L’EDITORIALE dell’EPIFANIA di CIVICO20NEWS – di Enrico S. Laterza : Col ciclo

I remagonzi Bezuckoros ci han devoluto l’inglobalità? e mo digipedaliamo!

Iiiiiiiiih… spatascraaanghhh! A momenti mi si spiaccica sul parabrezza, peggio della Pantera Rosa. No, no, è presto per la Befana, sarebbe troppo in anticipo… Forse un ritardatario folletto di Santa Claus. Sbucato all’improvviso, a razzo, da dietro il serpentone del 3 in curva, un cicloschiavetto di Foodora, Feetore, o come cavolo si chiama, rischia di s-fra-cel-lar-si sul cristallo-temperato e impiccarsi all’arbre-magique natalizio, creando una scultura ready-made dadaista, a spese della mia assicurazione e delle mie coronarie; da me scende, in un amen, l’intero firmamento di madonnine… Niente, quello schiva per un soffio l’impatto e sfreccia via sulla due-ruote scura nella serata nera, scomparendo, insieme al suo fardello fucsia, nel raggomitolato intreccio stradale ungarettiano col congestionato traffico festivo del macrobiotico periodo saturnale, che auspicabilmente s’avvicina al termine. Era ieri, sabato 5 gennaio. Da lunedì rientrano in vigore i blocchi alla circolazione. The party’s over (canterebbe Billie Eilish).

Un caso non sporadico.

Da parecchi decenni, ormai, i vari avari avariati Bezuckoros, megaricchi remagonzi di Zoz, aurei incensati emiri plutecnocratici, coadiuvati dagli sberliccanti vassalli, valvassini e valvassori impoliticanti, recan in dono avvelenato, tipo l’apple morsicata, il paccone scintillante della neo-medievale serviglobale inglobalità che c’ingoia: grazie all’indiscriminata criminale gestione dei flussi migratori, che – col tacito assenso o complicità dei sinistri ambidestri partitucoli “dei lavoratori” – rende merce vile gli esseri-umani (men che umani), il loro sudore e il loro ingegno –, essi tengono in pugno manodopera digitale che pedala e pedala e pedala per due soldi (inflazionati rispetto a Brecht), costretta quasi a tirar le cuoia per le carducciane “quattro paghe per il lesso”. Per non parlare degli esploratori dei bidoni della monnezza… Miseriaccia e ignobiltà.

Ecco, insomma, il prodigioso sortilegio del magnifico processo di trasformazione economico-finanziaria del Secondo Millennio, falsamente opulento, spiegato in breve, senza appellarsi alla Téchne di Emanuele Severino o all’eloquio erudito del marziano marxiano Fusaro: prima, con un certo magro e dignitoso stipendiuccio in lirette, ci potevamo permettere i necessari buoni prodotti italiani e qualche extra; poi, nell’èra bronzea della Grand’Illusione mondialista, abbiamo gustato la libidine consumistica di riuscire ad acquistare un sacco di dozzinali cianfrusaglie cinesi (non s’offendano) a basso prezzo (ma a che costo!) in euro; adesso, sovente obbligati ad arrangiarci con diverse occupazioni precarie, non di rado bislacche, un paio di simil-salari da-fame non bastano a comprare le medesime succitate suppellettili asiatiche a rapido decadimento. Stop.

Del resto, irretita dall’indiscreta fascinazione della social-mania e drogata dall’internautica isteria collettiva dello sfacciato iperprotagonismo narco-narcisistico, la leopardata gioventù del non-luogo stoltamente “mira ed è mirata e in cor s’allegra”, mentre, col proprio beneplacito imbelle, bellamente viene spiata, schedata e sfruttata – esentasse – dai Signorotti del Web: i bamboccelli probabilmente protesterebbero un po’ solo se li privassero dell’ultimo modello di iphone! I genitori idem.

Nel frattempo, lo pseudo-progresso violento della cementificazione ultraveloce, altamente inquinante, invadente e devastante, tanto caro alle annuenti madamine piazzacastellane e alle ‘ndrine im-prenditrici, è già giunto al punto-di-non-ritorno e il conseguente stravolgimento ambientale, sotto gli occhi – e le chiappe – di tutti, ha condotto l’anziana Madre Terra al climaterio. Sulla soglia del cimitero. Sull’orlo – con urlo munchiano – della discarica di rifiuti tossici.

Eppure la bistrattatissima decrescita felice, teorizzata, ad esempio, da Latouche, non sembrerebbe esageratamente astrusa da capire: se, invece di usare la macchina (di cui sopra), mi muovo coi mezzi-pubblici e magari cammino di più, addirittura, la salute fisica e l’umore (ehm… evitando i bus stipati d’iracondi influenzati contagiosi) se ne giovano assai; io risparmio risorse pecuniarie ed energetiche, riduco l’assunzione di benzina e barbiturici, la mia salute rifiorisce e in città si comincia a respirare aria semi-pulita; però si ridimensionano vendite e guadagni delle multinazionali del farmaco e del petrolio e il totemico pil cala. E gl’imperanti Mercatoni crollano. Ahi, catastrofe!

Meglio dunque continuare così, a farci del male, in ossequio alla celebre battuta dell’Apicella di morettiana memoria?…

Il Pianeta moribondo non c’impietosisce? Neanche per i nostri nipotini?

Stanotte, all’arrivo svolazzante della simpatica vecchietta sulla ramazza di saggina, ci saremo trovati colle cal/ze rot/te: piene di anidride-carbonica.

Nerofumo.

 

Enrico S. Laterza

 

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Articolo pubblicato il 06/01/2019