Quando "sabaudi e borbonici" si combattevano nella Guerra di Secessione Americana

Un episodio di storia minore curioso, poco noto, ma significativo

La Guerra di Secessione Americana (o guerra civile americana – 12 aprile 1861 – 9 aprile 1865) è stato un conflitto di grandi dimensioni fra gli Stati Uniti d’America e gli Stati Confederati d’America, una guerra civile tra americani, in cui si sono scontrate ideologie, culture e interessi economico-finanziari, in un immenso teatro operativo militare di estensione continentale.

Su questo peculiare evento gli storici hanno esplorato praticamente tutte le cause (ideologiche, etico-religiose, economiche, politiche, industriali, ecc.) che hanno scatenato questo terribile conflitto.

In sintesi tutti i punti focali della “grande storia” sono stati analizzati da diverse visioni ideologiche, offrendo praticamente una risposta autorevole ed esaustiva anche su molti aspetti “collaterali” importanti, in ogni caso non determinanti nell’andamento generale del conflitto.

Tuttavia la “storia minore” riserva sempre sorprese curiose ed inaspettate, che arricchiscono il contesto generale e nello stesso tempo evidenziano la complessità, gli intrecci e le ripercussioni internazionali, di questo sanguinoso  conflitto tra gli stati confederati del sud e gli unionisti del nord.

La curiosità ci viene offerta da un episodio del volume “Accadde nel 1861 – Cronache, indiscrezioni e retroscena dell’Unità d’Italia” – Edizioni del Capricorno – La Stampa e che riporto integralmente.

 

              Sabaudi yankees e Borboni dixies

 

Venerdì 12 aprile 1861 scoppia in America la guerra fra nordisti e sudisti, ovvero fra gli yankees antischiavisti dell’Unione e i dixies, gli stati schiavisti della Confederazione.

Il conflitto deflagra quando l’artiglieria sudista apre il fuoco per impedire il rifornimento del presidio nordista di Fort Sumter, in Carolina del Sud.

Nei due eserciti militano anche reduci delle guerre risorgimentali italiane.

Volontari piemontesi e liberali italiani indossano le giacche azzurre nordiste.

Si riuniranno in due unità. La prima sarà quella delle “Garibaldi Guards” del39th New York Infantry Regiment”.

Adotterà il cappello dei bersaglieri sabaudi e la bandiera italiana usata nel 1848 da Garibaldi in Lombardia e nel 1849 a Roma.

L’altra sarà l’ “Italian Legion”, con bandiera americana, fregiata da un fiocco tricolore e la scritta: “Vincere o morire”.

Nell’esercito sudista si sono invece arruolati centinaia di reduci dell’armata borbonica. Sono inquadrati in altre “Garibaldi Guards”. Disconosciute però dal generale Garibaldi, sostenitore della causa nordista, prenderanno il nome di “Legione italiana”.

Nel 1862 diverrà il “6° Reggimento European Brigade”.

La guerra li farà combattere fra loro.

Il 25 maggio 1862 i bersaglieri nordisti del “39th New York Infantry Regiment” si scontreranno con i confederati ex borbonici, che li metteranno in fuga  alla battaglia di Winchester.

L’evento sopra riportato è tutto sommato curioso, poco noto e significativo, pur rientrando nella categoria degli episodi minori, in quanto mette in evidenza che il conflitto ideologico-politico tra i sostenitori dell’unità d’Italia e coloro che militavano contro questo progetto, hanno avuto modo di scontrarsi in altre circostanze belliche in contesti territoriali non “italiani”.

 

La presenza di numerosi soldati del disciolto Esercito delle Due Sicilie nelle file confederate è riconducibile alla relazione tra Chatham Roberdeau Wheat e Giuseppe Garibaldi.

Una ulteriore conferma della “inconciliabilità” delle due visioni politiche e fazioni, dove i “vincitori” di un progetto politico-istituzionale, che la storia aveva in ogni caso premiato, non cancellava la volontà dei “vinti”  di testimoniare a oltranza ogni possibile tentativo di riaffermare i propri diritti e le legittime aspirazioni negate.

Questo esempio di scontro tra “fazioni opposte” è successo nel 1861, ma con motivazioni, fatti e manifestazioni diverse si è mantenuto sotto la cenere fino ai giorni nostri, emergendo puntualmente nella sua oggettiva evidenza, ogni qual volta le circostanze non potessero più mascherarlo.

Tutto sommato questo è il problema di fondo irrisolto che Massimo D’Azeglio, con grande lungimiranza e timore, intravedeva nell’aforisma “l’Italia è fatta, ora si tratta di fare gli Italiani”.  Una scommessa non da poco!

Eventi storici esterni, incapacità-impossibilità politica dei governi dell’epoca, hanno forgiato un’ “Italia Unita” debole, socialmente ed economicamente incoerente, con enormi ostacoli sulla via dell’integrazione identitaria e del progresso che non furono mai superati e che ancor oggi perdurano.

Tuttavia una intollerabile ipocrisia storico-politica, ammantata di una retorica fuori posto, da sempre ha coperto questa incredibile realtà che puntualmente e con drammaticità si presenta nel tentativo di trovare una soluzione credibile, ma che appare attualmente purtroppo ancora  lontana.

In fondo il complesso  processo di unificazione identitario di una Nazione passa attraverso percorsi storicamente obbligatori, non sempre portatori della finalità auspicata e tantomeno attraverso i desideri e la volontà ideologica dei propugnatori politici della stessa.

 

Immagini di copertina: Google – Remo contro; Google - Farwest.it; Google - Sociale

 

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Articolo pubblicato il 01/08/2018