La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

La Barriera di Nizza tra scampagnate domenicali, lattivendoli spericolati e accampamenti di zingari

Dal 1853 al 1912, Torino è stata circondata da una grandiosa struttura muraria, la Cinta daziaria, oggi scomparsa e sostituita dai corsi Bramante, Lepanto, Pascoli, Ferrucci, Tassoni, Svizzera, Mortara, Vigevano, Novara, Tortona, Lanza e Sella. Il Municipio di Torino ha costruito la Cinta daziaria per riscuotere le tasse del dazio comunale sulle merci in entrata. Dove le grandi strade di accesso alla città intersecano la Cinta daziaria, si aprono degli ingressi, detti Barriere: un piazzale con gli edifici per il controllo delle merci e l’alloggio delle guardie daziarie che sorvegliano il passaggio e riscuotono il pagamento del dazio.

Le borgate che sorgono poco a poco al di fuori della Cinta, in corrispondenza di queste Barriere, prendono il nome da queste, come la Barriera di Lanzo, la Barriera Milano e la Barriera di Nizza, oggetto delle nostre attenzioni.

 

La nostra Barriera di Nizza, quella degli anni ’70 dell’Ottocento, è l’attuale piazza Carducci, il muraglione della Cinta daziaria è posto sull’attuale corso Bramante, al di fuori si trova la campagna, con fabbriche, borgate, cascine isolate… Si giunge alla Barriera percorrendo la via Nizza, nel tratto iniziale fiancheggiata dalle case del Borgo San Salvario che si espande progressivamente ma in quegli anni non ha ancora superato l’attuale corso Dante. Così, già entro la Cinta daziaria, la via Nizza corre per un tratto nella campagna, dove sorgono diverse cascine che verranno eliminate per la progressiva costruzione del reticolato di vie, via Ilarione Petitti, via Tiziano, via Canova, via Cellini, via Leonardo da Vinci…

Definita, speriamo, in modo sufficientemente chiaro la location delle nostre storie, iniziamo col soffermarci sull’aspetto vacanziero della Barriera di Nizza: negli anni ‘70 dell’800 vi si fanno delle scampagnate domenicali, favorite dal fatto che è stato attivato un servizio di tram a cavalli che la collega col centro cittadino di piazza Castello. I gitanti arrivano così alla Barriera e poi sciamano nella campagna circostante, dove sorgono varie osterie.

Qualche oste ha elevato spirito di iniziativa: lo dimostra un articolo nemmeno velatamente pubblicitario dalla «Gazzetta Piemontese» del 29 marzo 1875. Leggiamolo:

 

«Agli scampagnanti. - Fuori della Barriera di Nizza, proprio di fronte alle cascine del Mondino, nell’ultima casa del Borgo, a sinistra, havvi un vasto stabilimento in cui il sig. G. B. Roggero tiene deposito di vini, bottiglieria e caffè. Lo segnaliamo agli scampagnanti della domenica che vi troveranno vini schietti, cucina casalinga, accoglienze cortesi, cordialissime e prezzi fenomenalmente miti».

 

Anche il divertimento può essere fonte di disordine. Per la tutela del buon ordine, San Salvario e la Barriera di Nizza dipendono dalla Sezione della Questura di Borgo Nuovo (il quartiere che ha come asse l’attuale via Mazzini), Sezione che soltanto dal 1883 prenderà il nome di San Salvatore e, dal 1913, di San Salvario; il Commissariato Barriera di Nizza sarà istituito a partire dal 1902.

 

Al tempo delle nostre storie, dopo le “giornate di sangue” del 21 e 22 settembre 1864, la Questura non è troppo amata dai torinesi i quali, fin dal 1868, hanno deciso di richiedere una Stazione di Carabinieri:

 

«Cronaca cittadina – Borgo San Salvario. Ci scrivono: Egli è da alcun tempo in qua che, massime alla domenica, dobbiamo essere testimoni di frequenti risse che finiscono sempre con qualche coltellata. Dal che ne avviene che la barriera di Nizza finisce per acquistarsi mala reputazione e la gente quieta e tranquilla va lungi da noi; ed i poveri nostri esercenti e bottegai si vedono deserti di avventori.

Si è fatta una petizione perché qui sia collocata una stazione di carabinieri; non le pare, signor Direttore, che quanto esposi basti a giustificare pienamente la dimanda? (Segue la firma)» («Gazzetta Piemontese», 6 ottobre 1868).

 

Qualche anno dopo, i residenti tornano alla carica:

 

«Pubblica SicurezzaI proprietari di case e capi di fabbrica che si trovano alla Barriera di Nizza dentro e fuori alla cinta, hanno presentato un ricorso al Prefetto di Torino per ottenere in quella località una stazione di carabinieri.

Fanno essi notare come colà oramai vi sieno più di 2.500 operai e spesseggino le abitazioni da farne di quelle un popolosissimo borgo, come il Tramway vi conduca un’infinità di gente, e massime nei giorni festivi per la comodità di tale omnibus a ferrovia, quel sito dia diventato la meta della gente che vuol darsi buon tempo ed invade in numero grandissimo le osterie troppo anco moltiplicatesi in quei dintorni, onde risse e guai, e rumori da non dirsi.

Speriamo che la domanda di quei ricorrenti potrà essere esaudita» («Gazzetta Piemontese», 28 gennaio 1873).

 

Il divertimento può provocare dei disordini, scrivono i ricorrenti. Anche alla Barriera di Nizza scoppiano le solite liti da osteria con coinvolgimento dei volenterosi pacieri: la sera del 30 settembre 1873 due operai litigano fra di loro nell’osteria di Roma alla Barriera di Nizza. Giuseppe Piatti si intromette per pacificarli e ne ha in cambio una scarica di calci e sassate che gli causano gravi contusioni al corpo: «È proprio il caso di dire, fra i due litiganti, il terzo gode!» («Gazzetta Piemontese», 2 ottobre 1873).

 

La Barriera di Nizza ha anche problemi di traffico, certo non a causa delle automobili, ma dei carretti dei lattai.

«DisgrazieCi scrivono: Molte disgrazie non arriverebbero se la polizia fosse più vigile in certi casi.

Qui alla barriera di Nizza e via Nizza quasi giornalmente i portatori del latte coi loro carretti sono causa di disgrazie.

Ieri ancora fui testimonio di un fatto che raccapriccia.

Un venditore di latte mettendo, come al solito, al galoppo la sua giumenta, investì un fanciullo, il quale ebbe tre spaventevoli ammaccature nelle gambe e si dispera salvarlo» («Gazzetta Piemontese» 15 giugno 1875).

 

A compenso di queste carenze, alla Barriera di Nizza si può osservare, e con grande meraviglia, una novità: gli zingari.

 

«Gli Zingari a TorinoLi avete visti gli Zingari? Come sono unti e che po’ po’ d’argento portano indosso. I poverini non possono muovere un passo senza essere circondati da uno stuolo di gamins e di curiosi. Il loro costume è dei più bizzarri: hanno lunghi stivali, giacche logore, barbe lunghe e folte, capelli a treccie come le donne, e poi certe collane a grosse capocchie d’argento da far venire l’acquolina in bocca a più d’un ladro. Essi sono attendati con le rispettive famiglie fuori la barriera di Nizza, aggiustano arnesi di cucina e si fanno pagare che è un piacere» («Gazzetta Piemontese», 22 aprile 1873).

 

E con questa curiosa descrizione degli zingari a Torino, concludiamo questa prima ricognizione nella Barriera di Nizza degli anni ’70 dell’Ottocento.

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Articolo pubblicato il 26/02/2019