"Il mio giocattolo"
Un abbraccio giocoso
al prezioso giocattolo…
Quello da cui ci si separa mai,
quello con cui si gioca
all’infinito,
senza sosta:
senza consumarlo,
senza stancarsi
di trastullarlo.
E di trastullarsi.
È talmente vivo, e vero,
da non aver bisogno
di pile
per funzionare.
Mi basta pensarlo
affinché prenda vita
vicino a me.
Mi basta guardarlo
per avvertire
ogni volta
l’infinito desiderio
di stringerlo
a me.
Lo prendo
e lo riprendo,
lo miro
e lo rimiro.
Lo volto e lo rivolto,
fino a conoscerne ogni centimetro,
fino a scoprirne tutti i segreti…
Passo con lui lunghi minuti
che pure mi sembrano
niente,
da tanto scorrono veloci.
Decido allora di portarlo con me,
sempre:
lo infilo sotto il cuscino,
nel cassetto, in valigia…
Lo vedo complice delle mie giornate,
gli parlo,
mi confido,
gli racconto…
e, intanto,
non vedo l’ora di ricominciare a giocare!
Chi fra noi domina e decide?
È il giocattolo alla mia mercé
oppure,
in realtà,
sono io a essere profondamente sua,
e avvinta?
Aspetto di ritrovarlo
come il giorno attende
l’aurora,
per ritagliare ancora
un altro spicchio di cielo
e di quiete.
Quindi il gioco è a due,
senza vinti né vincitori,
perché ci sono
solo
protagonisti.
Protagonisti,
insieme,
del gioco più serio che si conosca:
la vita.
Stringo forte
il mio giocattolo tra le mani,
pensando che,
così,
posso davvero dire di vivere la vita
come l’infinita meraviglia di un sorriso…
Gira e saetta,
piroetta nell’aria.
Brilla e sfavilla,
mi ricordi tanto il tumultuoso movimento
di una Stella.
Io giro con te,
e impazzisco,
di gioia.
Sara Garino
(Immagine di copertina: Joan Miró, Il Carnevale di Arlecchino, 1924-1925)
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Articolo pubblicato il 13/07/2018