L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: In Italia il gettito fiscale potrà mai essere equilibrato?

Il rompicapo del Governo su sei proposte

La coperta è corta ormai da millenni e sotto diverse latitudini. Così l’imperatore Vespasiano ideò la tassa sugli orinatoi, battezzati poi in suo nome ed onore.

Ciriaco De Mita che, con arguzia Giovanni Agnelli battezzò “l’intellettuale della Magna Grecia” introdusse una tassa a carico  delle transazioni con carte di credito, marciando in solitaria controtendenza quando l’uso del pagamento elettronico, in tutto il mondo veniva invece agevolato, ma il campano voleva fare cassetta.

In questi periodi le cose non vanno meglio. Dopo il reddito di cittadinanza, quota 100, i cui effetti tangibili sono ancora tutti da provare, ma hanno determinato e produrranno ingenti oneri a carico dello Stato, per non tralasciare  la tanto strombazzata Flax tax, le cautele  dovute alle clausole di salvaguardia Iva, sino all’antistorico e temerario salvataggio dell’Alitalia, occorre per il governo individuare adeguate coperture e in fretta.

Tra le ipotesi che stanno circolando, si parla di tassa su beni e viaggi al redditometro, fino alle limitazioni delle agevolazioni in agricoltura. Così, tra tanti paletti e promesse, il governo potrebbe trovare la quadra, ma a quale prezzo? Cerchiamo d’entrare nel merito.

Nelle segrete stanze qualcuno sta ipotizzando di porre un limite massimo di fatturato per la tassazione delle aziende agricole in base al reddito agrario. L’utilizzo che talvolta oggi si fa di questa agevolazione appare infatti improprio. Per esempio, molte tra le più importanti cantine vitivinicole italiane vendono a prezzi elevati, ovviamente vini di qualità, senza legittimamente pagare le imposte.

Se poi le vendite le fa una impresa commerciale collegata alla stessa proprietà, basterà un attento dosaggio dei prezzi di trasferimento e di imposte non se ne parla.

L’agevolazione per gli agricoltori è un retaggio del passato; se si decide di mantenerla, è opportuno porre un tetto massimo, per esempio, 100 mila euro di fatturato, per società e aziende individuali. Oltre, si dovrebbero pagare le imposte normali, come tutti. Non c’è alcun motivo per non assoggettare a imposte questo reddito, unica residua esenzione legale, oggigiorno.

Ritorna poi l’infelice cimento sul già fallito Redditometro. Oggi si starebbe ipotizzando d‘inserire  nel modello Unico, un rigo ove dichiarare un reddito “da redditometro” La motivazione è dovuta alla possibilità di favorire, chi volesse ravvedersi e non sa proprio dove dichiarare un reddito senza una sua natura specifica.

Che male farebbe, a dichiarare? Paga le imposte, e, almeno fino a un certo limite, è coperto. Si farebbe un po’ come le percentuali per gli studi di settore, ove è previsto l’adeguamento. Si pensi a un contribuente che, in base al cosiddetto redditometro risultasse avere un reddito inadeguato: l’accertamento sarebbe sicuro. Se volesse evitarlo, perché non consentirgli di pagare?  

Invece di ridurre la tassazione, come si sta da tempo ipotizzando con l’introduzione della flat tax, si potrebbe, mutando rotta, allargare la deducibilità o la detrazione degli oneri per le persone fisiche, peraltro limitandola al 10% o al 20%. Il contribuente troverebbe maggior convenienza  a richiedere le fatture per prestazioni/acquisti deducibili; il procedimento parrebbe virtuoso. Si tratterà di valutare le tipologie di interventi (manutenzioni varie, lavori, spese per matrimonio, acquisto mobili, e così via).

Lo si potrebbe consentire, concedendo uno sconto pari al tasso decennale dei Btp. I contribuenti potrebbero scegliere se investire le loro risorse nei titoli di debito dello Stato oppure in imposte anticipate; nel corso degli anni, poi, attingerebbero dal “tesoretto” personale. Il tutto, forse incentivato con uno sconto dell’1%. Il provvedimento è stato adottato in Belgio già 25 anni fa, ma non ne è noto l’esito.

Ogni epoca ha le sue tasse, da sempre. Si cambia il modo di vivere, cambiano i consumi, ma il principe (e ora il governo) è sempre pronto a tassare il comportamento umano.

Tra gli ultimi decenni dell’800 e i primi dell’900, quante lotte, in tutta Italia, contro l’odiosa tassa sul macinato che dava all’erario oltre l’80% delle entrate totali! Poco importava se la gente povera moriva di fame, se i mugnai lavoravano murati nei loro mulini.

Le entrate erano assicurate. La farina era un bene essenziale, non se ne poteva fare a meno, ed ecco i vari governi di quel tempo pronti a tassarla. Come accennato in apertura la legislazione fiscale è universalmente ricca di aneddoti e furbizie, purtroppo sempre a scapito del cittadino contribuente.

Al tempo dei faraoni, ricordiamo il Nilometro, strumento che in base all’altezza dell’acqua nel pozzo stimava la fertilità del terreno, il raccolto e le conseguenti imposte. Ma tornando ai nostri giorni, il contatore dei giri della ruota del mulino è stato da tempo sostituito dall’erogatore della benzina. Stesso principio, stesso contatore, stessa tassa.

Su ogni litro di benzina, circa tre quarti del prezzo pagato vanno all’erario. È una esagerazione bella e buona. Anche le promesse di una revisione non sono state al momento mantenute. Per non parlare poi della tassazione sulla casa. Comunque, tutta roba da buttare. La tassa del futuro sarà sulle comunicazioni e su internet. I francesi ci stanno già pensando; internet, tablet e smartphone.

Si potrebbero tassare i trasporti, di persone e cose, favorendo il km zero, assecondando le paranoie dei grillini, ma uccidendo il manifatturiero, l’agricoltura d’eccellenza e la modifica di beni. I trasporti inquinano e necessitano di investimenti elevati per le infrastrutture. Pare assurdo mangiare frutta fuori stagione.

E viaggiare lontano, quando poco si conosce della propria nazione. Certo ci saranno proteste, ma la logica sarebbe rispettata, con una tassa sui trasporti, di persone e cose. Ma imprese, professionisti e lavoratori, tutti, hanno bisogno, oltre che di una riduzione delle imposte, al momento sempre solo promessa, di vera semplificazione, e soprattutto di stabilità. Non certamente di esperimenti in vitro, che oltretutto limiterebbero lo spostamento di persone e merci.

Ma dalla preparazione e serietà di chi manovra la leva fiscale, si può capire il livello in cui si colloca il Paese e i suoi governanti. E se si ricorresse all’inasprimento delle ormai consuete accise sulla benzina e prodotti petroliferi? Sarebbe estremamente più facile e dannoso….

                

             Francesco Rossa

Presidente Onorario di "Civico20News"

 

 

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Articolo pubblicato il 28/04/2019