Lo Stato italiano deve recuperare l’ICI non pagata dalla Chiesa Cattolica – Un caso emblematico sull’equità fiscale
Rivista satirica “L’Asino”

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

La notizia, comparsa su tutti i mezzi di informazione, che lo Stato Italiano deve recuperare l'Ici non pagata dalla Chiesa si è trasformata in un argomento, com’era prevedibile, di acceso e rinnovato dibattito nell’opinione pubblica.

E’ quanto hanno stabilito i giudici della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, annullando la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale UE del 2016 che avevano sancito "l'impossibilità di recupero dell'aiuto a causa di difficoltà organizzative" nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. I giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano esclusive difficoltà tecniche interne all'Italia, da risolvere dalla stessa.

Inoltre la stessa Corte di Giustizia ha invece ritenuto legittime le esenzioni IMU.

Secondo le stime cautelative dell'Anci, con il recupero dell'Ici non versata, nelle casse dello Stato entrerebbero tra i 4 e i 5 miliardi di euro.

Cifra decisamente consistente e auspicabile dati i tempi di grandi difficoltà finanziarie delle entrate pubbliche.

In ogni caso l’argomento nella fattispecie è complesso, per la cui soluzione si presumono tempi supplementari, caratterizzati da prevedibili manovre politiche per trovare una via conciliante tra le parti in causa. Staremo a vedere e avremo occasione di commentare l’evoluzione dei fatti.

Tuttavia il dato che emerge in modo clamoroso è la costante vocazione di componenti istituzionali, confessionali e sociali del Paese a rivendicare e applicare interpretazioni di favore che mettono in discussione il principio dell’equità contributiva dei cittadini.

Conseguentemente è inevitabile che le ricadute di questa realtà, che purtroppo ha avuto da sempre una conferma, non possono che predisporre il cittadino onesto (o meglio impotente) a sentirsi un vaso di terracotta sballottato tra vasi di ferro, dove il concetto di onestà sviene declassato a simbolo di “dabbenaggine”.

Domanda: questo “allegro costume” è veramente inevitabile?

Sembra di sì, in quanto la storia ci offre una colorita cronistoria di esempi, anche se non sempre sovrapponibili o addirittura contrari, ma sempre molto significativi per evidenziare questa inestirpabile realtà.

Un esempio curioso e datato, ci viene offerto dal volume “Accadde nel 1861 – Cronache, indiscrezioni e retroscena dell’Unità d’Italia” – Edizioni del Capricorno – La Stampa e che riporto integralmente.

 

Accadeva il 28 giugno 1861 : “I preti paghino i debiti italiani”

Lo Stato ha bisogno di soldi? Prendiamoli ai preti”. E’ la proposta che l’estrema sinistra sostiene dal 22maggio 1861 in Parlamento.

La difende ancora il deputato napoletano Giuseppe Ricciardi, mazziniano e anticlericale. Sa di non poterla spuntare. Ma venerdì 28 giugno 1861 la sua linea è l’unica in alternativa a quella governativa, che chiede l’approvazione di un prestito pubblico di 500 milioni, pari a 200 miliardi e 200 milioni di euro.

Questo prestito”, insiste Ricciardi, “basterà appena quest’anno. E gli anni venturi?” “L’alternativa è l’incameramento della mano morta ecclesiastica”.

Nelle provincie meridionali”, ricorda Ricciardi, “ i soli frati sono più 33 mila, i preti 60 mila. Le mense vescovili sono di una ricchezza scandalosa. L’arcivescovo di Capua ha una rendita personale annua di 40 mila ducati borbonici”, pari a 748.000 euro. “I conventi nella sola terra di Bari possiedono per più di 15 milioni di lire”, equivalenti a quasi 66 milioni di euro.

L’Umbria, con 550 mila abitanti, nutre 361 conventi, che posseggono oltre 43 milioni”, pari a oltre 187 milioni di euro. “Napoli annovera oltre 100 conventi straricchi. Occupano le migliori posizioni, mentre mancano terreni per erigere case per i poveri”.

Infine Ricciardi guarda al Patrimonio di San Pietro: “Sarà nostro fra breve. Renderà enormi rendite alla Nazione”.

Ma sono parole che fanno rabbrividire il Governo. A Roma ci sono ancora i soldati di Napoleone III che vegliano sui beni del Papa.

La storia ci consegna questa realtà poco nota e sorprendente che tuttavia ha ancora un filo di continuità e di analogia con il presente.

L’Italia “unita” è sempre stata una nazione complessa per l’eterogeneità delle sue componenti, sovente molte di queste quasi impossibili da amalgamare e questo fin dalla sua origine.

Pertanto non sorprende tanto questo anomalo stato di cose, quanto il fatto che dopo più di 150 anni di fittizia unità nazionale esistano ancora “componenti centrifughe” che, con l’interpretazione bizantina di leggi-accordi precedenti, continuino pervicacemente a mortificare il comune sentire di tutto il Paese.

Il buon senso e la ragionevolezza costituiscono ancora un patrimonio della stragrande maggioranza della gente comune e questo è più sentito di qualsiasi legge costruita per stabilire equilibri politico-diplomatici di convivenza istituzionale e pseudo-confessionale.

Mortificare questo sentimento-opinione è un fatto da non sottovalutare in quanto, in una situazione di grande sofferenza economico-finanziaria nazionale e di incertezza generale, la percezione della continuità dell’ ingiustizia scava un solco profondo nella credibilità di qualsiasi Governo in carica e del sistema politico-partitico, già molto incerta, se non critica.

In ogni caso i solchi, che caratterizzano il distacco astioso dell’opinione pubblica dal discutibile operato della “classe politico-partitica”, sono così numerosi e consistenti che il solco di cui sopra resta ancora una aggiunta quasi insignificante alla sommatoria già esistente, che si configura come il pauroso “Grand Canyon” del fiume Colorado nell’Arizona.

Le prossime decisioni in merito diranno se la “furbizia” dei poteri forti si trasformerà in atto legislativo “ad usum Delphini” e se il “popolo bue” e beffato continuerà ad essere rassegnatamente tale.

Tuttavia la sensazione, suggerita dalle esperienze precedenti, induce a pensare che la seconda ipotesi possa essere la più probabile.

 

Immagine di copertina da: Google-Rivista satirica “L’Asino”; Le proprietà immobiliari della Chiesa Cattolica da: www.nextquotidiano.it; Trattato di accomodamento tra la Santa Sede e il Regno di Napoli – 1741 da: Napolicapitaleeuropea.wordpress.com

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Articolo pubblicato il 30/11/2018