Tentato stupro a Roma – Monte Mario – ennesimo caso di violenza di genere.

Niente più sconti di pena per omicidi e stupri che consentono il rito abbreviato.

ROMA, Monte Mario — Nella notte tra martedì 18 e mercoledì 19 settembre, un tunisino di circa 30 anni, ha tentato di stuprare la titolare di un bar, la signora Maria Grazia, di anni 50. 

 

Il tunisino, insieme al cugino, era entrato nel locale, alle 5.30 del mattino circa. Dopo   aver   bevuto qualche bicchiere, l’uomo si era abbassato i pantaloni e aveva fatto volgari battute  e    pesanti     apprezzamenti alla barista.

 

Infastidito, il cugino lo aveva fatto uscire dal locale e la donna intanto aveva cominciato a riportare i tavolini del bar all’interno del locale, per la chiusura.

 

Dopo circa 30 minuti, il tunisino, autore dei pesanti apprezzamenti e degli atti osceni, era   tornato nel bar e, dopo aveva assalito alle spalle la donna (rimasta sola), aveva   nuovamente abbassato    i pantaloni, nel tentativo di violentarla. Per operare  indisturbato,   l’aggressore   l’aveva   trascinata   nello  sgabuzzino, adiacente il locale.

 

L’aggressore le aveva morso un dito fino ad arrivare all’osso, senza mollare la    presa e     aveva   iniziato a sferrarle calci e pugni nella pancia. A quel punto la titolare, dopo un violento corpo    a   corpo,   con   tutta la lucidità che le era restata, ha colpito lo stupratore con una gomitata e, una volta a terra, lo ha colpito con un calcio nello stomaco.

 

La donna è quindi fuggita dal locale, scappando in strada, dove è stata aiutata da due ragazzi che, vedendola sanguinante, hanno immediatamente chiamato la polizia e il 118.

 

Il tunisino, dopo aver rubato il denaro dalla cassa, è fuggito. La vittima è stata     immediatamente  portata al policlinico Gemelli. L’uomo, autore dell’aggressione, grazie alla testimonianza del cugino, è stato identificato ed è attualmente ricercato.

 

Ho visto la cattiveria nei suoi occhi, un mostro disposto anche uccidere e poi più niente, mi sono aggrappata alla speranza ‘ -  ha detto la donna.

 

La Dott.ssa Capaldo, vice questore aggiunto dello SCO di Roma,    (che ha risolto  il caso degli stupratori di Rimini), intervistata sulla vicenda, ho osservato che occorre dare forza alle vittime,    sostenerle e cercare di ribaltare il punto di vista.

 

Non devono – ha detto - avere paura di uscire di casa da sole e liberamente, perché, condizionando   la loro libertà o facendo capire loro di essere in parte colpevoli (istiganti) o corresponsabili, non si risolve il problema. Spesso, e non bisogna dimenticarlo, la maggior parte di queste violenze sessuali avviene anche all’interno delle famiglie.

 

D Dove ha trovato la forza per reagire? – Ha chiesto il cronista alla vittima -

 

R Sono cardiopatica e, in quella situazione, mi sono sentita   un po’    mancare.  Ho    cercato   di dissuaderlo, provando a convincerlo, dicendogli che ero incinta ma, nonostante questo, mi ha colpito sulla pancia piuttosto che in testa.

I suoi occhi erano avvelenati.

 

D È vero che la polizia li mette dentro, ma poi, come in una porta girevole, escono facilmente? – Ha chiesto il cronista alla Dott.ssa Ines Pisano, giudice e già pubblico ministero, intervista sul caso -  

 

R Forse sono d’accordo con lei.

Oggi le pene continuano ad essere inadeguate. Dobbiamo essere più coraggiosi, cercando di proporzionare le pene a questi reati così gravi.

 

In questo caso, si parte da una pena base di 5 anni che può arrivare fino a 12 se sussistono delle aggravanti, se il fatto è commesso contro un minore, ma in questo caso, si tratta di una maggiorenne e inoltre si tratta un tentativo di stupro che riduce ulteriormente la pena, ma non riduce la sofferenza di questa signora, l’ansia che proverà, la necessità di cure e di assistenza.

 

Proprio l’altro giorno, è stato fatto un passo coraggioso, dopo un lungo iter   legislativo, il disegno   di legge che prevede l’esclusione della diminuzione di pena per il rito abbreviato, sta per essere approvato. Ma se parliamo di patteggiamento che è un altro rito alternativo, l’autore del reato potrà richiederne l’applicazione e, in questo caso, avere una riduzione della pena.

 

Dobbiamo essere più coraggiosi e aumentare le pene per reati così odiosi e non prevedere nessun tipo di rito speciale, in questi casi. Le donne vanno tutelate e soprattutto, occorre mettere in campo    un’attività di prevenzione.   

 

Dott.ssa Capaldo: esiste una sezione speciale della Squadra Mobile con personale formato ad ascoltare le donne, perché all’interno delle Questure, sono presenti dei setting di ascolto, in cui raccontare    le vicende drammatiche subite.

 

C’è una priorità nella trattazione di questi casi e la volontà di fare rete con i centri antiviolenza e anche con l’Autorità Giudiziaria che è dotata di pool antiviolenza, come quello della Procura di Roma, che ha risolto brillantemente molti casi.

 

Il problema va affrontato non a valle ma a monte, perché queste   violenze    non    sono   neppure    dettate

dall’ abbigliamento o da comportamenti femminili, la sfida che    dobbiamo    vincere è una sfida   culturale, quella di abbattere la concezione di proprietà nei confronti della donna e di ritenere che la violenza sessuale e fisica, nei confronti di una vittima, non è una violenza privata nei confronti della donna, ma   è un crimine che riguarda l’intera società, in cui tutti devono sentirsi coinvolti.

 

Dott.ssa Pisano: C’è un lavoro molto importante e ci tengo a dirlo,  fatto   dall’osservatorio nazionale delle vittime delle donne come la modifica normativa che ho accennato e che sposta l’attenzione    proprio sulle donne e sul fatto che queste donne avranno anche bisogno di un’assistenza psicologica, di denaro. Perché devono pagare se vogliono costituirsi parte civile nel processo?

 

Noi, come Stato, abbiamo il dovere perché ce lo   impongono    anche le Nazioni Unite, di aver   uno   stato pacifico, si chiama misura G 16, per questo dobbiamo cercare di fare in modo che il nostro paese ponga le misure a queste donne per sentirsi protette, anche durante il processo.

 

Per quanto riguarda le spese processuali, non le pagherà la signora perché è prevista anche la possibilità del gratuito patrocinio, però la signora se vorrà un’assistenza psicologica, se la dovrà pagare e non le verrà rimborsata.

 

Maria Grazia (vittima): Voglio dare coraggio alle donne, non voglio     farmi vedere debole. Vorrei che tutte le donne sappiano che una possibilità c’è, che non ci si deve   arrendere    di fronte un uomo,   solo perché è un uomo e volevo anche ringraziare le forze di polizia che mi sono state veramente vicino.  

 

Dott.ssa Pisano: Posso dire una cosa a Maria Grazia? Complimenti, perché lei ci ha messo la faccia. Da un esempio a tutte le donne.

 

Maria Grazia: Queste cose non si devono nascondere e non me ne vergogno!

 

immagine: ilnotiziario.org

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Articolo pubblicato il 08/10/2018