L'Apocalisse
L'Apocalisse di Giancarlo Guerreri

Sensazioni liriche, policromie estemporanee

APOCALISSE

 

Di talp’intriso il suol, lento movea,

e di lombrici, carichi di Mondo,

che peso grande più sopportar potea:

tremarono le terre e ’l mar profondo.

 

 

Udiv’il rombo sordo di vulcani,

le grida e l’urli dell’umane genti,

dal magma risalivan su le mani,

eran le urla di poveri e potenti.

 

 

Il Sole d’un color che sa di morte,

bruciando con lo foco più rovente,

ardea le creatur e la lor sorte,

si spense, senza più lasciar né gente,

 

 

né altri che ancor fusser viventi.

I demoni gioivan sulla Terra,

ballando sul dolor delli Elementi,

urlando le parol, ch’il core serra.

 

 

E venne poi la notte della morte,

che spense lo baglior del Sole stanco

ch’agonizzando vide la sua sorte,

e di colei che visse allo suo fianco.

 

 

E notte fu: la notte dell’inganno.

Il sogno della Vit’ allor si spense,

e visser solamente quei che sanno,

sapendo quel Saper, ch’altrì non danno.

 

 

E tenebre volaron sulla notte,

spengendo quelle Stelle sopra il cielo.

 Il buco ner'allora tutt'inghiotte,

nel centro di quel nulla, ch’è sol gelo,

 

 

portando nelle tenebre la pace,

che muta non si ode nel pensiero.

Rimase solo notte che si tace:

lo Spirito compreso, ebb’il Vero.

 

 

 

Bergeggi 18.01.19

Versi di Giancarlo Guerreri

Immagine di copertina: L'Apocalisse, acrilico su tela di Giancarlo Guerreri

 

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Articolo pubblicato il 20/01/2019