Essere curati al proprio domicilio, una realtà che tre associazioni di volontariato esercitano a casa dei pazienti offrendo loro la qualità e l'efficacia dell'ospedale

Avere la possibilità di curarsi a casa è una grande conquista, il cui valore aumenta giorno dopo giorno, poiché finalmente oggi si è in grado di poter trattare non solo malattie facilmente curabili, ma anche  patologie per cui è necessaria una  assistenza super specializzata. Questa viene elargita senza che il paziente sia costretto ad abbandonare il proprio domicilio. Il vantaggio che ne deriva è enorme, in quanto la persona malata ha il privilegio di poter essere circondata dai parenti e dagli affetti principali della sua vita.

L'otto Novembre il progetto dell'ospedale a domicilio, supportato con grande dedizione ed entusiasmo dalla dottoressa Renata Marinello, è stto presentato al pubblico in una serata di festa, nell'aula magna delle Molinette. Orlando Perera, noto commentatore televisivo, ha presentato le  tre associazioni di volontariato presenti che affrontano tale delicato e complesso impegno: "Associazione  Promozione dell'ospedale a casa", "URV Unità radiologica volontaria" e "Rainbow for Africa, lodando il loro impegno nell'alleviare le sofferenze nei  confronti di chi soffre. Ha fatto inoltre notare come  la serata sia coincisa con la festa di San Michele Arcangelo, santo patrono dei Radiologi e dei Radioterapisti ed anche con la giornata internazionale della Radiologia perché, 123 anni orsono, i raggi X furono scoperti da Wilhelm Conrad Röntgen. 

Tema comune che si trovano ad affrontare i volontari è quello di offrire sollievo alla fragilità dei pazienti, una caratteristica della condizione umana, ma che trova un'indicazione molto precisa nelle persone disagiate, in quelle colpite dalle calamità naturali, nei bambini  e negli anziani,  impegnandosi a far conoscere la possibilità di usufruire dell'ospedalizzazione a domicilio. La possibilità di portare all'esterno il valore rappresentato dalla Conoscenza racchiusa nell'ospedale, un luogo in cui è presente la più alta concentrazione di saperi e di professionalità, riveste un'importanza enorme che, grazie all'instancabile attività della dottoressa Marinello e dei suo collaboratori,  permette di evitare i disagi legati alla persona che, per motivi di salute,è costretta ad abbandonare il proprio ambiente domestico. L'ospedale infatti non è sempre il luogo migliore in cui viene a trovarsi il paziente; in effetti per una persona resa fragile dalla malattia, l'essere allontanato dal proprio domicilio, talvolta può rappresentare un vero e proprio trauma, perché i tempi e i ritmi dell'ospedale sono molto diversi da quelli della vita familiare. Sovente, oltre lo stress della malattia, si aggiunge lo stress dell'allontanamento dal un luogo a lui familiare in cui desidera rimanere.

La dottoressa Marinello, presentando il proprio lavoro, lascia trasparire il suo entusiasmo per l'efficacia del lavoro di estrema validità per la salute, non solo fisica, ma anche psichica del paziente.  Il progetto, iniziato nel 1985 è stato voluto dal lungimirante professor Fabrizio Fabris, purtroppo mancato a soli 67 anni, precursore della medicina olistica, la teoria scientifica che considera l'insieme dell'individuo, tenendo in alta considerazione l'unità psico-fisica del malato.

"Il professor Fabris - afferma la dottoressa Marinello - è stato l'iniziatore della Cultura dell'ospedalizzazione domiciliare, un progetto su cui ha lavorato con grande determinazione, riuscendo a dare vita a questo servizio, che è cresciuto nel tempo, ed ha acquisito, strada facendo, una maggiore importanza. Dai primi esordi ad oggi, il personale sanitario è in grado di gestire situazioni sempre più complicate ed impegnative, tanto che al domicilio del malato gli specialisti riescono compiere la maggior parte degli atti medici anche assai complessi di norma effettuate in ospedale da equipe specializzate che, abbandonate le mura del nosocomio trasferiscono, in quelle della casa del paziente, la loro professionalità".

"L'idea è stata quella di creare un servizio in grado di spostare le competenze ospedaliere a domicilio, a beneficio del paziente anziano e fragile. Fin dagli esordi  abbiamo imparato a lavorare in gruppo, facendo squadra con altri servizi ospedalieri; in tale modo le nostre competenze sono cresciute e, non da ultimo, la tecnologia ci ha fornito una supporto enorme. Basti pensare che i primi ecografi con cui lavoravo pesavano 25 kg; oggi disponiamo di ecografi wireless, praticamente dei palmari, per cui la con sonda acquisiamo le immagini che possono essere trasferite in tempo reale su smartphone e sugli  I Pad. Questo sicuramente cambia moltissimo le nostre potenzialità, quindi possiamo seguire pazienti che dovrebbero essere ricoverati, ma a cui  viene offerta la possibilità di essere ricoverati in regime di ospedalizzazione a domicilio, dove possono usufruire anche del supporto radiologico, grazie all’Unità Radiologica Volontaria (URV) un’ONLUS costituitasi nel 2014 da parte di un gruppo di professionisti dell’area radiologica. Dispone della Postazione di Assistenza Socio Sanitaria (PASS) il cui scopo è quello, in caso di catastrofe o di grave emergenza (ad es. un terremoto), di supplire le funzioni normalmente svolte dal Servizio Sanitario Nazionale, assicurando per tutta la fase di ripristino della normalità, le prestazioni di ordinaria e quotidiana necessità. Inoltre è in fase di avanzata progettazione “Torino Street Health”, dove in collaborazione con altre associazioni verrà offerto supporto sanitario sia clinico che informativo alle fasce deboli della città".

"Così possiamo trattare pazienti acuti, ma stabili, che non hanno necessità di un monitoraggio continuo;  pazienti che hanno una famiglia o una persona in grado di provvedere loro e farsi carico della parte prettamente  assistenziale. Al momento seguiamo malati che abitano nella zona sud di Torino, perché seguendo patologie complesse, non possiamo disperdere troppe risorse ed  energie per gli spostamenti, quindi ci siamo trovati nella necessità di poter seguire più o meno il 50% della zona di Torino, ma di certo, affinandosi le nostre potenzialità, questo limite attuale verrà superato".

"Una caratteristica del nostro gruppo - continua la dottoressa Marinello - è stata quella di dedicare  sempre più spazio alla ricerca e soprattutto cercare di valutare costantemente  i risultati del nostro modello organizzativo. Negli anni quindi abbiamo quindi condotto training clinici, organizzati per verificare se il nostro modello integrativo garantiva le stesse potenzialità. Non solo:abbiamo rintracciato, sperimentandole, tecnologie nuove per cui abbiamo compiuto sperimentazioni con apparecchi di monitoraggio di ultima generazione, utilizzando presidi sanitari innovativi e così, negli anni siamo diventati esperti nel posizionamento di sofisticati cateteri venosi centrali e periferici, inseribili sotto guida ecografica."

"Adesso la novità del nostro progetto, oggi finanziato con i fondi Europei per lo sviluppo regionale, coinvolge circa una ventina di partner aziendali, che mettono a disposizione il frutto delle loro ricerche in campo tecnologico e le piattaforme informatiche utilizzando strumenti di realtà aumentata, allo scopo di valutare quali potenzialità possano esservi per uno sviluppo delle prestazioni domiciliari, nell'ottica del nuovo futuro Parco della Salute. Per questo motivo il progetto è stato battezzato "La Casa nel Parco",  piano di lavoro che, oltre Torino,  vede coinvolta la città di Novara e coinvolge prestigiosi  organi di ricerca, come il Politecnico e  molti altri dipartimenti.  Sono inoltre coinvolti istituti di cura privata".

"L'idea originaria del professor Fabris si è corporificata e si sta estendendo sempre più ed è ormai un progetto culturale da 11 milioni e mezzo di euro,  che la Regione finanzia per 5 milioni e mezzo,  dedicando questi fondi agli ospedali. Si tratta di una grande opportunità, per tante ragioni. Innanzitutto per mettere in luce ancora di più il servizio di ospedalizzazione a domicilio, e  per  far neglio comprendere quali possano essere le strategie tecnologiche in grado di far crescere  le nostre potenzialità e, non da ultimo, il nostro lavoro ha destato l'interesse dell'Unione Europea così, nel corso di un meeting che si svolgerà la prossima settimana a Bruxelles, saranno presenti due giovani specializzati che seguono questo progetto di cui  sono la responsabile scientifica, per tutti noi fonte di orgoglio e  volano per la crescita dei nostri gruppi di operatori".

La terza associazione presente alla manifestazione è stata "Rainbow for Africa Onlus - Medical Development, un’Associazione senza fini di lucro che opera nell’ambito dello sviluppo e della cooperazione internazionale, nata a Torino nel 2007. E’ costituita da medici, infermieri, altre figure sanitarie, ingegneri ed esperti informatici, che mettono a disposizione la loro professionalità ed esperienza. Attualmente sono attivi progetti in Senegal, Sierra Leone, Etiopia, Kenya, Chad, Sud Sudan, Palestina e Congo. Dispone di una branca di emergenza “Rainbow CRISIS UNIT” già intervenuta ad Haiti durante il post-terremoto e in Sierra Leone per l’epidemia di Ebola. E’ in fase di avanzata progettazione “Torino Street Health”, dove in collaborazione con altre associazioni verrà dato supporto sanitario sia clinico che informativo alle fasce deboli della città.

Hanno rallegrato l'evento con le loro musiche la Nasi Swing Band, Gabriele Barinotto, Cialtron's Plas, Alice Molino, 9Excuses, Strumenti per caso Alessia Moiso, Lyan, G Acoustic Ensemble e la Scuola Eugenia Braynova.  Al termine un lungo applauso dal folto pubblico presente in sala, ha concluso una serata che rappresenta una tappa importante nella crescita di una realtà, ormai dato di fatto, destinato ad accrescersi e ad assumere importanza sempre maggiore nel panorama della sanità torinese.

 

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Articolo pubblicato il 12/11/2018