Il macabro passato del parco delle Buttes-Chaumont, a Parigi

di Alice Rocchi

Sottopongo ai Lettori di “Civico 20 News” questo articolo di Alice Rocchi che propone un insolito aspetto di Parigi.

L’Autrice nasce a Bologna dove decide di diventare guida turistica per coltivare e condividere il suo amore per le tracce del passato. Il suo primo mentore, sua madre, inizia fin da bambina a trasmetterle la passione per Parigi e le sue storie, passione che le era stata trasmessa a sua volta da sua madre. Una tradizione familiare tutta al femminile l’ha spinta quindi a trasferirsi nella Ville Lumière per scoprirne i segreti e dedicarsi a un blog (parigimeravigliosa.it) che li raccoglie uno ad uno, nello spirito nello spirito di un’Alice nel Paese delle Meraviglie che si sente profondamente legata al suo autore Lewis Carroll.

Al momento sta lavorando a un libro dedicato al valore del Tempo e della Memoria che non manca di accattivanti aneddoti parigini (m.j.).

 

Il macabro passato del parco delle Buttes-Chaumont

Il parco all’inglese più bello della Ville Lumière, il parco delle Buttes-Chaumont (1 Rue Botzaris, nel XIX arrondissement), nasconde un oscuro passato.

Difficile da credere, ne convengo. Questo capolavoro dell’architettura del paesaggio del XIX secolo invita alla calma e alla distensione appena varcati i suoi cancelli. I pacifici viali alberati, i declivi, le curve incantevoli dei sentieri, tutto di questo parco invita al sorriso, eppure…

La prima magia del parco delle Buttes-Chaumont riguarda la sua estensione. Se si osserva una mappa, la pianta a forma di mezzaluna del parco occupa circa 25 ettari, nulla di esagerato in rapporto ad altri parchi parigini, eppure esplorandone l’interno si ha l’impressione che non finisca mai. Come è possibile?

Questo è il meraviglioso potere del giardino in stile inglese, un tipo di giardino diffusosi a partire dalla fine del XVIII secolo – la stessa regina Marie-Antoinette ne aveva fatto allestire uno nel suo personale rifugio a Versailles, il Petit Trianon. Divenuto di gran moda durante il 1800, lo stile inglese ridisegnò numerosi spazi verdi in tutta Europa. Viali tortuosi, una vegetazione apparentemente libera di espandersi – ma solo in apparenza! – dislivelli, cambi improvvisi di prospettive, la comparsa e scomparsa di orizzonti dietro a colline, rocce o piccole costruzioni “pittoresche”, sentieri oscuri all’ombra di grotte artificiali… Tutto concorre a creare l’illusione di spazi ben più ampi di quelli reali. Et voilà, la magia è fatta!

A chi si deve cotanta meraviglia? Quando il parco aprì le sue porte si era nel pieno del Secondo Impero (1 aprile 1867), dunque il responsabile chi poteva mai essere se non il braccio destro dell’imperatore Napoleone III, ossia il prefetto della Senna, il barone Haussmann?

Il barone voleva fornire alla città in espansione un nuovo spazio verde. Studiando la mappa, l’occhio gli cadde su un’antica cava di gesso al confine nord-orientale del centro abitato, un luogo di estrazione attivo già dal Medioevo ma che, a quel tempo, era diventato un covo per fuorilegge, miserabili e tagliagole. Il nome di “Buttes-Chaumont” deriverebbe da “Calvus Mons” (‘monte calvo’), ossia privo di alberi e desolato. Un luogo tetro e mal frequentato insomma, dove fino alla Rivoluzione sorgeva un noto patibolo, con tutto il suo macabro carico di sofferenza. Siamo lontani dal bucolico paradiso che conosciamo oggi, non c’è che dire.

Adolphe Alphand, l’architetto a cui Haussmann affidò il progetto, dovette affrontare non poche difficoltà tecniche (a volte risolte a colpi di dinamite!), ma il tocco di classe finale lo si deve a Gabriel Davioud (1825-1881) che, proprio come “la ciliegina sulla torta”, disegnò lo splendido Tempio della Sibilla – su modello di quello di Vesta a Tivoli – onde coronare il belvedere al centro del parco. Questo architetto, per intenderci, è lo stesso che realizzò la celebre fontana di Saint-Michel in place Saint-Michel (V arrondissement).

Si dice che l’intero parco sia stato realizzando seguendo mistiche proporzioni rispondenti a precetti esoterici che donerebbero al parco un’energia particolare. Lo stesso Tempio della Sibilla sorgerebbe al centro di un magico pentacolo di cui, però, mi sfugge lo sviluppo (se qualcuno volesse illuminarmi ne sarei felice!).

Dal tempio, si può godere una vista spettacolare della città e del parco, ma non è ancora il momento di abbandonarsi ai trasporti romantici: un rituale inquietante ha continuato a svolgersi per anni a pochi passi da qui e il nome del luogo ne conserva la triste memoria. Esattamente all’altro capo della parete rocciosa su cui sorge il Tempio della Sibilla, un ponte in pietra e mattoni dall’aspetto semplicissimo è divenuto tragicamente famoso come il ponte dei Suicidi.

Purtroppo non si tratta di un modo di dire, né di un nome di fantasia. Tra la fine del XIX, fino agli anni Trenta del XX secolo, decine di disperati hanno posto fine ai propri tormenti gettandosi da parapetto – piuttosto basso – di questo ponte. Alcuni giornali, i più cinici, arrivarono a parlare di una vera e propria “moda”.

Il motivo di questa tetra preferenza resta sconosciuto, ma gli articoli di giornale che riportano queste tristi vicende sono numerosi, tra cui si trova persino quella di un aspirante suicida “suo malgrado” fortunato. Lo sventurato si gettò nel vuoto prendendo male la mira e rimase così impigliato ai rami di un albero, salvandosi miracolosamente. Pare che il signore abbia poi fatto tesoro della lezione imparata e che abbia abbandonato l’insano progetto.

A proposito di questo fenomeno deprimente, La Presse del 10 luglio 1896 calpesta la moderna sensibilità commentando quanto segue:

«Il leggendario ponte dei Sospiri ha fatto il suo tempo. Ora abbiamo il ponte dei suicidi.

È grazioso come tutto il resto, situato in un parco adorabile e domina uno specchio d’acqua minuscolo, dove i cigni passeggiano le loro maestà. È il ponte di mattoni alle Buttes-Chaumont.

Che bell’orizzonte per morire!… Pare che ventinove persone, da un mese a questa parte, venute qui per porre fine alla propria esistenza, abbiano potuto mettere il loro fatale progetto in esecuzione. […] In verità, bisogna essere davvero furiosi con la vita per metter fine ai propri giorni nel mezzo di un tale Eden”.»

Suicidi, perseguitati, condannati a morte, miserabili di ogni specie… ecco cosa si cela dietro il parco delle Buttes-Chaumont che non cessa comunque di esercitare un fascino potente sui passanti, concedendo un piacevolissimo ristoro grazie alle sue armoniose colline e ai suoi viali eleganti, bordati di alberi secolari.

A volte si ha la fortuna di incontrare i suoi schivi abitanti…

Più spesso ci si imbatte in opere d’arte notevoli, come questo misterioso Pan, il protettore della natura che talvolta si improvvisa babysitter, cavandosela peraltro abbastanza bene.

La dolce atmosfera del parco mi ricorda quella di un giardinetto di cui ho già scritto, altrettanto lussureggiante ed inquietante ad un tempo, ossia lo Square du Temple.

Alice Rocchi

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Articolo pubblicato il 11/03/2019