Vito Garofalo

Teatrante di strada e pittore

Propongo ai Lettori l’intervista che ho condotto a Vito Garofalo, uno dei quattro pittori che hanno esposto le loro opere nella mostra collettiva di pittura “In 4 per Viù” che si è tenuta dal 23 giugno al 1° luglio 2018, a Viù (Torino) (m.j.).

 

Ci vuole parlare del suo percorso formativo?

Sono prima di tutto una persona che si è sperimentata nell'arte teatrale e comica. Sono diventato teatrante di strada per una mia esigenza di amore verso il prossimo. Il mio Mimo ed il mio Clown si sono formati da maestri per eccellenza: Marcel Marceau, Pierre Byland, Jango Edwards.

Un giorno ho deciso di dipingere, per scoprire i miei mondi interiori, che alle volte con lo spettacolo non uscivano fuori. Ho attraversato in silenzio dei luoghi appartati dentro di me; e, tramite i miei sogni, ho realizzato questi lavori.

 

Come si sviluppa la sua attività di pittore?

Sperimentando con il colore ad olio le mie tele prendevano forma; e le mie anime libere uscivano fuori. Ho disegnato in modo istintivo, i miei disegni sono questi: sono frutto di liberazioni, paure, desideri e gioia.

Ho iniziato per passione nel 2003 ma non esponevo. Nel 2015 il MIIT (Museo Internazionale Italia Arte) mi ha inserito come pittore in permanenza, così ho fatto con loro molte esposizioni.

Nel 2017 ho partecipato col MIIT a una serie di mostre come “Torino Capitale Europea del Turismo”, a “Perugia Contemporanea” in marzo, a “Italia Creativa. Dialoghi di Arte Moderna e Contemporanea” a Stoccarda, da luglio ad agosto, all’International Biennial of Contemporary Art di Chicago, a “Viva la Vida”, presso il Centro Cultural Montjuic di Barcellona, in ottobre. Quest’anno ho partecipato alla collettiva di Viù in giugno.

 

Come definisce il suo stile?

Attraverso la mia pittura ed i miei sogni, libero le mie anime e questo mi fa stare bene. Per completare la risposta, cito quanto ha scritto il critico Guido Folco: «Nelle opere di Vito Garofalo l’Uomo è misura e centralità dell’Universo, con le sue paure ataviche, i suoi afflati spirituali, le sue ascese e discese improvvise dalle vette del sogno o negli abissi del dolore. Ogni suo dipinto ci racconta una storia, ogni personaggio sembra venirci incontro per renderci partecipi della sua condizione, gioia o dolore, non importa, perché l’arte è sempre e comunque condivisione del cuore.

È forse questo l’elemento dei suoi dipinti che maggiormente affascina, quella comunicazione immediata che trapela dal colore e dalle forme definite, circondate da segni gestuali, quasi un voler proteggere e allo stesso tempo condurre l’Essere alla scoperta di sé e dell’altro.

Negli aranci vibranti, nei blu immensi, nei colori puri e stesi a larghe campiture, a volte graffiati e mescolati, altre distesi e rasserenanti, l’artista coglie un’idea nuova di spazio, quasi una continua metamorfosi tra terra, cielo, uomo, natura, animali e la sua pittura si fa di volta in volta bestiario medioevale contemporaneo abitato da esseri informi, volti occhieggianti, stupori improvvisi, mentre nel suo primordiale labirinto cromatico ci si perde ogni istante, per poi ritrovarsi a percorrere nuovi sentieri di luce e colore, tenendosi per mano come bambini incantati, spalleggiandosi a vicenda come eterni amici di strada, condividendo una storia, un’esistenza, una traccia, energia lasciata per sempre su una tela vissuta».

 

I suoi progetti per il futuro?

Nell’ottobre di quest’anno, con il MIIT, andrò a New York dove saranno esposte due mie opere.

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Articolo pubblicato il 19/07/2018