Qualche giorno fa ci è tornata in mente la meravigliosa lettera che Seathl, il capo dei Duwamish, scrisse al Franklin Pierce, presidente degli Stati Uniti
Seathl capo dei Duwamish

Riflessioni di fine anno di Emiliano e Paola Bonifetto.

Qualche giorno fa ci è tornata in mente la meravigliosa lettera che Seathl, il capo dei Duwamish, scrisse al Franklin Pierce, presidente degli Stati Uniti, che gli chiedeva di poter acquistare la terra occupata dalla sua tribù. Probabilmente la conoscete già, ve ne sono diverse versioni (segue quella da noi scelta) che girano sul web da parecchi anni poiché i semplici princìpi di vita che essa mostra attraversano le epoche con immutato valore.

 

«Come potete chiedermi di vendervi la terra, non è mica mia!», dice in sostanza Seathl, e alla luce di questo semplice principio tutte le quotidiane (e sterili) discussioni su etnie, confini, diritti nazionali, etc diventano una grottesca rappresentazione di quanto il nostro attuale modo di vivere sia ormai del tutto scollegato dal senso originario delle cose, dal perché esiste questa terra e da come dovremmo trattarla, visto che – nonostante quello che crediamo – non ne abbiamo la proprietà, ma la custodia sì.

 

«Se vi vendiamo la nostra terra amatela come noi l’abbiamo amata. Abbiatene cura, come abbiamo fatto noi. Ricordatevi sempre come essa era quando la riceveste. E con tutta la forza, con tutta la vostra intelligenza, con tutto il vostro cuore proteggetela per i vostri figli». Eh, caro Seathl, le cose sono andate un po’ diversamente …

 

Perché questa lunga premessa?

Perché ogni giorno, guardandoci intorno e osservando cosa sta accadendo nel mondo, ci sembra sempre più evidente la deriva inarrestabile di questa civiltà verso una barbarie diffusa e ormai incontrollabile: non si vede alcun settore dell’esistenza che stia evolvendo verso qualche soluzione positiva, i nodi che nel tempo gli esseri umani hanno creato non solo stanno “venendo al pettine” ma si sono nel frattempo trasformati in gomitoli arruffati e inestricabili …

 

Il mondo del commercio – che è il nostro luogo di intervento diretto e quindi il nostro osservatorio privilegiato – è un esempio evidente di questa deriva, ma anche tutto il resto della società sta accumulando problemi a problemi, senza riuscire di fatto a risolverne mai nessuno.

 

Ci sarebbe da lasciarsi andare allo scoramento, e comprendiamo bene i tanti che lo stanno facendo, che non vedono futuro, che temono per la sopravvivenza della loro realtà, personale o commerciale. «Quando succedono certe cose – quando non si rispettano certi princìpi – è la fine della vita e l’inizio della sopravvivenza», diceva Seathl più di un secolo fa, ed è normale pensare che, quando ne succedono certe altre, anche la sopravvivenza è messa in discussione…

 

Ma questo non è il nostro modo di vivere e di affrontare le cose, per cui Paola ed io vorremmo cercare di mostrare una diversa prospettiva da cui osservarle.

Qualcuno sostiene che questa civiltà, questa struttura sociale fondamentalmente capitalistica, è andata oltre il “punto di non-ritorno”, che è totalmente compromessa e non può più essere risistemata, riaggiustata, risanata, come se fossimo ormai all’interno di un circolo vizioso, dove qualunque soluzione di un problema ne genera inevitabilmente un altro, talvolta – per non dire sovente – ancora più grave. E che bisognerebbe “ripensare” il mondo, reinventarlo, ricrearlo.

 

Ricreare il mondo … Ullallà, niente di meno!

Eppure …

Quando pensiamo al “mondo” ci viene forse in mente una cosa grandissima, l’universo, il sistema solare, il nostro pianeta, cose così … Il sostantivo “mondo” però ha molteplici significati, alcuni dei quali hanno a che vedere con le relazioni umane, l’ambiente in cui si vive, i valori e le idee in cui si crede …

 

Ora, noi tutti abbiamo consolidato nel tempo degli schemi comportamentali, basati su dei valori morali, sulla nostra comprensione della realtà, sul nostro approccio emozionale alle situazioni, sui nostri timori, sui nostri sogni … e questi schemi fanno da sottofondo a tante cose estremamente concrete della nostra vita quotidiana: il modo in cui ci rapportiamo con gli altri, con l’ambiente in cui viviamo e lavoriamo; come gestiamo le situazioni di conflitto; la nostra capacità di realizzare gli obiettivi …

 

Siamo portati a pensare che questi schemi siano di fatto “il nostro carattere”, ciò che vi è di più personale, individuale, ciò che ci contraddistingue, come se ciò che facciamo fosse ciò che siamo. Ma le cose non stanno proprio così, secondo noi.

 

Se chiedete a un avvocato chi è, vi dirà sicuramente che lui è un avvocato, mentre un operaio vi dirà invece, con buona probabilità, che lui fa l’operaio, e a ragione, poiché noi siamo senza dubbio innanzitutto esseri umani che fanno poi un certo lavoro per guadagnarsi da vivere. Questo stato confusionale sull’identità sta facendo danni, e lo si vede per esempio nel fatto che molte persone oggi, nel momento in cui perdono il lavoro o anche semplicemente lo vedono minacciato, cadono in depressione, come se avessero perso il diritto all’esistenza.

 

E noi, amici, dove ci troviamo rispetto a questo? Siamo consapevoli di questo “inganno esistenziale”? Riusciamo a contenerne i danni, nella nostra vita di tutti i giorni? O ne veniamo travolti, sommersi, come tanti altri esseri umani? Siamo (almeno un po’) padroni di noi stessi?

Poiché per poter ricreare il mondo, per avere la capacità di reimmaginarlo, di ripensarlo, bisogna partire da se stessi, dal proprio mondo, da quell’universo a forma di persona che ciascuno di noi è.

 

Se riusciamo a “ripensare”, a ri-creare il rapporto con noi stessi, se ritroviamo una buona armonia interna tra i tanti aspetti che modellano e caratterizzano il nostro stato di Esseri Umani, allora non sarà così difficile trasformare armonicamente il nostro modo di relazionarci con il nostro partner, con la nostra famiglia, con l’ambiente di lavoro, con tutte le persone conosciute o sconosciute con cui entriamo ogni giorno in contatto. In realtà, ogni persona è un mistero (noi stessi siamo un mistero, anche al nostro sguardo) e se la avviciniamo con curiosità e senza pregiudizi, ci mostra talvolta di sé cose del tutto inaspettate, talvolta molto interessanti.

 

Questo lavoro con noi stessi, benché immateriale, ha importanti riflessi nella realtà materiale, poiché si basa su energie sottili (ma non per questo meno concrete) che vibrano e irradiano da noi: e a poco a poco vedremo che il mondo intorno a noi inevitabilmente cambierà, e con esso la nostra vita, o perlomeno il modo in cui la vivremo.

 

Alcuni anni fa Gandhi esortava: «Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo!». È semplice, in fondo, così semplice che non ci viene naturale pensarci. È qualcosa di profondamente magico, nel senso più antico e nobile del termine, la “Magia dell’Essere”, patrimonio e potenzialità di ciascun essere umano fin dall’inizio del tempo, del suo tempo.

 

Semplice, certamente non facile, tuttavia possibile.

Noi lo stiamo facendo.

 

Bene amici, vi accompagnino i nostri migliori auguri di poter chiudere questo anno con pochi rimpianti e di poter iniziare il prossimo con sogni e speranze innervati di coraggio, per continuare a essere interiormente giovani pur con un anno in più!

 

Emiliano e Paola Bonifetto

 

Immagine: liberanotizia.com

 

Nel 1854 il presidente degli Stati Uniti Franklin Pierce offrì di acquistare una parte del territorio dei nativi americani e promise di istituirvi una "riserva" per loro. Ecco la risposta di Seathl, capo della tribù Duwamish.

Il grande capo di Washington ci informa che desidera comprare la nostra terra. Il grande capo ci ha anche assicurato circa la sua amicizia e benevolenza nei nostri confronti. Questo è gentile da parte sua, perché sappiamo che non necessita della nostra amicizia. Però rifletteremo sulla sua offerta, perché sappiamo che, se non lo facciamo, l’uomo bianco verrà con le armi e si prenderà la nostra terra.

Come potete acquistare o vendere il cielo, il calore della terra? L’idea ci sembra strana. Se noi non possediamo la freschezza dell’aria, lo scintillio dell’acqua, come potete voi acquistarli?

Ogni parte di questa terra è sacra per il mio popolo. Ogni ago lucente di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma di boschi ombrosi, ogni radura e ogni ronzio di insetti è sacro nel ricordo e nell’esperienza del mio popolo. I morti dell’uomo bianco dimenticano il loro paese natale quando vanno a passeggiare tra le stelle. I nostri morti non dimenticano mai la nostra terra meravigliosa, perché essa è nostra madre. I fiori profumati sono nostri fratelli; il cervo, il cavallo, la grande aquila sono nostri fratelli; le coste rocciose, il verde dei prati, il calore dei pony appartengono tutti alla stessa famiglia. Per questo, quando il grande capo bianco di Washington ci manda a dire che vuole acquistare la nostra terra, ci chiede una grossa parte di noi.

Egli dice che ci riserverà uno spazio per muoverci, affinché potremo vivere comodamente tra di noi. Prenderemo dunque in considerazione la vostra offerta, ma non sarà facile accettarla. Il nostro modo di pensare è diverso dal vostro. Quest’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è solamente acqua, per noi è qualcosa di immensamente più importante: è il sangue dei nostri antenati. Ogni riflesso dei laghi parla di avvenimenti e di ricordi della vita della mia gente.

Sappiamo che l’uomo bianco non comprende i nostri costumi: per lui un pezzo di terra è uguale all’altro, perché egli prende dalla terra quello di cui ha bisogno e dopo la abbandona. Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come se fossero semplicemente delle cose da acquistare, prendere e vendere. La sua bramosia divorerà tutta la terra e a lui non resterà nulla, solo il deserto.

Nella città dell’uomo bianco non esiste un posto tranquillo, non esiste un luogo per udire le gemme schiudersi in primavera o ascoltare il fruscio delle ali di un insetto. Ma forse penso questo perché io sono un selvaggio e non posso comprendere. Ma che gusto c’è a vivere se l’uomo non può ascoltare il suono dolce del vento o il fruscio delle fronde del pino profumato? L’aria è preziosa per l’uomo rosso, giacché tutte le cose respirano la stessa aria. L’uomo bianco non sembra far caso all’aria che respira.

Ma se vi cediamo le nostre terre porrò una condizione: l’uomo bianco dovrà rispettare gli animali che vivono in questa terra come se fossero suoi fratelli. Io sono un selvaggio e non conosco altro modo di vivere. Ho visto un migliaio di bisonti imputridire sulla prateria, abbandonati dall’uomo bianco dopo che erano stati abbattuti da un treno in corsa, quando noi li uccidiamo solo per sopravvivere. Cosa è l’uomo senza gli animali? Se tutti gli animali sparissero, l’uomo morirebbe in una grande solitudine. Poiché ciò che accade agli animali prima o poi accade all’uomo. Tutte le cose sono legate tra loro.

Dovete insegnare ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri: la terra è la madre di tutti noi. Tutto ciò che di buono arriva dalla terra arriva anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi. Noi sappiamo questo: non è la terra che appartiene all’uomo, ma è l’uomo che appartiene alla terra. Tutto ciò che si fa per la terra lo si fa per i propri figli. Non è l’uomo che ha tessuto la trama della vita: egli ne ha soltanto il filo.Tutto ciò che egli fa alla trama lo fa a se stesso.

Se vi vendiamo la nostra terra amatela come noi l’abbiamo amata. Abbiatene cura, come abbiamo fatto noi. Ricordatevi sempre come essa era quando la riceveste. E con tutta la forza, con tutta la vostra intelligenza, con tutto il vostro cuore proteggetela per i vostri figli.

C'è una cosa che noi sappiamo: il nostro Dio è lo stesso vostro Dio. Egli è il Dio dell'uomo e la sua pietà è uguale per tutti: tanto per l'uomo bianco quanto per l'uomo rosso. Questa terra per lui è preziosa. Se sparisce il bosco, se scompare l'aquila, è la fine della vita e l'inizio della sopravvivenza.

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Articolo pubblicato il 19/12/2018