Fridays for Future nel mondo: manifestazioni dei giovani per salvare il pianeta

Un evento che lascerà un segno nella storia della difesa ambientale

Il giorno 15 Marzo 2019 si è manifestato in tutto il mondo industrializzato e occidentalizzato un evento che lascerà un segno nella storia: il Fridays for Future, ovvero lo “sciopero dei giovani” (o meglio di una consistente  percentuale di questi e di adulti che condividono questa visione) per sensibilizzare i “potenti del mondo” ad attuare, senza ulteriori esitazioni, i severi provvedimenti per salvare il pianeta Terra dal disastro climatico-ambientale.

L’iniziativa attribuita alla giovane Greta Thunberg, anche tenendo conto dei legittimi sospetti di manipolazione di “lobby” che tutelano interessi economici alternativi, non riduce la portata di un movimento di sensibilizzazione e di volontà di cambiamento radicale che, partendo dall’impegno delle nuove generazioni, si pone l’obiettivo d’invertire con urgenza le scelte energetico-ambientali attuali.

Le 411 parti per milione di CO2 nell’atmosfera costituiscono già oggi un limite critico che scientificamente prospetta l’irreversibilità dell’innalzamento della temperatura globale del pianeta. Infatti in 800.000 anni di storia geologico-ambientale mai si è respirata un’aria così concentrata di CO2.

Secondo gli studiosi più accreditati potremmo già essere con un piede nella catastrofe climatica e ambientale. Starebbe a noi tutti (ma si legga ai potentati economico-industriali e politici) invertire la rotta della produzione dei gas serra.

Facile a dirsi, ma difficilissimo, se non utopico a farsi nel concreto, anche volendo impegnarci con tutta la buona volontà. C’è da  riconvertire, inventandone uno nuovo, un modello industriale globale che necessita di energia che attualmente è ancora prodotta al 90%  dalla combustione delle risorse fossili (carbone, petrolio, gas naturale, ecc.).

Come sostituire la produzione di energia ricavata dal “combustibile fossile” con quella delle energie alternative in tempi rapidi e in quantità adeguate, tali da garantire il mantenimento stabile della produzione e dell’economia?

Questa è la sfida delle sfide, che nel contempo chiama in causa l’esistenza o meno della consapevolezza della società civile sul destino del nostro pianeta Terra.  

È fuori di dubbio che il nostro pianeta potrà esistere ancora per milioni di anni, ma trasformato in condizioni ambientali talmente degradate da impedire la sopravvivenza del genere umano.

Il punto cruciale della storia dell’umanità potrebbe essere fondamentalmente questo. Davanti a noi s’impone una scelta ineludibile: o la sopravvivenza, ancora tutta da inventare e da realizzare, oppure l’avvento inevitabile dell’apocalisse.

Tuttavia si constata che la tentazione della stragrande maggioranza degli individui (e pertanto della società), benché diversamente sensibilizzati dalla incipiente catastrofe ambientale, è quella di “glissare” il problema o di rimandare al domani quelle “iniziative” che invece si sarebbero già dovute fare ieri.

Come spiegare questa incredibile e generale contraddizione? Difficile dare una risposta, ma in ogni caso si può tentare di avanzare un’ipotesi evolutivo-antropologica.

L’Homo sapiens, nella sua attuale evoluzione, resta l’unico “primate” che si è sempre comportato da  “Homo oeconomicus”, testimoniando l’esclusività di questo comportamento.

L’Homo sapiens, in sintesi, oltre a consumare beni per la propria sopravvivenza, accumula risorse per scambiarle con altre, in seguito convertite in un equivalente monetario, evento evoluzionisticamente  rivoluzionario che ha permesso l’inizio della straordinaria  “Storia dell’Umanità”, rispetto al restante regno animale, totalmente estraneo a questa realtà economico-produttiva.

È necessario evidenziare che l’Homo sapiens ha intrapreso questo percorso innovativo milioni di anni fa e che, attraverso l’attività produttivo-commerciale, in un crescendo tecnologico sempre più progredito, ha creato la “realtà economico-industriale” che nel tempo ha poi modificato in modo irreversibile l’ambiente e inevitabilmente il clima.

Pertanto questo retaggio storico-antropologico, che è presente nell’inconscio del comportamento umano, può essere modificato “radicalmente e immediatamente” senza il rischio di stravolgere e devastare l’economia attuale?

Il dubbio che la domanda solleva ha sempre generato e autorizzato una resistenza conservativa (per motivazioni culturali, ideologiche, antropologiche, ecc.) con il risultato di depotenziare e dilazionare inevitabilmente ogni proposta di ripensamento di questo modello produttivo.

In sintesi il problema si potrebbe ridurre al fatto che il primato dell’aspetto economico-finanziario-industriale continua a segnare la supremazia sulla questione ecologico-ambientale, benché vengano messe in campo sistematicamente, per cinica mistificazione, le attenuanti “lacrime di coccodrillo”.

Domanda: l’imponente e imprevedibile successo della manifestazione del “Fridays for Future”, espressione della volontà delle nuove generazioni di discontinuità con le politiche energetiche fino a ora dominanti, avrà la forza di intaccare gli interessi di conservazione di chi detiene il potere decisionale a livello mondiale?

Oppure scatterà il meccanismo, ampiamente collaudato, attraverso il tentativo di pentimento momentaneo, ipocrita e dilatorio del rimandare a domani quello che, per irragionevolezza e colpevole inerzia, si ha paura di fare oggi?

Forse questa è la vera contraddizione che la “lobby economica”, la quale a livello mondiale ha le grandi responsabilità decisionali, deve risolvere se si vuole affrontare la sopravvivenza dell’umanità e dell’ambiente.

Se la speranza è l’ultima a morire, superando un pessimismo razionale che induce a tutt’altre conclusioni, non possiamo non condividere lo spirito del “Fridays for Future”, con la speranza che sia finalmente l’inizio della condivisione collettiva di una nuova prospettiva di un mondo ecologicamente non più ulteriormente profanabile, dove  l’attività umana sia assolutamente rispettosa e compatibile con questi vincoli.

Pertanto, in sintonia con quanto sopra esposto e al fine di contribuire alla diffusione dell'informazione, ospitiamo il Comunicato Stampa dell’Environment Park di Torino.

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“Come Environment Park siamo particolarmente attenti a tutte le iniziative di sensibilizzazione su un problema così attuale come quello dei cambiamenti climatici.  In particolar modo quando provengono dalle nuove generazioni, perché devono essere loro uno dei motori principali per dare un futuro al nostro Pianeta”, ha affermato Davide Canavesio, Amministratore Delegato di Environment Park, in riferimento al movimento FridaysForFuture che venerdì 15 Marzo interesserà anche Torino con una marcia a favore del clima. “Sono numerosi i progetti che vedono il Parco in prima linea per informare e formare nel modo corretto i giovani su questa tematica. Lo scorso Ottobre abbiamo ospitato il “main stage” del Climathon 2018, la  più importante maratona internazionale di idee per contrastare il surriscaldamento del Pianeta. Un evento globale che ha interessato 113 città e oltre 5.000 persone in tutto il mondo. Environment Park e Torino sono stati il centro di questo mondo virtuoso e ho potuto notare con i miei occhi la grande passione mostrata dai ragazzi delle scuole coinvolte nei confronti di questo tema. Sono segnali importanti che possono indicare una svolta, ma è necessario che i giovani abbiano delle guide che li indirizzino e li sostengano. Un ruolo che Environment Park sta portando avanti da diversi anni e su cui continuerà a investire nei prossimi”.

 

L’immagine di copertina proviene da. Google-www.janegoodall.it; terreno degradato da: Google-https://AgroNotizie - Image Line; Homo eoconomicus da: Google-https://wpgs.de; Davide Canavesio da: Environment Park

 

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Articolo pubblicato il 21/03/2019