Tra il dire e il fare …

…c’è di mezzo il mare.

Questo assai noto proverbio è spesso poco considerato dal senso comune. Infatti si tende a porre l’accento e l’attenzione su ciò che si dice e poi dare per scontato che, “… detto … fatto”, le cose dette, in qualche modo, si realizzeranno.

In effetti ciò corrisponde al vero, ma … 

il dire genera almeno due possibilità di fare che possono portare a risultati ben diversi e inaspettati, apparentemente casuali ed invece originariamente predeterminati.

Infatti si possono dire cose corrette solo perché rielaborate da testi, da incontri, da informazioni provenienti da terzi, o perché mutuate da aspettative della massa, senza che siano state realmente vissute e comprese;

queste sono le caratteristiche dei “falsi profeti in buona fede - che sono anche i più pericolosi -”: le cose che essi dicono non provocano re(ali)-azioni profonde ma suscitano larghi consensi perché in fondo non vogliono e non possono cambiare nulla realmente; quindi soddisfano la coscienza senza farla lavorare.

Diverso è quando a dire le stesse cose sono coloro che comprendono il senso di ciò che dicono in seguito all’esperienza;

tali parole colpiscono con una diversa forza l’interlocutore (che è maturo per affrontarle e per ciò inconsciamente le sollecita) nel profondo (infrangendone le protezioni subconsce e inconsce), provocando inevitabilmente una reazione della sua coscienza (talvolta anche in modo indesiderabile, incomprensibile e scomodo nell’immediato).

Alle parole di questi profetici visionari la massa incosciente e abitudinaria reagisce con apatica disattenzione o cieca violenza perché la sua coscienza non vuole, e quindi non può, cambiare; vuole solo mantenersi così com’è e basta.

 

Ecco perché tutti noi siamo chiamati a fare molta attenzione a chi strombazza da ogni parte facili promesse.

 

Le parole possono essere le stesse, i risultati delle azioni conseguenti no!

 

E, come la storia insegna, quando ce ne accorgeremo sarà sempre troppo tardi e ci toccherà pagarne il prezzo. Come complici consenzienti con un voto di parte o superficialmente incuranti di ciò che abbiamo approvato con un tacito assenso.

 

  • Economia circolare come “presa in giro”
  • Decrescita felice come impoverimento di valori
  • Riciclo come “zitti e pedalare”, e poi ricominciare a pedalare come criceti
  • Sicurezza come rinchiudendosi in prigione
  • Prima noi come prima io di voi
  • Giustizia per tutti come giustiziati da tutti
  • Minimo economico per tutti noi, adesso, garantito dal debito che graverà sulle spalle dei nostri figli per le prossime sette generazioni (se va bene!).

 

Sono solo alcune delle note inserite in piccolo nel contratto che abbiamo tutti sottoscritto alcuni decenni fa con chiunque si sia dichiarato capace di condurci dove desideravamo.

 

Dimenticando che siamo rimasti ormai solo con “uno stivale”; l’altro ce lo siamo già venduto chissà quando, e, lo sanno anche i bambini, con un solo stivale non si va da nessuna parte. Per bello che esso sia, turisticamente parlando, saremo costretti a mangiarci i monumenti conditi con i risultati della nostra lungimiranza!

 

Non siate contrariati da quanto avete letto, sono solo visioni di qualche fulminato!

 

In compenso, tra poco, al posto di qualche “fulminato”, ci saranno auto elettriche per tutti, così saremo felici di andare di qui e di là senza sapere perché, ma contenti di non inQUInare e di poterci ricaricare ovunque e comunque.

 

Felici e contenti per decreto legislativo!

 

Tanto, ne abbiamo tutti arrendevole certezza, prima o poi, a spazzare l’inutile, il falso e il dannoso, o, detto in altri termini, a mettere equilibrio e coerenza tra il dire e il fare ci penseranno le onde del mare (della vita)!

 

Schema e testo

Pietro Cartella

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Articolo pubblicato il 25/04/2019