Il bello e il sublime (ultima parte) – Venere e il matrimonio spirituale
L’architetto Ashok Bhalotra ha sperimentato la costruzione di habitat fatiscenti, in rovina

Il sublime rappresenta nell’estetica la qualità della grandezza dal punto di vista fisico, morale, intellettuale, metafisico, estetico, spirituale e artistico. Fa riferimento a un tipo di grandezza al di fuori di ogni calcolo, misurazione o imitazione.

 

L’ornamento di un matrimonio spirituale

È attraverso un particolare processo di fuoco che il Sublime è venuto a formarsi nel matrimonio dei contrari. Non può che ornarsi della bellezza dei “due in uno”, offerta grazie alla forza di “Colui che dai due fa l’Uno”. Come la natura si rinnova per mezzo del fuoco (Igne Natura Renovatur Integra, I.N.R.I.) la Forza cristica manifesta in noi il “due in uno” dinamico di uno stato illuminato e senza contrasti, proprio di una dialettica divina. Jan van Ruysbroeck parla di un “ornamento di un matrimonio spirituale”, dello splendido abito della duplice unità.

 

Il sublime tredicesimo eone

La bellezza gioca ugualmente un ruolo cruciale nelle Nozze alchemiche di Cristiano Rosacroce, dove viene rappresentata come la Venere meravigliosa e inviolabile. Una straordinaria bellezza che CRC (Cristiano Rosacroce) può osservare, benché ciò non fosse del tutto conforme alle regole...

Laddove, nel mondo umano, odio e male sono elementi terribili, ma reali – sì, è veramente spaventoso ciò che gli esseri umani si infliggono – nella realtà superiore dell’anima immortale la coscienza attraversa tutti gli strati degli arconti e degli eoni, a loro insaputa, per elevarsi nel sublime tredicesimo eone.

La bellezza – che è l’anima immortale – sfugge a tali forze e potenze, poiché appartiene a un livello superiore; il suo rango è quello della Venere dei misteri che svela la sua perfetta nudità (e cioè la sua realtà), perfetta e indescrivibilmente bella, e di una natura talmente sovrannaturale e irrinunciabile che CRC è come inchiodato al suolo, così come viene descritto nel quinto giorno delle Nozze alchemiche.

 

La bellezza di Venere

Come spiegare che ciò che è perfetto, di una bellezza indescrivibile, sovrannaturale, intangibile, non possa essere se non un intermediario che conduce al fine sublime, la settima fase del processo alchemico, l’unione dei contrari, la Conjunctio, lo stato di trasfigurazione?

Per l’essere umano moderno, che vive nell’attuale fase culturale, ciò non è concepibile. Così, misconoscendo la bellezza, la rifiuta persino consciamente, incline com’è ad apprezzare la decadenza, a ricercare la disarmonia e ad estromettere il bello nell’arte.

 

Bellezza e amore inspiegabili

Il rifiuto del bello non era ancora in vigore nella precedente fase culturale, quando Agnolo Firenzuola, poeta e scrittore italiano, redigeva nel 1548 Della bellezza delle donne, un dialogo sulla bellezza femminile che si apre con decine di pagine consacrate alla bellezza declinata sotto tutti i suoi aspetti.

L’autore constata in fin dei conti che ciò che costituisce il fascino della bellezza femminile nulla ha a che vedere con tutto ciò che ne è stato scritto con ammirazione e stupore. Poiché, egli sostiene, il vero fascino della bellezza di Venere non è nulla di tutto ciò, ma piuttosto un “non so che”. Ma non è che un modo di affrontare la questione.

Montesquieu, pensatore francese illuminista, non nega l’esistenza del “fascino invisibile” tipico del femminile e delle opere d’arte. Accade come per la situazione dello stato amoroso: se ne può certamente far l’esperienza, ma non riuscire a conoscerlo, poiché non è di natura intellettuale, non appartiene al dominio della ragione, è incomprensibile e inspiegabile.

Nel XX secolo, il filosofo francese Vladimir Jankélévitch si spinge a difendere la bellezza, contro la quale non si dovrebbe insorgere, poiché non saprebbe essere oggetto di rifiuto. Anche se si ha coscienza che la vera bellezza non può essere attinta, non per questo occorre combatterla o ridurla a vana apparenza. Il fatto che non sia possibile dire della bellezza che esiste, non significa che non esista di fatto.

Il posto che occupa si trova tra il qualcosa e il niente. Non potrà mai essere percepita direttamente; non possiamo incontrarla che sotto le sue molteplici forme e apparenze. Non traspare che attraverso le cose e, pertanto, sempre sotto differenti forme. Incontrarla può essere prezioso come primo passo e come pietra da costruzione in vista del sublime.

Una tale comprensione era ancora molto viva nel corso di un recente periodo della storia.

L’impressionista francese Paul Cézanne sostiene che sia ormai scomparsa quella forza che ci renderebbe capaci di elevarci fino alla bellezza (intendendo, con tale forza, Eros), ma che il senso della nostra ricerca è di ritrovarne l’essenza, ciò che vi è di più interiore nella bellezza, e di ristabilirla.

L’arte, ogni arte, può tentare la restituzione di tale essenza: attraverso forme semplici, o mezzi tecnici avanzati, attraverso operazioni di idealità astratte o di coinvolgimento sociale; ma ciò che conta è che il bello in quanto intermediario ha bisogno di una riflessione interiore. Venere deve essere interiorizzata perché possa aver luogo la “sorpresa-stupore” del sublime simile a un’eterna illuminazione. Tale “acquisizione” interiore non significa pertanto nulla di più che lavorare con la forza infinita e impersonale dell’Amore nel grande campo di forza-calore nominato più sopra.

Lavorare con questa energia fa “fondere l’albero” come viene detto nelle Nozze alchemiche. Quando la fusione nel nucleo interiore sarà compiuta – quella della trasformazione alchemica che opera come sintesi – Venere si risveglierà e diverrà madre di un re, come testimoniano le Nozze alchemiche.

L’anthropos sublime, il prete-re, è finalmente risvegliato. Allora è esaudita la preghiera ispirata dalla bellezza, quella di vedere con gli occhi dell’amore!

 

Articolo tratto dalle pubblicazioni di: Edizioni Lectorium Rosicrucianum

Scuola Internazionale della Rosacroce d'Oro

https://www.lectoriumrosicrucianum.it/

 

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Articolo pubblicato il 03/06/2019