Con la Libia in fiamme, Eni è pronta a scommettere sull’Algeria.

Il brusco risveglio del conflitto libico tra il governo centrale riconosciuto dall’Onu, ma sempre più debole, e il generale Haftar e la crisi politica algerina hanno cambiato notevolmente le prospettive degli scenari energetici del Mediterraneo. Innescando dinamiche di ampia portata che coinvolgono anche l’Italia.

L’economista Alberto Clò pubblicato su Rivistaenergia.it un’analisi in cui puntualizza la mole dei rifornimenti energetici dei due Paesi all’Italia. Principalmente quelli di gas naturale.

 

Stando ai dati 2018 essi assommano a “17 miliardi di metri cubi che dall’Algeria arrivano a Mazara del Vallo attraverso il gasdotto Transmed e 4,5 miliardi metri cubi che dalla Libia approdano a Gela attraverso il gasdotto Greenstream (entrambi di Eni). In totale 21,5 miliardi metri cubi: pari al 32% dei 67,9 miliardi complessivamente importati e al 29% dell’insieme dei consumi interni”.

 

E se un precipitare decisivo della situazione è stato sventato per l’Algeria, lo stesso non si può dire della Libia. Paese in cui la nostra influenza va via via erodendosi. Nell’incertezza politica, la sfida energetica e la corsa ai rifornimenti di gas e petrolio si fanno sempre più incerte. La diversificazione appare, ora più che mai, una strategia necessaria. Vitale per evitare uno scenario simile a quello del febbraio 2011, quando da un giorno all’altro la Libia in piena guerra civile sospese esportazioni verso l’Italia, allora pari al doppio di quelle attuali.

 

Da prendere in considerazione è, soprattutto, il ruolo di Eni. Colosso energetico e pilastro dell’interesse economico nazionale che ha profondi interessi in Libia e Algeria. Tra petrolio e gas la produzione libica dell’Eni “vale circa il 15% della produzione del gruppo italiano. Circa un terzo del gas naturale prodotto dal gruppo è libico. E non è comunque poco per un colosso che fattura 77 miliardi”, sottolinea StartMag.  Una strategia di ampio respiro, articolata sulla base di partnership con compagnie come Bp e Noc e su attività di esplorazione. Interrotte, queste ultime, dopo gli ultimi scontri.

 

Di fronte agli sviluppi più recenti, una conversione maggiore verso l’Algeria non è da escludere. Con un’estrazione annua pari a 130 miliardi di metri cubi, l’Algeria è fra i primi dieci Paesi al mondo per produzione di gas naturale, e rappresenta il secondo più importante fornitore di gas per l’Italia. Il ribaltone politico che ha portato alla defenestrazione del presidente Abdelaziz Bouteflika ha coinvolto anche  Sonatrach, il player energetico di Stato, che ha conosciuto la brusca rimozione del suo direttore Abdelmoumene Ould Kaddour.

 

Eni, tuttavia, pare interessata a gestire con profitto una situazione di relativa calma dopo che le tensioni dei primi giorni seguiti alle proteste contro Bouteflika avevano portato molti analisti a temere il peggio per il Paese. 

 

Nella giornata del 26 aprile, infatti, “Eni ha firmato un memorandum d’intesa con l’algerina Sonatrach per definire in tempi brevi il rinnovo per i prossimi anni del contratto di fornitura di gas e degli accordi relativi al trasporto attraverso il gasdotto che attraversa il Mar Mediterraneo”, sottolinea InfoAfrica. Claudio Descalzi ha incontrato il nuovo amministratore delegato di Sonatrach, Rachid Hachichi, ex direttore della divisione esplorazione e produzione della compagnia, carica che ha coperto a partire dall’ottobre 2017.

 

Secondo il quotidiano Ennahar, la scelta di una personalità interna al gruppo, garantirebbe una certa continuità del percorso di trasformazione di Sonatrach avviato da Ould Kaddour. Fatto, quest’ultimo, che interessa notevolmente Eni in un frangente molto delicato. In cui, a qualunque prezzo la si ottenga, la stabilità e la certezza degli approvvigionamenti provenienti dall’Algeria è un asset di fondamentale importanza di fronte al caos libico.

 

occhidellaguerra.it

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Articolo pubblicato il 02/05/2019