La dottoressa Marisa Giudice e il suo impegno nei confronti del bullismo: ecco il suo nuovo libro "Anime Fragili"

Avevo già incontrato la dottoressa Marisa Giudice in occasione della pubblicazione del suo testo “Le porte del diavolo”, in cui ha descritto con dovizia di particolari la sua pluriennale esperienza a contatto con la dimensione misteriosa del mondo degli esorcisti, illuminando una dimensione fra le meno conosciute e più inquietanti della nostra esistenza.

 

Marisa da circa trent'anni, esercita la professione di medico radiologo. Ha lavorato in numerosi enti, sia pubblici che privati: all'ospedale Molinette di Torino, trasferendosi successivamente nell'ospedale di Chieri, Dove ha avuto modo di completare la propria preparazione ed acquisire l’esperienza necessaria ad assumere la direzione del reparto di radiologia presso alcune strutture private come la clinica Cellini e, successivamente presso la clinica San Luca di Pecetto. Attualmente esercita la professione nel proprio studio ed anche presso alcuni centri privati torinesi. Ha tenuto numerose conferenze in diverse scuole su argomenti come le tossicodipendenze, i disturbi alimentari posturali. E’ fresco di stampa il suo nuovo libro “Anime fragili. Il peso della società adulta sui giovani” (Editore: EdiTo)  In questo suo nuovo lavoro l’autrice cerca di spiegare quali siano  le cause  del disagio adolescenziale, sempre più diffuso e che non può essere ignorato. Le problematiche  degli adolescenti si concretizzano sovente in fenomeni di violenza, come il bullismo, oppure in atteggiamenti deviati con un incremento costante di ragazzi affetti da depressione.

 

“Le tue tematiche spaziano su diversi argomenti, ma tutte sono accomunate da una costante: il disagio interiore, particolarmente avvertito oggi dai giovani. Quali sono secondo te le cause di questo malessere diffuso?”

 

“Posso fare l’esempio di una signora anoressica, seguita da una sedicente psicologa, che affermava di avere poteri divini e quindi ha mischiato la psicologia con la new age, riuscendo in questo modo a fare leva sulla mente bisognosa di aiuto e a manipolarla. Quando è giunta alla mia osservazione, la signora era gravemente anoressica e non aveva avuto nessun giovamento. Era finita in mano ad una persona in grado di manipolare la psiche di un individuo, causando danni enormi ad una persona che, se opportunamente curata, sarebbe guarita alla perfezione”.

 

“Ancora un altro caso: una signora mi ha riferito come le figlie siano state adescate da un “centro di formazione mentale“ e, in seguito a questa loro frequentazione, sono andate incontro ad un notevole cambiamento del carattere, divenendo molto aggressive, specie nei confronti dei genitori. Ed è questo uno dei sintomi specifici della manipolazione. Frequentare un corso e successivamente aggregarsi ad una compagnia o ad un amico, la cui frequentazione determina mutamenti per lo più negativi del carattere, è il campanello d’allarme che deve far pensare a chi è intorno al malcapitato che qualcuno sta esercitando una influenza sulla sua mente. Ed oggi è un fenomeno a cui si assi assiste con sempre maggiore frequenza. Una volta adescato un soggetto, specie se questo ha una buona disponibilità di denaro, cominciano i guai, facilmente intuibili da chi, una volta riconosciuta  la situazione, tenta di porvi  rimedio con enormi difficoltà. Nel mio testo affronto il tema della presa di coscienza di sé, perché nella vita ciò che conta è essere davvero se stessi. La crisi che stiamo vivendo, oramai da anni, ha coinvolto cultura, ideali, valori e progetti di un numero di persone che tende ad aumentare, anche a causa della situazione in cui è venuta a trovarsi la nostra società”.

 

“La precarietà economica ha portato a ridurre i propri obiettivi futuri e a vivere nel presente, in cui prevalgono i sentimenti di sfiducia e di sconforto.

Pertanto, se da un lato il progresso scientifico e tecnologico avanza a ritmi serrati nella ricerca di nuove sfide, dall’altra gli individui si ritrovano a vivere la propria esistenza in un presente privo di progetti a lungo termine, in cui i sentimenti di sfiducia e di sconforto prevalgono, dettati dall’impressione che tutto ciò stia portando alla perdita della felicità individuale e sociale”.

Nell’attuale società “liquida” tutto è meno definito, più dinamico e più complesso. Sono spariti i punti di riferimento, è ridotta la dimensione religiosa ed è aumentato l’isolamento dell’individuo. Nella nostra società il concetto di libertà ha assunto un ruolo determinante: libertà di culto, libertà sessuale, libertà da ogni vincolo moralistico. Tuttavia, nel tentativo di distruggere tutti gli schemi che ci portavamo come un fardello, ingombranti muri realizzati dalle generazioni precedenti sotto l’influenza ingombrante della chiesa cattolica, siamo arrivati alla creazione di nuove trappole, che ci imprigionano ancora più pesantemente di quanto facessero prima”.

 

“La prigione, che a volte ci creiamo con le nostre mani, non è condivisa in un mondo in cui la solitudine regna sovrana e dove il giudizio del pubblico spettatore è spietato. Il più delle volte però è indotta da messaggi espliciti e nascosti, gestiti da registi di cui non siamo in grado di comprendere il fine, ma solo il risultato. E qual è l’esito finale? Una gioventù che trascorre ore ad abbuffarsi in modo bulimico di film o serie di fiction in streaming, di videogiochi violenti, di musica con contenuti discutibili, o di rapporti online in preda a ogni forma di bullismo e perversione”.

 

Perché i giovani trascorrono tanto tempo in un mondo virtuale infarcito di violenza di ogni genere? Che cosa cercano in questa realtà? Quale vuoto vogliono colmare? E gli educatori, genitori e scuola, cosa fanno?”

 

“I primi sovente si atteggiano ad eterni ragazzini, convinti che un ruolo di amico possa essere più piacevole e accattivante per i figli e per i loro coetanei.

In altri casi svolgono il ruolo di “genitore ombra”, presente in minime dosi e con scarsa voglia di ascoltare perché stanco, completamente assorto dai propri problemi. Esistono poi genitori che vorrebbero avere un ruolo significativo nella vita dei propri figli, ma con scarso successo, perché impreparati sulla loro realtà e con scarsa predisposizione a documentarsi oppure genitori convinti di avere figli perfetti, sicuri e immuni da ogni trappola sociale”.

 

“E la scuola come si pone di fronte ad una simile situazione?” 

 

“Il metodo d’insegnamento scolastico è rimasto quello utilizzato negli anni settanta/ottanta, con il risultato che nella maggior parte dei casi risulta poco stimolante; la tecnologia non è quasi mai utilizzata, per mancanza di fondi o di preparazione da parte dei docenti, negando in questo modo un impiego sano e non distorto del computer. Il patto scuola-famiglia è diventato uno scaricabarile, in cui ognuna delle due parti si sente vittima e anziché collaborare nell’intento di trovare soluzioni ottimali per arricchire la mente, spesso melmosa, dei giovani studenti, si chiude a riccio pronta a ferire chiunque la pensi diversamente. Nei comuni si prediligono luoghi di aggregazione in cui la droga e l’alcool sono gli strumenti per passare una serata piacevole, a discapito di qualsiasi iniziativa che stimoli la creatività e la cultura artistica, o che permetta di ritrovarsi in modo sano”.

 

“Cosa si può fare in ultima analisi; quali sono, allora, le soluzioni?”

 

“Rimboccarsi le maniche, tutti, con umiltà e spirito di collaborazione, ma soprattutto è necessario informarsi. Solo così possiamo cercare di donare il sorriso, la gioia di vivere, ma quella sana, non sotto l’effetto di sostanze allucinogene o di qualche filtro d’amore o di benessere, acquistato dalla cartomante di turno”.

 

Da questa lucida analisi emerge dunque che, stando così le cose per realizzare una adeguata difesa da opporre alla lenta deriva verso cui una parte della gioventù, ma non solo di quella, sta scivolando. Occorrerà lavorare molto, non solo impegnando persone che, come nel caso della dottoressa Giudice, svolgono la loro opera volontariamente, ma sensibilizzando le istituzioni e formando un congruo numero di persone che possano adeguatamente formare i giovani recandosi a parlare con loro soprattutto nelle sedi responsabili della loro crescita e della loro educazione, ovvero le scuole, augurandosi che questo avvenga fin dalle elementari. 

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Articolo pubblicato il 15/09/2018