Lega-M5s, travaglio da nomine.

Salvini s'impunta sulla guida di Cdp, slitta l'indicazione dei vertici. La volontà di trattare su di un "pacchettone" con Fs e Rai.

La grande tensione fa slittare la madre di tutte le nomine, la prima dell'era gialloverde. La Cassa depositi e prestiti, uno dei pochi granai rimasti da utilizzare per fare un po' di investimenti pubblici, ora che si annuncia la grande carestia autunnale della bassa crescita e della fine del Qe di Mario Draghi.

Al primo vero banco di prova degli equilibri tra Lega e Cinque stelle e, al tempo stesso tra il governo e la finanza italiana, il negoziato si incaglia sul nome di Marcello Sala, ex vicepresidente del cdg di Intesa Sp, fortemente voluto da Matteo Salvini. Nome cui si registra la contrarietà dei Cinque Stelle e anche le perplessità del ministero dell'Economia perché il curriculum, pur essendo di spessore, non avrebbe all'attivo esperienze di gestioni complesse come la Cdp.

A meno di clamorose novità, l'assemblea di domani potrebbe rimanere "aperta", come si dice in questi casi, in attesa che sia raggiunta una quadra politica, con la Cassa ferma e costretta all'ordinaria amministrazione.

Quadra che incrocia, a questo punto, tutto il pacchettone di nomine sul tavolo del governo: Ferrovie, dove è in uscita l'amministratore delegato Renato Mazzoncini e il prossimo ad dovrà affrontare il delicato progetto di fusione con l'Anas, la società che gestisce strade e autostrade. E la Rai, col rinnovo di tutti i vertici (cda, di cui quattro membri sono di nomina parlamentare), il presidente (nominato dal cda) e il direttore generale (nominato dal governo).

Cdp, Ferrovie, Rai, nomine pesanti negli equilibri del potere italiano e cemento di qualunque governo. Secondo fonti degne di questo nome, la strategia di Salvini è stata proprio questa: impuntarsi sul suo nome a Cdp, nella anche consapevolezza che non passerà, per incassare prima garanzie su Rai e Ferrovie.

Ma perché questo braccio di ferro così duro attorno a Cdp? Semplice, perché la Cassa è l'unico vero braccio operativo su cui il governo può contare per fare un po' di investimenti pubblici bypassando le ferree regole contabili di Bruxelles. La Cdp infatti non è inserita nel perimetro del bilancio statale e quindi di conseguenza eventuali investimenti non vanno a incidere sui saldi, a partire da debito e deficit.

Quindi soldi freschi che non devono passare sotto le forche caudine di Bruxelles. Non è un caso che lo stesso Di Maio più di una volta abbia fatto sapere di voler ampliare la mission dell'istituto, che secondo lui dovrebbe funzionare anche da banca pubblica per gli investimenti. Nonché dovrebbe dare garanzie per lo smaltimento dello stock arretrato dei debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. Due promesse, queste, leitmotiv di campagna elettorale, finite poi dritte dritte nel contratto di governo.

Per mantenerle entrambe però, il leader pentastellato ha necessità che sulla tolda di comando non possa non esserci un nome che lo garantisca al cento per cento.

L'oggetto della contesa è quindi il nuovo amministratore delegato. Il nome gradito al Tesoro, il principale azionista, è Dario Scannapieco, attuale direttore della Banca europea degli investimenti in Italia molto stimato anche da Mario Draghi. Lo schema, proposto dai Cinque stelle, prevedrebbe una sorta di "sdoppiamento", col via libera a Scannapieco come ad e la nomina a direttore generale di Fabrizio Palermo, attuale direttore finanziario e molto vicino a Luigi Di Maio e Casaleggio jr.

Fonti vicine alla trattativa rivelano: "Giorgetti aveva proposto Massimo Sarmi (ex Poste in quota An, ndr) come amministratore delegato e Palermo direttore generale. Sarmi rappresenta troppo 'il vecchio' per Di Maio, che chiuderebbe sul candidato gradito al Tesoro, e anche al Quirinale, incassando Palermo perché non ha altri nomi. Il punto è Salvini che sul negoziato ha un atteggiamento più duro di Giorgetti che certo non fa le barricate su un nome gradito da Draghi".

Perché in questa paralisi ci sono più livelli di trattativa. Quello macro tra i due soci di governo, ma anche le articolazioni all'interno dei due partiti, con Casaleggio piombato a Roma nei giorni scorsi, Di Maio che ha affidato il negoziato al suo fedelissimo Vincenzo Spadafora e anche Grillo che segue con attenzione il tema Rai, ad esempio.

Con l'arrivo di Casaleggio a Roma sulla Rai ha preso quota il nome di Fabio Vaccarono, country manager di Google Italia. L'altro, in ballo già da tempo, è Fabrizio Salini, ex direttore di La 7. La sensazione è che il rinvio riguardi il pacchettone nel suo insieme, con la deadline fissata a fine luglio, termine massimo per l'assemblea di Cdp che deve approvare i conti.

huffpost.it

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Articolo pubblicato il 13/07/2018