Matteo Renzi non molla di un centimetro: "Sarà un congresso duro".

Chi ha parlato con Renzi racconta come l'ex segretario stia preparando la grande conta su M5S. Tra i possibili candidati gira il nome di Minniti.

Si sono visti per caso, Renzi e Zingaretti, martedì pomeriggio a due passi del Senato. L'ex segretario usciva con Lotti dal ristorante Casa Bleve, il presidente della Regione, che passava lì in macchina, si è fermato per un saluto. È stata l'occasione di una chiacchierata civile, sul piano personale, che politicamente però lascia le distanze inalterate. Anzi, tutto questa avanzata del "partito della trattativa" con i Cinque stelle, semmai sta producendo l'effetto di accendere il desiderio di pugna di Matteo Renzi.

Chi ha parlato con lui giura e spergiura che il suo ritorno in campo formale è "un' ipotesi non all'ordine del giorno", anche se nella sostanza non se ne è mai andato e mai se ne andrà. E che ha già scelto il terreno nella nuova conta che si annuncia alle primarie: "Vogliono fare il congresso sull'accordo con i Cinque stelle? Bene, ci sono due linee nel Pd, la nostra e la loro.

Sarà un congresso bello tosto". L'ultimo ad aprire al confronto coi pentastellati è stato non un oppositore dichiarato, ma Graziano Delrio: "Bah - proseguono le stesse fonti informate – Graziano talvolta quando parla non si capisce fino in fondo con chi sta".

E chissà se l'uscita non gli sarà fatale, perché il suo nome girava come possibile candidato alla segreteria (non si sa con che reale tasso di convinzione). Certo è che adesso circola anche quello di Marco Minniti, oppure la suggestione di candidare "uno dei nostri sindaci". Perché prima bisogna vedere lo sfidante: "Vediamo se Zingaretti alla fine si candida, ora che il gioco si fa duro. Il Pd romano e laziale non è tutto questo esempio di rinnovamento e trasparenza". Spifferi, che già lasciano intendere l'alto tasso di veleno che scorrerà in questo ennesimo plebiscito (grande o piccolo che sia) perché "dimostreremo che la presa ce l'abbiamo ancora noi".

Torniamo all'impostazione del congresso. Ultimamente al Senato Renzi è stato visto parlare spesso con Umberto Bossi. Pare che sia scattata una forma di simpatia da quando l'ex segretario della Lega gli ha detto che "in fondo sei l'unico che ha fatto qualcosa per la crescita". Sarà il frutto di questi incontri, sarà la lettura dell'intervista di Belsito, ma la convinzione maturata nella cerchia strettissima renziana è che l'inchiesta è deflagrante: "Se la procura ha trovato solo tre milioni di euro sui conti della Lega e quando Belsito se ne è andato ce n'erano 40, significa che il problema riguarda la gestione di Salvini e di Maroni, cosa che dicevano anche i Cinque Stelle ai tempi dell'inchiesta dell'Espresso".

Ecco, deflagrante al punto da poter precipitare sul terreno del governo perché, questa l'analisi, a un certo punto i Cinque stelle non reggeranno più ontologicamente sulla questione morale. Circola molto, al Nazareno, un post scritto un anno fa sul blog delle stelle: "Salvini e Maroni hanno utilizzato parte dei 48 milioni di euro pubblici frutto della truffa orchestrata da Umberto Bossi e l'ex tesoriere Belsito, entrambi già condannati per la vicenda Tanzania & diamanti. Salvini e Maroni, rispondete".

La profezia, consegnata a qualche fedelissimo, è che "ci rimpiangeranno" perché il governo "o salterà sulle inchieste nel 2018, perché saranno i Cinque stelle a staccare la spina o sull'economia nel 2019" e dunque bisogna scommettere sul loro fallimento, non cercare l'accordo o il confronto, come chiede, ormai, l'altro mezzo partito che ha scelto questo terreno per il superamento del renzismo.

Il programma televisivo su cui è in corso una trattativa con Mediaset e la Leopolda sono parte integrante di questa battaglia, e di questa narrazione tra chi vuole costruire "l'alternativa con chi vuole distruggere l'idea stessa di politica" e chi è "altro", tra la "barbarie" e la "bellezza", tra l'apertura della Firenze rinascimentale e la chiusura dell'oggi, la memoria contro il nichilismo.

Formalmente è nei palinsesti, nei panni di un conduttore colto, sostanzialmente Renzi è già in campo nell'ennesimo plebiscito.

huffpost.it

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Articolo pubblicato il 12/07/2018