Ospedale Maggiore di Chieri (TO), approdo di salvataggio

Ringraziamento a chi lavora seriamente e in sottovoce.

19 giugno, sto male. Pronto soccorso di Chieri, mi sento morire. Vengo accolto in velocità, esaminato quasi subito, non c’è molto tempo. Prelievi, radiografie, ossigeno, batte piano il cuore. Notte in ospedale e poi il ricovero in area critica. Non era un sospetto, il mio fisico è debilitato, prezzo da pagare a una vita pur attiva e vivace, ma da oltre trent’anni su una carrozzina, causa un dannato incidente stradale.

Ospedale attrezzato, organizzato, accogliente, i dottori sanno che sono un cliente con certe esigenze un po’ impegnative. Personale gentile, ben addestrato, eppure curioso e modesto nel trovarsi a trattare un delicato paziente; sono io, superstite eppure ancora portatore di una severa lesione midollare.

10 giorni sotto controllo, passa il Primario, dottor Frediani, chiaro e veloce illustra, mi spiega. Quindi è il turno della dottoressa Artoni, esperta in polmoni, minuziosamente indaga, decide la cura. Il minuscolo ospite che mi mangia da dentro è un micro organismo con cui non è consigliato mediare, bisogna provare a farlo fuori. Notti a tossire, pomeriggi migliori, talvolta, piacevoli scambi di fatui pareri tra il paziente ansimante e dottori, infermieri. Poche parole che fanno bene al morale.

1 luglio, sembro quasi guarito, forse farei meglio a restare, ma sto meglio davvero e in quel giorno c’è un appuntamento talmente importante, emozionante, al quale è davvero dura dover rinunciare. Vengo dimesso dal dottor Valente. Ho i parametri a posto, il respiro è regolare. Mi passa la lista di tutte le cure da continuare. Per ogni problema potrò tornare, mentre intanto con scrupolo e amore per la professione, la dottoressa Artoni ha già programmato altri approfondimenti e nuove cure.

Ho fatto il bravo, ho seguito la lista dei medicinali, oggi è una buona giornata, è il 13 luglio e mentre quasi respiro con regolarità mi viene da scrivere che troppo spesso la gente, la stampa, la morale comune se la prende, talvolta si scaglia su certi esempi, purtroppo esistenti e di certo eclatanti di mala sanità, tacendo su tantissimi, silenziosi, laboriosi centri di organizzata eccellenza. Come sempre, fa più interessato clamore una pianta che cade, piuttosto di una foresta che cresce.

Ospedale Maggiore di Chieri, pronto soccorso, non è la prima volta che mi fanno del bene con un sorriso e professionalità. È una concreta realtà su cui può contare il bacino d’utenza dell’Asl TO5: sinergia, un senso di protezione, consapevolezza di un ruolo importante e sovente sottovalutato. Così è stato per me, altrove non so, ma qui sono stato curato in modo eccellente. Ringrazio il reparto, dal primario fino all’ultimo, più modesto inserviente, personale che lavora tra germi, sanguinamenti e lamenti di varia provenienza.

Trovarsi degente non è come andare in vacanza. Questo lo deve capire prima di tutto ogni ammalato che sovente protesta, seppur contrariato dal luogo, dal motivo per cui si è trovato sdraiato su un letto, ma è accorso di suo e prontamente soccorso, ricoverato, classificato come si spera: un “paziente”.

In ultima analisi, si spera che il nuovo centro ospedaliero che raggrupperà Chieri, Carmagnola e Moncalieri, possa guadagnare in concentrazione e attrezzature, senza abbandonare del tutto certe arterie periferiche forse più gestibili in termini di umanesimo e appartenenza.

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Articolo pubblicato il 14/07/2018