L'infinito bisogno della Poesia

"Esponenziale"

Ammiro

l’iridescenza della curva:

sono i due rami di una parabola,

è il cromatismo dinamico

dell’Arcobaleno.

 

Anche il cielo è fatto di numeri

e di forme,

le cui formule

disegnano i contorni serici della Natura.

 

Sul pentagramma della vita

le note prendono posto.

Sono

formule forme numeri

anch’esse.

 

Le cinque righe

divengono binari luminosi

e i quattro spazi contenitori di sentimenti

ed emozioni:

limiti entro cui scrivere

la propria Musica

oppure

dita di mani immateriali,

capaci d’intrecciarsi,

nell’aria,

anche quando lontane

e divise?

 

Alla forma

il numero dà tempo e identità.

Così il metronomo scandisce,

implacabile,

il battere e il levare del suono

e il senso della sua tonalità.

 

Ma dentro non si va a tempo…,

perché il cuore non scandisce,

pulsa,

e non può misurare

né contenere

ciò che è immisurabile.

 

Così l’Infinito entra nella materia,

plasmandola,

pur senza avere forma.

 

Come l’acqua

assume il sembiante

di ciò che la contiene,

l’Infinito deborda l’Universo

e porta le Stelle sulla Terra.

 

Anche le parole

limitano,

non adatte a cantare

il vero.

Esse non possono descrivere,

appieno,

gli arpeggi dell’anima,

né il tumulto interno

di un mare d’aria,

in cui nuotano

sussurri pieni di Sole

e

voci di pioggia.

 

L’arcobaleno

amplifica le trasparenze,

e trafigge un tesoro

che non si può vedere,

perché sparso ovunque.

 

La curva solca il cielo,

la curva si impenna,

e in un solo attimo

o anno che sia

guadagna le vette celesti.

 

Com’è cambiato il cielo?

 

Anch’esso è un numero,

che moltiplica e rinnova

infinite volte

se stesso.

Ogni giorno.

 

È un esponenziale.

 

Sara Garino

 

(Immagine di copertina: Henry Matisse, “La tristesse du Roi”, 1952)

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Articolo pubblicato il 30/06/2018