La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Le gesta del barabbismo

Sulla “Gazzetta Piemontese” di venerdì 4 aprile 1890, in Cronaca, sotto il titolo “Le gesta del barabbismo”, leggiamo:

 

E siamo da capo con questo barabbismo che è il punto nero della vita cittadina torinese. È una cosa dolorosa il dover affermare che in mezzo ad una popolazione d’indole buonissima esistano individui sitibondi di sangue, delinquenti di vocazione, che compiono il delitto pel delitto. D’onde venga questa mala pianta non si sa, certo è che vegeta pur troppo e che poco efficaci riescono gli sforzi – che pur sappiamo grandissimi – delle nostre autorità di pubblica sicurezza per sradicarla. Ciò che più di tutto addolora è il cinismo dei barabba: essi nel loro ambiente vanno tristamente superbi dei loro delitti, i quali danno loro autorità rendendoli temuti campioni del coltello.

Troppo lunga sarebbe l’indagine intorno a questa desolante piaga ed intorno ai mezzi di guarirla; certo l’istruzione e l’educazione morale verso cui si concentrano gli sforzi delle classi superiori daranno col progresso dei tempi ottimi risultati, ma questa è azione lenta e frattanto il barabbismo fa le sue vittime. Per ora non c’è, crediamo che l’applicazione rigorosa, severissima delle leggi che serva di salutare esempio a questi spavaldi e vilissimi barabba.

Diede origine a queste affrettate considerazioni una delle tante tristi scene del barabbismo che quasi ogni giorno siamo costretti a registrare. Stanotte, verso le 1 ¼, un forestiero, certo Clara Ferdinando, alloggiato all’Albergo Nazionale, transitava tranquillamente per via Garibaldi, quando s’imbatté in una comitiva di cinque o sei barabba. Senza dire né ai né bai uno di questi si stacca dalla comitiva, si avvicina al Clara, e gli vibra una terribile coltellata in direzione del cuore.

Per un movimento rapido il coltello non colpisce il cuore, ma ferisce il costato sinistro dell’aggredito. Compiuta la prodezza, il barabba rinchiude il coltello tranquillamente e torna fra i suoi compagni. Il povero Clara ha tutta via la forza di recarsi al vicino Municipio, dove il medico di guardia, dott. Gianotti, gli prodiga le prime cure, ed indi lo fa accompagnare da due guardie municipali all’Ospedale di S. Giovanni. La ferita del Clara fu giudicata guaribile in dieci giorni.

Non è il caso di dilungarsi in spiegazioni sui barabba torinesi, dei quali abbiamo già più volte parlato. Quello che colpisce in questo articolo è il tono sconsolato del cronista nei confronti del fenomeno di devianza criminale: dalla sua analisi, sia pure “affrettata”, non emergono soluzioni né a breve termine né facilmente percorribili.

Spinti dalla lettura di questa cronaca, abbiamo cercato la sede dell’Albergo Nazionale citato nel testo. Grazie alla “Guida-Ricordo di Torino e dell’Esposizione Nazionale Italiana 1884” (Torino, 1884). Al tempo era situato in via Lagrange al n. 33. Con il rifacimento del secondo tratto di via Roma (1936-1938) l’Albergo Nazionale si è poi installato in questa via al n. 254, all’angolo della attuale piazza C.L.N., ed è oggi ricordato come sede della Gestapo dal 25 settembre 1943, nel corso della seconda guerra mondiale.

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Articolo pubblicato il 04/04/2019