La Provincia di Torino, la sua trasformazione, i suoi Presidenti

Lo studio – testimonianza di Giuseppe Cerchio

Come annunciato in precedenza, Mercoledì 13 Giugno, presso l’aulica scenografia di Palazzo Cisterna, è stato presentato un pregevole saggio di Giuseppe Cerchio sulle amministrazioni che si sono succedute alla guida della Provincia di Torino, dal 1951 al 2014.

Un pubblico di ex amministratori, politici, dipendenti provinciali e giornalisti, i quali avevano vissuto da vicino - almeno in parte - le vicende della nostra Provincia, ha assistito con attenzione e interesse alla presentazione del libro. L’iniziativa nasce dagli intenti della Consulta permanente dei Consiglieri Provinciali e della Città Metropolitana di Torino. Il Presidente, Marco Canavoso, ha presentato l’autore. Hanno poi portato la loro testimonianza anche gli ex Presidenti della Provincia Eugenio Maccari (1980-1985) e Sergio Luigi Ricca (1990–1995).

Giuseppe Cerchio è un amministratore di lungo corso. Eletto, giovanissimo, Consigliere comunale e Capogruppo a Chieri, tra gli altri prestigiosi incarichi annovera l’essere stato, in più occasioni, Consigliere provinciale e Capogruppo. Ha altresì ricoperto la carica di Vicepresidente del Consiglio provinciale, nonché quella di Assessore regionale e Vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte.

Con questo saggio Giuseppe Cerchio percorre, con dovizia, la vita amministrativa della Provincia di Torino, dalla prima amministrazione formatasi dopo le elezioni del 1951, sino alla soppressione del Consiglio provinciale nel 2014 e all’avvento della Città metropolitana. Si analizza ogni legislatura con la composizione delle giunte, il profilo del Presidente, le vicende salienti interne ed esterne all’amministrazione, nonché l’elezione di Consiglieri che negli anni ricoprirono posizioni rilevanti nella Politica e nell’Economia del Paese.

L’aspetto inerente il Passato che maggiormente fa riflettere e si proietta quale utile testimonianza per il futuro, è rappresentato dalla mission del Presidente più autorevole che la Provincia di Torino, nel periodo post bellico, abbia conosciuto.

Ci riferiamo al Professor Giuseppe Grosso, uomo d’indiscusso rigore morale, docente di Storia del Diritto Romano e per lunghi anni Preside della Facoltà di Giurisprudenza, nonché – appunto – Presidente della Provincia per ben tre legislature, dal 1951 al 1964.

All’epoca, le distruzioni conseguenti alla Seconda Guerra Mondiale erano evidentissime sul territorio. Mancava tutto e le aziende, in gran parte danneggiate dai bombardamenti, dopo sommarie ricostruzioni iniziavano appena a sfidare i mercati. A seguito di anni d’autarchia, la Politica si poneva solamente obiettivi immediati, legati alla ricostruzione e ai pressanti problemi che ogni giorno si affacciavano sulle scrivanie dei governanti.

Grosso però guardava oltre… Egli condivise con i due autorevoli Sindaci di Torino che in quel periodo si erano succeduti - l’Avvocato Amedeo Peyron e l’Ingegner Gian Carlo Anselmetti - la necessità di rendere stabile l’opera di ricostruzione, guardando all’Europa e stabilendo contatti con Francia e Svizzera quando ancora non esistevano strutture comunitarie, e la firma dei Trattati di Roma era ancora lontana.

Il ripristino della strade locali, da sempre tra le competenze della Provincia, si affiancò alla necessità di compiere scelte strategiche e di impegnarsi nella costruzione di grandi infrastrutture. Indirizzo condiviso tanto dal Professor Valletta, il quale - dopo aver ricostruito gli stabilimenti della Fiat - seppe guardare coscientemente al futuro, quanto da Adriano Olivetti. Quest’ultimo si prodigò con la Provincia per la costruzione dell’autostrada Torino-Ivrea: primo passo per poter poi, tramite i costruendi trafori alpini, raggiungere l’Europa continentale e ivi esportare le merci prodotte dai nostri stabilimenti.

Discorso analogo per la costruzione del tratto di autostrada fra Ceva e Savona, per gli studi inerenti i trafori alpini del Gran San Bernardo e del Monte Bianco, nonché per la costruzione dell’aeroporto di Caselle, polo infrastrutturale di primaria importanza al fine di non vedere Torino svantaggiata e isolata rispetto al trasporto aereo che stava muovendo i primi passi.

Come accennato, all’epoca non era possibile attingere ai finanziamenti europei, né del resto lo Stato si dimostrava così disponibile a erogare contributi.

Tuttavia il Professor Grosso non si perse d’animo e, tramite gli accordi con il mondo industriale e le banche, pur tra mille difficoltà riuscì a impostare la rete autostradale del Piemonte, oltre a onorare gli impegni già citati. Presero così forma la Torino-Piacenza, quale sbocco al mare e all’autostrada del Sole, oltre al raddoppio della Torino-Milano e alla progettazione della tangenziale di Torino.

Potremo, per analogia di impegno e successo di realizzazione, paragonare le amministrazioni Grosso al V e VI Governo De Gasperi (noti anche come “Gabinetti della Grandi Riforme”) che giustappunto governavano in quegli anni: questo per la tenacia con la quale si cercò di colmare il divario che ci divideva dalle Nazioni vincitrici della Seconda Guerra Mondiale.

Giuseppe Grosso credeva fermamente nel ruolo delle Autonomie locali. Si prodigò per condividere le scelte adottate con le altre Province piemontesi e incrementò le iniziative culturali dell’Ente, nonché la formazione tecnica. Inoltre, attraverso l’istituzione dell’Ires, sentì la necessità di dare spazio e dignità alle ricerche economiche e sociali che interessavano una società in rapido e continuo cambiamento.

Quale riflessione suscita la cronaca dell’epoca?

Se non ci fossero state la volontà e la tenacia di Grosso e dei collaboratori che ne seguirono le orme, Giovanni Oberto Tarena ed Elio Borgogno in particolare, Torino e il Piemonte non sarebbero stati i protagonisti del miracolo economico, e l’immigrazione dal Veneto e dalle regioni del Sud sarebbe rimasta un miraggio per i molti che - portando qui il loro lavoro - si erano sottratti a una vita di stenti.

Quest’anno ricorre il quarantacinquesimo anniversario della morte del Professor Grosso, deceduto il 27 Ottobre 1973. Il Piemonte s’è ridotto a essere il fanalino di coda delle regioni del Nord. Assistiamo, da parte di amministratori stolti e irresponsabili, alle deificazione della decrescita felice.

Vanno di moda Ministri scamiciati e urlanti nelle piazze, nonché giullari che vorrebbero chiudere a cuor leggero gli stabilimenti produttivi, per convertire i lavoratori in guide turistiche. Per non parlare di quei Politici che si contendono, quale azione qualificante, il primo posto alle grottesche sfilate del Pride.

I giovani non trovano lavoro, la città languisce, le iniziative valide delocalizzano e non arrivano nuove proposte. La costruzione delle grandi infrastrutture, in primis la TAV, viene citata con fastidio, quando non apertamente osteggiata.

Sarebbe opportuno, magari con ulteriori iniziative ad hoc, ripercorrere e analizzare quanto fatto in passato per togliere il Piemonte dall’isolamento, riflettendo...

Forse qualcuno potrebbe ravvedersi e imparare, oppure lasciare semplicemente e saggiamente spazio ai competenti.

 

Fotografie: Provincia di Torino

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Articolo pubblicato il 18/06/2018