«Caso di telepatia» sul monte Civrari

Il curioso caso viene segnalato nel 1898 sulla rivista scientifica torinese “Archivio di Psichiatria, Scienze Penali ed Antropologia Criminale”

Si parla della Val di Viù nel volume XIX della rivista “Archivio di Psichiatria, Scienze Penali ed Antropologia Criminale”, pubblicato a Torino nel 1898.

Ma nella rivista scientifica diretta da Cesare Lombroso, docente di Psichiatria e Medicina Legale all’Università di Torino, non si prendono in esame né misurazioni antropometriche di criminali valligiani né fantasiose correlazioni tra i lipomi di brentatori e facchini viucesi e la gobba degli zebù, già considerate dal nostro vulcanico professore fin dal 1879 (“Studi sui segni professionali dei facchini e sui lipomi delle ottentotte, camelli e zebù”).

Compare invece la segnalazione da parte di un certo dottor Mercandino di un «Caso di telepatia» che è inserito nella Parte IV della rivista, dedicata a “Ricerche Ipnotiche e Medianiche”.

Leggiamo:

Signor Professore,

Credo farle cosa grata comunicandole un caso di telepatia, occorso poco tempo fa ad una signora di mia conoscenza, sulla cui serietà e lealtà non può esistere ombra di dubbio.

Trascrivo integralmente il manoscritto della signora, che mi prega di non pubblicare il suo nome.

 

«Nello scorso mese di giugno, alle ore 14 di una domenica, mio figlio Cesare e mio nipote Gustavo, partivano col treno di Lanzo, per far a piedi la strada che da Lanzo conduce a Viù e Col San Giovanni, intraprendere verso la mezzanotte la salita del Civrario e scendere al mattino nella vallata di Susa.

«Considerando la inesperienza dei due giovanetti e le difficoltà ed i pericoli che essi potevano incontrare nella faticosa gita, andai a letto molto preoccupata e a stento m’addormentai verso la mezzanotte. Alle due mi destai di soprassalto, e una chiara e spiccata visione si presenta alla mia mente: Gustavo pallido e sfinito, abbandonato sulla nuda roccia del monte, mandava gemiti e si rifiutava di proseguire la salita. Mio figlio, premuroso attorno a lui, cercava di riscaldarlo avvolgendolo negli scialli che avevano recato e facendogli bere tutto il liquore contenuto nella sua fiaschetta, poi sminuzzava una tavoletta di cioccolato e gliela faceva ingoiare a poco a poco: ma il povero Gustavo sempre ripeteva: lasciami, sto bene così, voglio dormire, non ci tengo io alla vetta del Civrario.

«E Cesare lo incalzava or colle buone ora colle brusche, rammentandogli l’affare che richiedeva la sua presenza a Condove, alle otto del mattino: udii anche la voce sdegnosa di lui, quando disperando di riuscire a scuoterlo, gli diceva: alzati, vigliacco!

«Al domani, quando Cesare fu di ritorno ed entrò nella mia camera, l’accolsi con queste parole: Gustavo ha dunque avuto il mal di montagna?

«Come lo sai tu? Mi chiese lui. E mi narrò particolareggiata la scena precisa, identica, che io nella notte avevo veduto alle ore 2, cioè nell’ora veramente avvenuta, soggiungendo che egli inquieto e disperato pensava fra sé: Se la mamma potesse vederci! Rivedrò ancora la mia casa ed i miei cari?».

 

E infatti i due giovani confermano il fatto con questa dichiarazione:

 

«I sottoscritti dichiarano che nello scorso mese di giugno fecero un’escursione in montagna avendo a meta la vetta del Civrario. Nella notte, uno di essi, Gustavo, fu assalito dal mal di montagna, e il compagno si adoperò per assisterlo e confortarlo. Al ritorno Cesare rimase assai meravigliato nel ricevere da sua madre questa interrogazione: “Gustavo ebbe dunque il mal di montagna?” e alla domanda seguì la descrizione precisa della scena avvenuta sul Civrario verso le due della notte.

Gustavo

Cesare

 

Con i più distinti ossequi e colla speranza di poterle presto comunicare qualche altro analogo fenomeno

Suo Dott. Mercandino.

 

In conclusione, anche noi non ci permettiamo di mettere in dubbio «serietà e lealtà» della anonima signora e neppure del dottor Mercandino. Una verifica condotta fra gli esperti escursionisti valligiani non ha contraddetto la descrizione del percorso della gita, anche se in verità ha un po’ stupito l’idea di una escursione notturna da parte di due alpinisti ancora principianti.

Così a 120 anni di distanza, abbiamo riportato per un attimo alla luce questo curioso episodio, illustrandolo con cartoline d’epoca che raffigurano le località citate.

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Articolo pubblicato il 27/12/2018