Il dovere del buonsenso

L’importanza di fare e parlare di cose concrete

In questi frenetici giorni di campagna elettorale, le cronache – anche piemontesi – riportano una suddivisione dei cittadini in due gruppi sostanziali. Ci sono i demoralizzati e delusi, cui le esperienze susseguitesi a partire dall’era Monti hanno lasciato – oltre alla pressione fiscale in certi settori più che triplicata ­– un profondo senso di arreso disinteresse. E poi ci sono i battaglieri, quelli che invocano un nuovo corso, che con disciplina e buonsenso destrutturi le storture dell’ultimo periodo, e ristrutturi il malconcio edificio del nostro tessuto socio-politico.

In un’epoca, questa, dove spesso si dà la caccia ai fantasmi, dimenticando che il presente è adesso e che guardarsi sempre indietro giocando a freccette con la Storia non aiuta il futuro delle giovani generazioni, bisognerebbe forse che tutti improntassero la propria agenda politica attorno a una parola, semplice. Fare.

Quello di azione è peraltro un concetto che coinvolge tutte le forze in gioco, siano esse di Governo oppure di Opposizione. Infatti anche la critica può e deve essere sempre costruttiva, nonché volta a rimarcare in modo scientifico eventuali pecche ed errori contenuti nelle argomentazioni dell’interlocutore.

Perché ciò avvenga è però necessario che al fare si associ la pratica dell’ascolto. Un ascolto vero e non a orecchie tappate, un ascolto che esamini fatti e non opinioni, che sia in grado di vagliare criticamente le vicende del passato – tutte –, senza ideologiche prese di posizione per l’una o l’altra visione politica.

Al pensiero degli illustri Statisti che da ambo le parti hanno arricchito la nostra Cultura politica, stupisce come taluni abbiano oggi isterilito il dibattito a una vuota e insensata distinzione fra rossi e neri, fra personalismi che sono monadi ininfluenti nella vasta prateria dei problemi da affrontare.

La dialettica dovrebbe piuttosto scatenarsi sui temi concreti, sulle tasse da abbassare oppure da far lievitare ancora con un’altra patrimoniale, sul lavoro che si rilancia solo con investimenti duraturi e fruttuosi, sull’Istruzione che è il sale del futuro, immaginando di voler continuare a vivere in un mondo dove agli Insegnanti si deve il rispetto di chi inculca il senso della disciplina e del dovere.

Dovere: una parola caduta in disuso, perché sostituita dal ben più comodo vocabolo diritto. Nondimeno, il diritto senza dovere è un orpello svuotato di significato, perché rimuove quelle regole e quei paletti che – anche in Natura – sono alla base del vivere di una comunità.

Infatti pure gli animali nel branco vivono e operano all’interno di un territorio ben delimitato, che hanno il dovere di proteggere, rispettando così il diritto all’esistenza e all’espressione dei simili.

Il punto è che spesso si sbraita al posto di parlare, cercando, con il clamore vociante di chi non ha argomenti se non la confusione e lo scompiglio, di chiudere la bocca a chi propone di cambiare rotta. A volte, anche con bavagli dal dubbio tempismo.

Nondimeno, come insegnava sapientemente Platone, lo stare tra la gente aiuta a riscoprire quella ragione che si temeva fosse sparita, quel dovere impegnativo soffocato dal diritto d'ufficio: il dovere del buonsenso.

 

(Immagine in copertina tratta da Sinonimi - Contrari)

 

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Articolo pubblicato il 17/05/2019