Mark Baldwin Harris: intervista crossover
Foto di Fulvio Petri

Intervista esclusiva con il grande musicista statunitense, a poche ore dal concerto-tributo "20 anni senza Faber"

Mark, cominciamo questa chiacchierata, parlando di questo evento, che tra l’altro è già sold-out: come ci sei capitato?

Guarda, come chi mi conosce già lo sa, in questi ultimi venti anni ho evitato accuratamente i “tribute” a Fabrizio. Ho curato il concerto di Genova “Faber amico fragile”, nei primi anni 2000, da cui venne tratto un doppio cd, poi qualche trasmissione televisiva con Fabio Fazio; ma per il resto non ho fatto quasi nulla, per rispetto per Fabrizio a la sua musica, perché per i suoi tour si faceva anche un mese di prove, quindi fare delle cose approssimative non mi piace. Poi, ti dirò, principalmente il fatto di suonare i suoi brani senza lui che canta, mi sembra inutile (ride, ndr).

Certo. Ritengo però che questa sia una bella iniziativa, un bel gesto di rispetto verso Fabrizio.

Si, anche per me è così. Io ero un suo amico, più che un fan o un suo musicista. Pensa che non voleva nemmeno che ascoltassi i suoi vecchi dischi in originale, mi diceva sempre…belin, lascia stare quella roba lì, è vecchia…era ben contento di incontrare uno che potesse rinnovare il suo repertorio, senza essere condizionato dal passato. Abbiamo avuto sempre un bel rapporto, in questo senso: per me era un grande interprete. Col tempo siamo diventati grandi amici: ci vedevamo anche fuori dal lavoro. Comunque tornando a questo concerto, dopo vent’anni mi sono deciso a fare qualcosa (ride, ndr): verso Natale del 2018, ho partecipato alla presentazione un paio di libri dedicati a Faber di amici giornalisti che mi avevano intervistato, Luigi Viva e Enzo Gentile, e questo mi ha fatto rientrare, diciamo, nelle commemorazioni del mio amico. In particolare, un amico impresario col quale ho fatto un paio di date bellissime insieme a Antonella Ruggiero, mi pregava già da tempo di partecipare in qualche modo alle “celebrazioni” del ventennale della scomparsa. Dapprima ho rifiutato, soprattutto perché non avrei potuto provare i brani come piace a me, ma il tipo è andato avanti nel progetto e ha scelto questa band, i Mercantinfiera, che ha un gran seguito, e mi ha invitato a fare un intervento. Alla fine ho detto… ok, vengo a fare tre brani, basta che li possa scegliere io e che almeno uno lo proviamo come si deve (ride di gusto, ndr), mi sembrava il minimo, e così è stato. Ci siamo incontrati sabato scorso, abbiamo messo a posto qualcosa insieme, anche se avrei voluto fare qualcosa di più, ma va bene così, dai.

Quali brani suonerai, se puoi dircelo in anteprima?

Si, certo. La prima cosa che mi è venuta in mente è “Se ti tagliassero a pezzetti”…

…se posso interromperti, la mia canzone preferita di Fabrizio, una delle più belle canzoni d’amore mai scritte in assoluto, in Italia e non solo…

…bravissimo, per me quel brano lì è speciale. Pensa che il mio arrangiamento, la sonorità, le posizioni di chitarra, le cosidette “voicing” nessuno le ha mai indovinate. Sono anni e anni che la sento riproporre, su YouTube, eccetera, ma gli accordi non sono quelli dell’arrangiamento originale. Così ho fatto vedere alla band gli accordi…giusti…così per una volta verrà fatta come si deve (ride, ndr), e ti posso dire che i ragazzi sono rimasti esterefatti. Mi hanno fatto vedere gli accordi “normali”, quelli che fanno di solito, e allora gli ho detto…ascoltate questi qua…e per loro è stata una rivelazione. Così sabato si ascolteranno le voicing giuste…

…grande…

…poi ho aggiunto “Quello che non ho”, per fare qualcosa di più allegro e movimentato, e poi “Il Pescatore”, perché la conoscono tutti. Sinceramente pensavo di farlo come bis, allora mi hanno chiesto se volevo aggiungere ancora un pezzo, proprio come bis, così ho guardato la loro scaletta, e ho messo anche “Andrea”, che io non ho mai suonato al piano. Anzi, non so se ti ricordi, nel tour dell’indiano (album “Fabrizio De Andrè” – 1981; meglio conosciuto come “L’indiano” per via della copertina, ndr), io suonavo i timbales…

…mi ricordo perfettamente…

…mi divertivo come un matto…quindi non l’ho mai suonata al piano e stavolta mi ci butto…(ride, ndr).

Parlando di tributi in generale: è diventata una moda, non solo in Italia…

…si, siamo nel periodo post karaoke…

…appunto…volevo chiederti un autorevole parere su questo fenomeno…

Guarda, ho sentito tribute-band un po' in tutto il mondo, che fanno dai Megadeth ai Queen, ce n’è per tutte le tasche…ci sono dei bravi imitatori, questo si, ed è divertente sentirli. Però, al di là di questo, nel corso degli anni ho suonato brani di Fabrizio con Mia Martini, Antonella Ruggiero, anche con Vasco Rossi e vari altri: quando li canta qualcuno che ha uno stile completamente diverso, e dà una angolazione diversa, allora è un arricchimento, si aggiunge qualcosa. Quello che non mi entusiasma è sentire le cose pedissequamente uguali all’originale. Guarda, io apprezzo molto quello che c’è dietro un tributo, tutto il lavoro di preparazione, ma per me rimane un fenomeno un po’ da circo. E’ vero che come diceva mia nonna…”se non hai niente da dire, non dire niente”…è meglio un gruppo di musicisti che fa un tributo, che un gruppo di musicisti che cerca di fare dei brani propri quando non ha niente da dire. Yeah, io sono sempre stato amante dell’improvvisazione, fin dalle mie band di liceo che suonavamo pochi brani con assoli interminabili (ride, ndr). Poi, dopo il liceo, suonando musica elettronica free con Alvin Curran. E poco dopo, con Napoli Centrale, eravamo quasi “avanguardia”, per l’epoca quasi fantascienza…

…per l’epoca sicuramente…si chiamava jazz-rock…adesso si usa dire fusion…

…infatti. La fusion, in genere, è stata la capitolazione commerciale. L’impulso del jazz-rock originario è stato davvero devastante, aveva un seguito enorme: gruppi come i Weather Report erano sui cartelloni a Los Angeles. Poi c’è stata una progressiva infantilizzazione della musica a presunto beneficio del pubblico, soprattutto per le ultime generazioni: ascoltano soltanto quelle che io chiamo le ninne-nanne. Ad esempio, il rap freestyle è nato con nobili origini - la tenzone poetica è antica quanto universale - e con dei messaggi ben precisi, ultimamente senti dei brani che metricamente e melodicamente sono solo delle nenie per bambini. Una cosa terribile.

Senti Mark, parlando di un altro grande che ci ha lasciato tanto tempo fa, Demetrio Stratos; se non ricordo male, nel giugno del 1979, al Vigorelli di Milano, tu suonasti con i Crisalide, la band di Eugenio Finardi, al concerto in sua memoria. Quella che io chiamo la Woodstock Italiana: io c’ero e ricordo bene che voi apriste la manifestazione; Eugenio cantò da solo “Hold On” e poi “Extraterrestre” con il gruppo. Che ricordi hai di Demetrio e di quel giorno?

Bella definizione. Guarda, io Demetrio l’ho conosciuto, anche se non ho mai suonato con lui. Quando suonavo con Napoli Centrale, abbiamo fatto dei concerti con gli Area, ho conosciuto lui e naturalmente gli altri membri della band, Ares Tavolazzi, con cui ho lavorato diverse volte, Giulio Capiozzo, con cui ho fatto un disco di Mia Martini, il grande Patrizio Fariselli e Paolo Tofani, col quale ho fatto un disco di musica per gli “Hare Krishna”, insieme a Claudio Lolli, in cui suono anche il basso… questa che ti sto dicendo è una rarità (ride, nr). Comunque, Demetrio è stato un grandissimo performer. Riguardo al concerto, è stato grandioso: se vuoi un aneddoto, ce l’ho.

Come on!

C’era il camion con la regia, dietro lo stage, che registrava l’evento: nessuno gli aveva detto che “Hold on” sarebbe stata suonata solo dalla chitarra di Eugenio, senza la band. I fonici di palco invece lo sapevano, così hanno spento i monitor, per diminuire i ronzii. Pensavo che anche in regia avessero spento tutti gli strumenti, invece no. Infatti se tu senti il disco, ti accorgerai che c’è un pianoforte che cazzeggia…io stavo suonando, ma per conto mio, spensieratamente, guardando il pubblico. Ci siamo accorti, io, il gruppo ed Eugenio, solo quando è uscito il disco, che avevano registrato anche il piano…ci siamo messi a ridere come matti.

Bella storia! Andrò a riascoltare la registrazione. Personalmente ho un ricordo indelebile di quella giornata e di quel concerto.

Anche per me è così. Ho avuto modo di incontrare musicisti e band che non conoscevo e con i quali in seguito ho lavorato, come gli Skiantos, ad esempio.

Mark, tu hai collaborato sia dal vivo che in studio, con tantissimi musicisti; non ti chiedo, perché sarebbe antipatico, quello con cui ti sei trovato meglio o peggio…

…meno male…(ride, ndr)

…ma essendo tu passato dal jazz-rock al pop, attraverso il rock, piuttosto che la musica cantautorale…

…guarda che ho suonato anche con Gigliola Cinquetti, Tony Dallara ed altri…ho fatto tante cose diverse, ma basta che le persone con cui lavoro siano simpatiche…

…ok, però volevo chiederti, con quale genere, ti sei sentito più a tuo agio, ti sei divertito maggiormente, in una parola, sei stato davvero Mark Harris?

Mah, ho sempre amato il funky-jazz-rock, è il genere dove mi diverto di più, assolutamente. Ascolto ancora i dischi classici di Herbie Hancock, Weather Report, Miles elettrico, cose di questo genere. Poi ascolto volentieri alcuni gruppi rock del passato, tipo Little Feat e Steely Dan, ma anche di oggi tipo Govt Mule; poi Joni Mitchell, Sly Stone, Shostakovich, i Sabri Brothers (musica sufi pakistana)…

…un vero crossover…

…si, proprio (ride, ndr)…

Mark sei praticamente un’enciclopedia della musica…

…grazie…comunque, tornando alla tua domanda precedente, e l’ho detto anche in altre interviste, la persona con cui mi sono divertito di più in assoluto, è stata Enzo Jannacci. Il dottore. Lui era puro divertimento. Come ben sai, lui era cardiochirurgo pediatra: operava i neonati a cuore aperto, e quando saliva sul palco si trasformava, diventava un’altra persona. Doveva sfogarsi in qualche modo. Un matto totale, e siccome anch’io sono matto, andavamo perfettamente d’accordo.

Per chiudere: cosa fa Mark Harris dopo il tributo a Faber?

Sono da anni in giro con Antonella Ruggiero. Poi ho altri progetti diversi in corso, per divertirmi con amici. Una vita alla velocità che piace a me, tranquilla, dove faccio quello che mi piace davvero.

Mark, grazie per il tempo che mi hai dedicato, parlare con te è stato interessante e coinvolgente. Good luck per i tuoi progetti, e chissà che non ci si incontri presto di persona.

Grazie a te, e grazie per avermi riportato alla memoria dei bei ricordi.

Stay Always tuned !!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 04/04/2019