Padre Paolo Dall'Oglio, le ultime ore in Siria: "Subito ucciso".

Sul Corriere della sera la ricostruzione e le testimonianze degli ultimi istanti del gesuita scomparso in Siria nel 2013.

Padre Dall'Oglio, il gesuita italiano scomparso sei anni fa in Siria, fu con tutta probabilità "subito ucciso". Lo riporta un articolo pubblicato sul Corriere della sera. La mattina di quel 29 luglio 2013 padre Paolo Dall'Oglio ha paura.

 

L'appuntamento con Abu Lukhman è per le nove. Glielo hanno fissato il pomeriggio precedente i responsabili dell'Isis nei loro uffici ampi e luminosi del governatorato di Raqqa, dopo averlo rinviato una prima volta il 27 luglio. Ma Paolo adesso ritarda, indugia nervoso. Tanto che arriverà solo dopo le 11,30. "Se non esco dopo tre ore sappiate che sono stato rapito. Se dopo tre giorni non sapete nulla fate un comunicato pubblico", dice ai suoi contatti locali. Dell'Isis in Siria in quei giorni si percepisce ancora poco.

 

Questo accade quasi un anno prima degli orrori commessi dai fanatici jihadisti con la presa di Mosul in Iraq.

 

Paolo confusamente sa che il loro massimo leader è un iracheno, un certo Abu Bakr al Baghdadi. Vorrebbe parlargli, tutto sommato è comprensibile per uno come lui che cerca di coordinarsi con il fronte dei nemici di Bashar Assad. Messo in prospettiva sarebbe come andare a vedere Osama bin Laden anni prima dell'11 settembre 2001: si sapeva che era un estremista, però solo uno dei tanti nella galassia dei radicali islamici.

 

Eyas Daes, il giornalista locale che aveva accompagnato padre Dall'Oglio attraverso le zone curde nel Nordest siriano, sino a Raqqa, racconta al Corriere:

"Paolo l'anno prima era stato espulso dal governo di Damasco, che lo accusava di attività sovversive assieme ai terroristi islamici.

 

Ricordo il suo dispiacere per avere dovuto abbandonare Mar Mussa, il monastero dedicato al dialogo interreligioso in mezzo al deserto, che lui aveva ricostruito con le sue mani vent'anni prima. Adesso era rientrato in Siria dall'Iraq, alla frontiera non serve il visto delle autorità di Assad. Cercammo di dissuaderlo in tutti i modi. 'Non tornare da quelli dell'Isis, ti ammazzeranno senza dubbio, magari dopo averti torturato', gli dicevamo.

 

Lui però fu irremovibile. Così lo accompagnammo anche al secondo appuntamento. Non è più tornato e noi non abbiamo atteso tre giorni per denunciarlo al mondo. Per quello che sappiamo è sicuramente morto, probabilmente ucciso molto presto, nelle prime settimane, se non addirittura le prime ore del suo rapimento".

 

huffpost.it

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Articolo pubblicato il 09/04/2019