Torna l’ebola in Congo.

La realtà è manifesta, terribile, spaventa. E, sebbene sia drammatica, possa generare isteria e panico è l’ammissione di una catastrofe in potenza.

Quanto sta avvenendo nella Repubblica democratica del Congo non deve e non può essere sottaciuto: un sodalizio del terrore ha combinato due fattori che, se uniti, possono far scaturire una tragedia senza pari. Nel nord del Congo, nella regione del Nord Kivu, nella provincia di Beni, un’epidemia di ebola è esplosa instillandosi in un’area dove imperversa da decenni la guerra e oltre cento gruppi armati infestano la regione.

 

Il fatto che la nuova epidemia di ebola sia esplosa in una zona dove formazioni irregolari controllano ampie porzioni di territorio, gli scontri armati sono all’ordine del giorno, le vie di comunicazione sono insicure e provvisorie, le tendopoli sono diffuse e affollate e le condizioni igienico sanitarie all’interno sono assolutamente precarie, fa temere, a ragione veduta, che un dilagare dell’infezione sarebbe estremamente difficile da contenere e potrebbe avere delle conseguenze devastanti per la popolazione.

 

L’ultima volta che il mondo si è trovato ad affrontare una grande epidemia del virus ebola fu nel 2013, e l’infezione all’epoca coinvolse Liberia, Sierra Leone e Guinea e provocò la morte di 11.300 persone. Il ricordo quindi di quanto è accaduto in quel biennio nell’Ovest dell’Africa fa temere il peggio per quel che può succedere oggi in Congo.

 

Ovviamente la situazione al momento non è assolutamente paragonabile a quanto avvenne solo cinque anni fa negli Stati del Golfo, ma a spiegare le conseguenze drammatiche che potrebbe avere questa epidemia nel centro dell’Africa è stata la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità che in un comunicato ha fatto sapere: ”Un agente patogeno tra i più letali, nel contesto di una zona di guerra, è in vetta alla scala delle difficoltà”.

 

E Peter Salama direttore generale aggiunto dell’Oms, ha poi proseguito spiegando: ”La cattiva notizia è che questo ceppo di ebola, è la variante più letale. La buona notizia è che disponiamo, anche se in forma sperimentale, di un vaccino”. Poi Salama ha aggiunto che, stando alle analisi fatte, il rischio posto dall’attuale epidemia è alto a livello regionale e non mondiale.

 

Ad oggi le stime parlano di 43 casi di febbre emorragica registrati, 33 decessi e per 13 di questi è certo che si sia trattato di ebola. Il primo caso di quest’ultima epidemia risale al primo di agosto. Una donna di 65 anni è morta di ebola a Mangina e, durante il funerale che si è svolto senza adottare precauzioni, alcuni familiari sono stati contagiati.

 

Il ministro della sanità congolese il 24 luglio aveva annunciato la fine di un altro focolaio di ebola che aveva interessato le province dell’Ovest del Paese provocando la morte di 33 persone.

 

Ora, quello che le autorità competenti faranno, sarà somministrare vaccini per contenere ed estinguere la nuova epidemia ma intanto, visto il contesto politico, umanitario e geografico del Nord Kivu la preoccupazione rimane molto alta e in stato d’allarme sono anche i due Paesi confinanti Uganda e Ruanda che, nel caso di una diffusione della malattia, rischierebbero di venirne intaccati.

 

ilgiornale.it

 

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Articolo pubblicato il 07/08/2018