Una proposta egiziana per migliorare concretamente le condizioni di Gaza.

Ci sarebbe già il consenso di Israele, ma tutto dipenderà dalla disponibilità di Hamas e Olp a rinunciare alle armi in cambio di sviluppo e benessere.

Una nuova proposta egiziana prevedrebbe la smilitarizzazione della striscia di Gaza in cambio dell’abolizione dal parte di Israele ed Egitto del blocco di sicurezza attualmente in vigore, unita a una serie di progetti internazionali per migliorare la situazione concreta nell’enclave costiera palestinese. Lo hanno riferito ufficiali delle forze di sicurezza egiziane e alti funzionari palestinesi a Gaza e Ramallah citati giovedì da Israel HaYom.

 

Secondo il nuovo piano, le organizzazioni palestinesi sotto la guida di Hamas, o di un’organizzazione-ombrello che raccogliesse tutte le fazioni attive a Gaza, resterebbero responsabili degli affari interni nella striscia attraverso l’uso dei meccanismi di sicurezza già in atto. Il piano consentirebbe che rimanessero a Gaza solo alcune armi leggere da utilizzare essenzialmente per scopi di ordine pubblico e sicurezza interna. Si tratterebbe di un numero di armi limitato e strettamente monitorato.

 

Una volta attuati questi passaggi, Israele e l’Egitto toglierebbero il blocco anti-terrorismo su Gaza e verrebbero avviati nuovi progetti su larga scala per infrastrutture, occupazione, economia, salute e istruzione.

 

I finanziamenti dei progetti verrebbero da Nazioni Unite, Unione Europea e stati arabi, in particolare dai paesi del Golfo Persico. Il piano proposto vedrebbe anche l’apertura dell’accesso marittimo a un porto di Gaza che sin dalle prime fasi consentirebbe a Gaza di importare ed esportare merci direttamente.

 

Secondo funzionari della sicurezza egiziani e alti rappresentanti palestinesi a Gaza e Ramallah, sia Gerusalemme che il Cairo sono arrivati alla conclusione che Hamas non sta andando da nessuna parte e che, d’altro canto, sarà molto difficile che l’Autorità Palestinese del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) possa tornare al potere a Gaza né in base a un accordo fra le fazioni palestinesi rivali, né come risultato di un crollo del regime di Hamas causato dalla pesante situazione umanitaria e dal continuo conflitto militare con Israele.

 

Secondo le fonti egiziane sentite da Israel HaYom, la politica di contenimento applicata a Gaza dalle Forze di Difesa israeliane non ha mai puntato al crollo del regime di Hamas nel timore che, qualora venisse rovesciato, approfitterebbero del vuoto di potere organizzazioni islamiste ancora più estremiste e pro-iraniane o gruppi salafiti che si identificano con l’ISIS, come quelli già attivi nel confinante Sinai egiziano.

 

La valutazione prevalente, in Israele e in Egitto, è che la nuova proposta potrebbe essere attuata nell’arco di tre-cinque anni. L’ostacolo principale sarebbe il rifiuto della smilitarizzazione da parte di Hamas e altre fazioni armate palestinesi. Ma anche l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) e l’Autorità Palestinese di Ramallah potrebbero opporsi alla manovra, dal momento che considererebbero la smilitarizzazione di Gaza come un precedente pericoloso in vista di future trattative con Israele per uno stato palestinese indipendente: a maggior ragione se tale smilitarizzazione dovesse dimostrarsi praticabile e vantaggiosa per le condizioni di vita della popolazione palestinese.

 

Secondo alcuni alti funzionari di Ramallah, Abu Mazen e la dirigenza dell’Olp potrebbero accettare la smilitarizzazione di Hamas e delle altre fazioni attive a Gaza solo a condizione che l’Autorità Palestinese riprendesse il pieno controllo dell’enclave e venisse incaricata di guidare tutto il progetto.

 

Nonostante queste difficoltà, i funzionari al Cairo e a Gerusalemme tendono a vedere in una luce positiva l’embrione di piano. Una bozza di accordo, compilata dai team negoziali israeliano ed egiziano  sarebbe già stata consegnata all’establishment della sicurezza degli Stati Uniti.

 

“Per accelerare il processo – ha detto a Israel HaYom un alto funzionario della sicurezza egiziana – aspettiamo il nuovo governo che uscirà dalle elezioni in Israele. Dopodiché l’obiettivo sarà quello di coinvolgere altri influenti stati arabi come il Qatar, l’Arabia Saudita, la Giordania e gli stati del Golfo Persico.

 

Se Abu Mazen e la dirigenza di Ramallah non porranno un mucchio di ostacoli, sarà possibile portare a termine il progetto con la piena cooperazione di tutti i soggetti regionali grazie a garanzie e aiuti da parte della comunità internazionale”. Ma, ammette lo stesso ufficiale egiziano, “c’è sempre la possibilità di una energica resistenza contro la smilitarizzazione della striscia di Gaza sia da parte dell’Olp che, soprattutto, delle fazioni armate di Gaza”.

 

israele.net

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Articolo pubblicato il 25/03/2019