L'Italia è sempre un Paese per imprenditori

"La questione impresa" sarà argomento di svolta per il futuro del Paese

Il Corriere ha pubblicato, Sabato, un'interessante inchiesta di Dario Di Vico, che ha posto in risalto "il paradosso di un Paese con tante aziende che non comprende il loro peso nell’economia", visto che "aumentano le chiusure e calano le aperture: ma il tema non è centrale nel contratto di governo". Il pezzo è significativamente titolato "La solitudine dell’impresa". 
 
Non ci troviamo di fronte a un fatto congiunturale, certo, ma la "nuova politica" sembra potere/volere dire poco (dare ancor meno, a oggi) per invertire le tendenze. Tant'è che quanto di credibilmente alternativo al Governo giallo-verde (la mobilitazione pro Torino-Lione o l'annunciata manifestazione del 13 Dicembre prossimo a Milano, per esempio) è nato e sta sviluppandosi in ambito imprenditoriale. Non solo e non tanto le grandi realtà, facilmente classificabili come parte del Sistema e mainstream, ma anche le Pmi e le partite Iva.
 
La Grande Crisi sta intaccando l'idea stessa del poter fare impresa (ne abbiamo scritto tante volte in questa rubrica) e chi continua a spendersi nell'eroismo del costruire sviluppo non trova interlocutori in un'alleanza sovranista che a volte sembra fondarsi su un ritorno in auge di statalismo e assistenzialismo. Il sociologo Daniele Marini, citato nell'articolo cui ci siamo richiamati in apertura, rileva "l’ostilità del populismo di governo, che crea il cortocircuito tra un sistema produttivo costretto a correre e provvedimenti che vanno nella direzione opposta".
 
Esiste una "questione impresa" che chi guida, non solo l'Esecutivo ma la classe dirigente nel suo complesso, non sembra intenzionata ad affrontare. L'imprenditore è solo, spesso anche criminalizzato. Ciò atrofizza la predisposizione al rischio. A danno di tutti.
 
Marco Margrita
 
(Immagine in copertina tratta da Agi - Agenzia Giornalistica Italia)

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Articolo pubblicato il 03/12/2018