#Sanremo2019: quarta serata
Foto di Tina Rossi Ph.

Ladies & Gentlemen benvenuti alla serata che credevo la più inutile del 69° #Festival della canzone italiana: la serata dedicata ai duetti, trietti, quartetti, quintetti, sestetti, eccetera. Personalmente preferivo la serata del venerdì dedicata alle cover, molto più utile per giudicare l’artista, al di là della canzone presentata in concorso.

Ho scritto: “che credevo”: si perchè stasera riascolteremo le ventiquattro canzoni in gara, in versione riveduta e corretta, con la partecipazione di ospiti “esterni”, alcuni parecchio intriganti.

Chissà che con qualche arricchitura vocale, e magari qualche cambio negli arrangiamenti, le canzoni in questione, quest’anno di livello veramente “scamuffato” (grazie all’amica Rita da Roma per il roman-aggettivo), non assumano una veste più interessante. Dubito, ma in fondo ci spero.

Anche questa sera completerò la cronaca, aggiungendo frammenti di interviste, degli artisti che man mano si sono presentati in sala stampa, e che ancora mancano all’appello.

Ore 20.52, si alza il sipario.

Comincia il Direttore  Artistico con “Acqua dalla luna” con una coreografia dedicata al circo. Solita spiegazione sul meccanismo di voto, che stasera presenta delle novità: televoto 50%, giuria sala stampa 30%, giuria d’onore 20%.

La giuria d’onore è composta da: Mauro Pagani (Presidente), Elena Sofia Ricci, Claudia Pandolfi, Joe Bastianich, Serena Dandini e Ferzan Ozpetek, Camila Ranovich e Beppe Severgnini. Un solo musicista in giuria, ma è un dettaglio.

Si comincia con Federica Carta & Shade, ospite Cristina D’Avena (“Senza farlo apposta”): due bambini con la cantante dei bambini. Vi aspetta lo Zecchino d’Oro.

Motta, ospite Nada (“Dov’è l’Italia”): Da Nicola Di Bari a Motta il passo è breve, o lungo, fate voi.

Irama, ospite Noemi (“La ragazza con il cuore di latta”): il rapper canta e la cantante reppa. Qualcosa non quadra.

Se pensavate che la gara proseguisse spedita, vi sbagliate di grosso: è già il momento del primo super ospite: Ligabue (per la gioia di Alessandra da Imperia).

 Il “Liga”, che stavolta non si è vestito all’Oviesse, presenta “Luci D’America”, il nuovo singolo, accompagnato dalla band. Rock vero al Teatro Ariston.

La gag sui tre ingressi si poteva pure evitare, minuti persi a scapito della musica, e finalmente è tempo di “Urlando contro il cielo”, classico da concerto, e naturalmente la sala stampa si trasforma in Campovolo. Compare il super ospite di tutte le serate, Claudio Baglioni, che anche in questo caso non può esimersi dal duettare: “Dio è morto”, in versione elettrica. Da dimenticare. Fossi Guccini chiederei i danni.

Si riprende con Patty Pravo & Briga, ospite Giovanni Caccamo (“Un pò come la vita”): la ricorderò per la pausa celentaniana. Tranquilla Nicoletta, abbiamo tempo. Intanto chiedi la 104 (consiglio dell’amico Vincenzo, da Nichelino).

Negrita, ospiti Enrico Ruggeri e Roy Paci (“I ragazzi stanno bene”). “Quella di stasera è un’occasione molto importante. Non si tratta di fare solo una cover, è riduttivo.In realtà Enrico e Roy, ci fanno un tributo. Due amici. Questo per noi è un onore”. Un animale da palcoscenico, il più grande performer italiano e il miglior contaminatore al mondo. Sarò di parte, sono tutti miei amici, ma quello che ho visto e sentito è semplicemente tanta roba.

Il Volo, ospite Alessandro Quarta (“Musica che resta”): molto rock il maestro violinista. Basta così.

Altra perdita di tempo con un intermezzo assai stucchevole e tocca a Arisa, ospiti Tony Hadley 6 i Kataklò (“Mi sento bene”). Da Caparezza a Arisa. Vabbè, Tony, rimani il mio mito, e sei pure riuscito a farmi piacere la canzone, ma come dice Aida da Moncaleri, Tony Hadley non si fa entrare dalla porta accanto. La Sala stampa si trasforma in una discoteca. I love 80’s forever.

Mahmood, ospite Guè Pequeno (“Soldi”): chissà quanti ne ha dati al guest, per farlo partecipare.

Ghemon, Pensavamo di vederlo duettare con Lupin III e Zenigata e invece no, ospite Diodato e Calibro 35 (“Rose viola”). :“Per il duetto di stasera, ho scelto il meglio per me, amici che sento davvero vicini. Nonè una cosa studiata a tavolino”. Tra tutti fanno a gara a chi si veste peggio,quindi #versaceonthefloor.

Francesco Renga, ospite Bungaro (“Aspetto che torni”). “Sto vivendo un cortocircuito emotivo personale, che è confluito in questa canzone. Un momento molto particolare della mia vita che ho voluto raccontare”. Il duetto che tutti aspettavano e che tutti volevano. La canzone ne guadagna.

Ultimo, ospite Fabrizio Moro (“I tuoi particolari”): piano e chitarra, quasi unplugged. Il Moro è sempre il Moro. Canzone trasformata, ma le assonanze con Masini rimangono.

Bello e intenso il monologo di Bisio, completato da Anastasio, che rappa, il secondo a farlo tra tutti i “colleghi” saliti in questi giorni sul palco del Teatro Ariston, ma ci ritorneremo.

Prosegue la gara con Nek, ospite Neri Marcorè (“Mi farò trovare pronto”): già il pezzo è così così del suo, ci mancava il recitato. Bocciati, cioè #stendiamounvelopietoso.

Boomdabash, ospiti Rocco Hunt e i Musici Cantori di Milano (“Per un milione”):gangsta version che spacca. Spacca di brutto. Si mi piace, e assai pure. Merita la menzione #alè-oò.

The ZenCircus, ospiti Brunori Sas (“L’amore è una dittatura”). Domanda niente affatto retorica: chi sono costoro? (tutti compresi, naturalmente).

Paola Turci, ospite Beppe Fiorello (“L’ultimo ostacolo”): Beppe è un fuoriclasse, vizio di famiglia, lei è lei. Promossi.

Anna Tatangelo, ospite Syria (“Le nostre anime di notte”). “Questo per me è l’ottavo festival, da diciotto anni a questa parte, ma non mi sento una veterana. Mi sento sempre esordiente. E’ sempre una grossa emozione salire su questo palco”. Banale come dichiarazione, banale come canzone. Credo possa bastare.

Ex-Otago, ospite Jack Savoretti (“Solo una canzone”): ex, basta la parola. La conoscono anche i genovesi che al posto di “belin” ormai dicono “fuck”. Chi vuol capire capisca.

Enrico Nigiotti,ospiti Paolo Jannacci e Massimo Ottoni (“Nonno Hollywood”): non trovo grosse differenze rispetto all’originale. Forse sarebbe servito Jannacci Sr.

Loredana Bertè, ospite Irene Grandi (“Cosa ti aspetti da me”): due tigri che aggrediscono palco e microfono. Avercene. Sala stampa impazzita.

Daniele Silvestri, ospite Manuel Agnelli e Rancore (“Argentovivo”). “La batteria è un elemento fondamentale per questo brano. E’ il grimaldello, il cuore pulsante che fa decollare il testo. Ho scelto Fabio Rondanini, grandissimo batterista, per le sensazioni che ha saputo darmi e mettere nel groove”. Agnelli, per ovvii motivi, è un cognome che detesto: nella musica ma soprattutto nel calcio. Come rovinare qualcosa di bello, ma anche al Festival, volendo, si possono aumentare di due posti, le posizioni in classifica. Chi vuol capire capisca #2.

Einar, ospite Biondo e Sergio Sylvestre (“Parole nuove”): niente di nuovo all’orizzonte. Sergione continua a non saper usare una voce potenzialmente pazzesca. Peccato.

Simone Cristicchi, ospite Ermal Meta (“Abbi cura di me”): vale lo stesso discorso fatto sopra. Neanche il vincitore della scorsa edizione, riesce a far passare la voglia di tagliarsi le vene.

Nino D’angelo e Livio Cori, ospiti i Sottotono (“Un’altra luce”): tradotta in italiano, almeno un parte, adesso si capisce il senso. Grazie Tormento. Nino, I cantieri ti aspettano.

Achille Lauro, ospite Morgan (“Rolls Royce”): non commento. Rischierei l’espulsione dall’Ordine.

Mi viene in mente una cosa: parecchi ospiti, per non dire tutti, erano più big dei big in gara. E per ora mi fermo qui: ne riparleremo domani, nell’articolo di chiusura.

Il premio per il miglior duetto viene assegnato a Motta e Nada. Fischi dalla platea.

Non ho parole. Passo e chiudo.

Stay Always Tuned !!!

 

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Articolo pubblicato il 09/02/2019