Alberto Alpozzi e i "gendarmi della memoria"
Alberto Alpozzi con l'ex Governatore di Guardafui, Abdulkadir Yussuf Mohamed

Il fotogiornalista, autore del libro "Il faro di Mussolini – Il colonialismo italiano in Somalia oltre il sogno imperiale", viene contestato per la sola presenza del nome "Mussolini" nel titolo. Ma cosa di preciso venga contestato non è ancora stato chiarito

Parliamo con Alberto Alpozzi, autore del libro “Il faro di Mussolini – Il colonialismo italiano in Somalia oltre il sogno imperiale” che dopo il tutto esaurito del 2015, è tornato nelle librerie nel 2017 per i tipi di Eclettica Edizioni, in una nuova edizione aggiornata e riccamente illustrata. Alpozzi narra la storia del faro Crispi nella Somalia italiana, contestualizzandolo in un secolo e mezzo di storia delle colonie italiane. Questa nuova edizione del libro si fregia della prefazione di Abdulkadir Yusuf Mohamed, già Governatore di Guardafui (Vedi la recensione di Mauro Bonino).

Il libro di Alpozzi, nato da una pluriennale ricerca storica, ha dato luogo a contestazioni, critiche, accuse, provvedimenti su FB…

Gli abbiamo rivolto alcune domande su questo inconsueto aspetto del suo libro.

 

Alberto, cosa contiene in realtà il tuo libro e cosa ti attribuiscono invece i tuoi contestatori?

Il libro contiene quasi 150 anni di storia coloniale italiana con particolare riferimento alla Somalia. Si tratta di un testo di storia che ruota attorno all’edificazione in Somalia, a capo Guardafui, nel 1924 del faro Francesco Crispi.

La storia inizia nel 1869, con l’inaugurazione del canale di Suez, quando l’Europa intera iniziò a guardare all’Africa. Vengono approfonditi quegli anni di pre-colonialismo di cui nessuno ha quasi mai voluto parlare e raccontare. È un testo ricco di curiosità e aneddoti storici spesso inediti corredato da centinaia di immagini fotografiche mai pubblicate prima d’ora. Centinaia sono anche i personaggi storici citati: da Giuseppe Verdi al Kaiser Guglielmo I, dal Re Carlo Alberto ai Rothschild, da Cavour a Theodore Roosevelt, da Mazzini alla Regina Hastscepsut, da Arthur Rimbaud alla Regina di Saba, da Graf von Zeppelin a Roald Amundsen, da Umberto Nobile a Robert Capa, dal Sultano Osman Mahamuud a Gustave Eiffel e tutti collegati tra loro per raccontarci una storia inedita: quella appunto del faro Crispi.

Di contro il libro viene contestato per la sola presenza del nome “Mussolini” nel titolo. Ma che cosa di preciso venga contestato sono quattro anni che non mi è ancora chiaro.

Nel 2015 nel Comune di Ciriè (TO) venne boicottata una presentazione perché – dicevano – minacciava l’ordine pubblico. La presentazione avvenne senza il minimo disordine o la presenza reale di qualche contestatore.

A gennaio 2017 invece la donazione del libro alla biblioteca di Ciriè è stata contestata perché, secondo comunicato stampa dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) - ben un mese dopo la donazione - il libro è da collocarsi all’interno di iniziative di “rigurgiti neofascisti e neonazisti” e che “ogni forma di apologia della dittatura di Mussolini” va denunciata.

Il comunicato stampa però non ha evidenziato quali passi o contenuti del mio libro corrispondano alla loro denuncia. Inoltre nel comunicato non si faceva menzione del fatto che la donazione sia stata fatta dal governatore somalo Abdulkadir Yussuf Mohamed, autore della prefazione, e venuto appositamente a Torino per la promozione del libro.

 

Chi sono i tuoi contestatori? Anche il mondo accademico ha criticato senza leggere i contenuti?

I contestatori del mio libro non li conosco di persona e nessuno mai mi ha contattato direttamente (se escludiamo minacce e insulti sui social network).

Ho più volte pubblicamente, tramite Facebook e il mio sito web, chiesto chiarimenti da parte dell’ANPI senza ricevere mai nessuna risposta.

Coloro che contestano il mio libro, per quanto mi riguarda, sono soggetti in malafede, cresciuti con il pregiudizio ideologico. Sono soggetti che tendono ad imporre la loro opinione storica su un capitolo della storia d’Italia - il colonialismo - che conoscono poco e che mistificano cercando di farlo afferire solamente al periodo del fascismo. Ma conoscendo la Storia è facile constatare come molti dei nostri nonni si trovassero già in Africa ben prima della marcia su Roma: in Eritrea dal 1870, in Somalia dal 1889, in Libia dal 1912 e solamente in Etiopia dal 1936.

Inoltre la vulgata di questi contestatori è solita riproporre in maniera ossessiva pubblicazioni e articoli riguardanti solamente le repressioni in Libia (1931), l’utilizzo dei gas durante la guerra d’Etiopia (1935-36) e l’eccidio del monastero di Debra Libanos (1937). In poche parole questi gendarmi della memoria ci vogliono fare credere che un fenomeno sorto già nel 1858 con Camillo Benso Conte di Cavour e terminato nel 1941, o se vogliamo nel 1960 con l’AFIS “Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia”, durato quindi un secolo, sia riassumibile in soli 5-6 anni esponendo solamente tre episodi.

Il mondo accademico, per quanto ne so, non ha preso posizione, è stato steso un muro di gomma. Ogni contatto mi è precluso e qualunque istituzione fa sempre un passo indietro quando legge il titolo, senza mai nemmeno aprire il libro. Ho presentato il mio libro presso la Facoltà di Architettura di Torino ma non potuto far comparire il titolo nella locandina. All’Università di Siena invece non vennero proprio messe le locandine della presentazione...

Di contro all’estero, ed in particolare negli Stati Uniti il mio libro è stato acquisito da svariate università come Harvard, Cambridge, Stanford ed anche dalla prestigiosa Biblioteca del Congresso di Washington.

Ci racconti qualche episodio particolarmente surreale di contestazione?

Singolare fu nel 2015 quando fu in prima persona l’allora sindaco di Ciriè (TO) a bloccare la mia presentazione convocando il prefetto di Torino. Gli telefonai e gli proposi un incontro affinché potesse visionare il testo e qualora avesse ravvisato parti o elementi riconducibile a qualsivoglia apologia avrei fatto un passo indietro di mia sponte. Mi venne risposto che non mi avrebbe incontrato perché lui il mio libro non aveva necessità di leggerlo.

Ecco questo credo sia abbastanza surreale e non necessità di alcun commento non fosse che è l’atteggiamento di molti soggetti in malafede, cioè coloro che credono solo in quello che vogliono credere.

È surreale come molti vivano di dogmi, di censure e abbiamo azzerato la loro coscienza critica in virtù di una presupposta superiorità morale autoimposta che pare gli permetta di giudicare i libri dalla sola copertina.

 

Cosa vorresti dire a chi ti attacca?

Quello che dico da anni: la mia porta è sempre aperta, io mi occupo di storia. La politica e la faziosità la lascio a chi si nutre di livore e a chi ha la coscienza sporca perché è tenuto a nascondere qualcosa. Documenti alla mano ci si può confrontare sul nostro passato e quindi approfondire per una reciproca contaminazione.

Ho fatto decine e decine di presentazioni in tutta Italia, sempre divulgate pubblicamente, ma mai nessun “contestatore” si è presentato per venire ad esporre le sue opinioni. Ecco io vorrei un confronto con chi aprioristicamente crede di conoscere i contenuti del mio libro, frutto di 4 anni di ricerche in archivio.

Inoltre vorrei chiedere loro perché se questo nostro passato, a detta loro, è così esecrabile (tanto da doverlo nascondere) invece interessa molto ai somali, tanto che sono tra i miei più affezionati lettori oltre che sostenitori delle mie ricerche.

Quali sono le tue conclusioni?

Dopo anni di ricerche vorrei sapere perché questi soggetti hanno evidenziato per decenni, in maniera ossessiva, quasi esclusivamente analisi soggettive che hanno voluto porre in luce solamente gli aspetti negativi (errori, eccidi, uso di gas) che caratterizzarono il colonialismo italiano senza alcuna riflessione, contestualizzazione e storicizzazione. Hanno ignorato, quando non nascosto, tutti quei valori e modelli positivi che caratterizzarono il fenomeno coloniale che, non dimentichiamo, permeò tutta l’Europa per quasi 100 anni, e non permettono oggi ad alcuno di colmare queste lacune storiche senza tacciarlo di apologia, nostalgia o fascismo.

 

Grazie Alberto! Sei stato più che convincente e il tuo accenno ai “gendarmi della memoria” è molto appropriato. Da parte nostra  auspichiamo un sempre maggior numero di lettori, anche critici ma sempre a ragion veduta, e ricordiamo che il libro “Il faro di Mussolini” è ordinabile via mail, scrivendo a ilfarodimussolini@libero.it oppure acquistabile su Amazon.

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Articolo pubblicato il 01/11/2018