Italia. Web tax: forse ci siamo

Prelievo del 3% per le imprese con ricavi non inferiori a 750 milioni

 

Far pagare le imposte indirette e dirette alle multinazionali del web significa dare un messaggio molto chiaro: tutte le imprese sono uguali davanti al fisco”: il commento del parlamentare Pd Francesco Boccia, che riassume il senso di web tax. A meno di sorprese, “la partita” dovrebbe concludersi con l’approvazione della Legge di Bilancio, per cui verrà varata anche l’imposta che andrà a tassare “la pubblicità mirata agli utenti on-line, la fornitura di beni e servizi venduti su piattaforme digitali e la trasmissione di dati degli utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale”, scrive Il Corriere delle Comunicazioni.

 

Uno degli emendamenti alla manovra di fine anno punta a introdurre la web tax, che consisterebbe in un prelievo del 3% per le imprese con ricavi - ovunque realizzati - non inferiori a 750 milioni di euro e ricavi da servizi digitali non inferiori a 5,5 milioni di euro. Dovrebbero essere esclusi, rispetto a quanto circolato giorni fa e rispetto alle intenzioni europee, servizi in streaming come Netflix e Spotify.

 

In questo modo l’Italia fa da apripista, in attesa che l’Unione Europea e l’Ocse si muovano. Prima ancora del Bel Paese, sarà la Francia a introdurre una tassa per il web dal 1° Gennaio, che punta a far entrare nelle casse dello Stato almeno 500 milioni di euro all’anno.

 

Adottare una tassa che va a interessare i giganti del web non significa strizzare l’occhio a un protezionismo digitale, o a una pregiudizievole avversione alla tecnologia, bensì porre delle condizioni affinché questi versino i contributi allo Stato dove realizzano guadagno, annullando una volta per tutte la concorrenza intra-europea sulla tassazione più conveniente per le multinazionali.

 

L.V.C.

 

(Immagine in copertina tratta da L’Agenzia di Viaggi)

 

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Articolo pubblicato il 21/12/2018