanti e rilevanti in varie città d’Italia, svolgendo attività forense ai più alti livelli dell’Avvocatura.
Un avvocato che rappresenta un modello nell’Avvocatura e che non rinnegò i suoi principi a costo di pagarne un prezzo altissimo, la sua vita. Il primogenito, Gian Ettore, affermato penalista e matrimonialista, in occasione del ventennale della sua morte, ha scritto una commovente lettera al quotidiano «Il Mattino», per ricordare il padre con dolore ma anche grande orgoglio:
“...Certi dolori sono infiniti come il vero amore. Ero un ragazzo e papà era il mio mito, come dovrebbe essere per ogni figlio.
Era circondato da un inspiegabile alone di immortalità. Quando mi dissero che era morto, non ci credevo. Per me non era possibile che lui non potesse più vedere, parlare, respirare, che potesse finire... non potevo sopportare di vedere un leone ucciso, inerme, morto in quel modo.
Forse, sono stato orgoglioso anche in quel momento, condividendo l’antico orgoglio di mio padre che non avrebbe mai voluto che lo vedessi così. Lui era stato il mio gigante buono. Ricordo quand’ero piccolo e la mia mano che si perdeva nella sua e quel senso di protezione che solo un padre può dare.
Oggi faccio l’avvocato penalista e mia madre... non capisce o fa finta di non capire il perchè abbia fatto questa scelta, perchè abbia deciso di difendere ed accusare i camorristi e perché abbia voluto ripercorrere i sentieri di una tragedia in una terra che, a volte, sembra dimenticata da Dio. Ho fatto solo il mio dovere di figlio. Senza calcoli e senza pretese.
Ero ancora un ragazzo quando mio padre morì, ma quei pochi anni che ho vissuto con Lui sono ancora vivi nella mia mente e nel mio cuore. Mi hanno dato la forza di andare avanti e non mollare mai. Papà è stato un martire dell’avvocatura. Così hanno scritto in tanti. Per papà la toga di avvocato era tutto!”
Il 29 maggio 2009 il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha conferito la medaglia d’oro al valor civile all’Avvocato Gassani con questa motivazione:
“con eroico coraggio e grande etica professionale, non si piegava alle pressioni della malavita organizzata, affinchè abbandonasse la difesa di un imputato appartenente ad una banda di sequestratori, il quale aveva collaborato con la giustizia e consentito l'individuazione degli altri componenti dell'organizzazione criminale.
A seguito di un proditorio agguato, cadeva vittima innocente della camorra, sacrificando la vita ai più nobili ideali di dignità morale e di legalità ”.
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immagine: investireoggi.it
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Articolo pubblicato il 25/06/2018