Il partito del Pil

Alcune considerazioni sul protagonismo politico degli imprenditori (e del sindacalismo riformista)

Nell'Italia che il Censis ha fotografato, nel suo recente rapporto, "incattivito da una ripresa che non c'è più" emerge, in alternativa al Governo che del clima sembra il prodotto più naturalmente conseguente, il protagonismo dei produttori. Le organizzazioni datoriali e le forze sindacali riformiste, contrastando lo storytelling della necessaria disintermediazione, stanno ponendosi in alternativa al populismo della rendita e del rancore. La nostra Torino, prima con la manifestazione Sì Tav del 10 Novembre e poi con l'incontro congiunto delle dodici associazioni di categoria di Lunedì scorso, è una delle culle di questo civismo d'imprenditori e lavoratori.
 
Il lavoro (e non le forme assistenzialistiche) deve tornare davvero al centro. Come ha detto, in sintonia con il mondo dell'impresa, la Segretaria confederale della Cisl, Annamaria Furlan: "non c’è altra strada che ripartire, con decisione e con provvedimenti straordinari, dalla crescita, dal lavoro e quindi dagli investimenti pubblici e privati, scommettendo sulla formazione e sulla scuola per ricostruire un patto sociale fra le generazioni e le diverse aree del paese. Il lavoro è lo strumento per ridare fiducia alla gente oggi sempre più incattivita e pessimista sul futuro, soprattutto per una serie di promesse disattese della politica”.
 
Non si può non guardare con interesse a quanto accade (e non è certo un caso che un leader attento come Matteo Salvini abbia abbandonato l'iniziale sprezzante irrisione), perché solo dando centralità a sviluppo e buonsenso si può difendere il futuro dell'Italia. Ben venga, quindi, con buona pace di Marco Travaglio che lo irride, il "partito del Pil".

 
Marco Margrita
 
(Immagine in copertina tratta da l'Huffington Post)

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Articolo pubblicato il 10/12/2018