Recenti studi lasciano intuire la possibilità di una ripresa della attività delle cellule cerebrali dopo episodi ischemici,oggi ritenuti irreversibili.

 

Qualunque causa determini un rallentato, o mancato, afflusso di ossigeno al cervello,o ipossia cerebrale, determina un'emergenza medica di estrema gravità, di cui sovente le cause sono note, soprattutto se questa si verifica a seguito di traumi diretti, secondari a cadute o traumatismi di altro genere . Quando l’ipossia cerebrale è dovuta ad un ictus o alte patologie correlate all’apparato cardio-vascolare,i sintomi possono manifestarsi più lentamente. Alcuni segnali di avvertimento che il vostro cervello è stato privato di ossigeno includono:sensazione di vertigine, cefalea acuta molto intensa e arrossamento del viso nel caso di repentini rialzi della pressione, graduale senso di confusione, fino alla comparsa di convulsioni e perdita di coscienza.

E’ universalmente accettato che il cervello non possa sopravvivere, se non che per un tempo brevissimo, quando viene privato dell’apporto di ossigeno garantito dalla normale circolazione sanguigna: se il flusso di sangue non viene garantito dal normale battito cardiaco o da qualunque altra causa ostruttiva, i neuroni cominciano a morire in maniera rapida ed irreversibile, evento drammatico che conduce a morte l’individuo. La degenerazione dei neuroni è un processo veloce ed è attualmente ritenuto irreversibile, eppure recenti studi portano a pensare che tale processo non sia così irreparabile come  si è ritenuto fino ad ora.

Vi infatti alcune scoperte che sembrerebbero indirizzare verso nuovi orientamenti: alcuni ricercatori avrebbero infatti ottenuto riscontri positivi e sorprendenti studiando l’attività cerebrale in cervelli di maiali, allevati per uso alimentare e decapitati quattro ore prima: l’attività dei neuroni cerebrali  sarebbe infatti stata ripristinata in seguito al loro intervento con metodiche fino ad ora mai utilizzate. Un esperimento pubblicato sulla rivista “Nature” che, oltre alla sorpresa suscitata negli sperimentatori, solleva importanti questioni etiche, indurrebbe a pensare che, in linea teorica, sarebbe possibile resuscitare le cellule neuronali dalla morte cerebrale, anche se si è ancora lontani dal poterlo affermare con scientifica certezza.

Sono stati riscontrati segni che la privazione di ossigeno non uccide necessariamente i neuroni così rapidamente come spesso si presume e  più di un ricercatore afferma che, quando ha iniziato a studiare l'attività cerebrale negli animali da laboratorio, era opinione comune che le cellule neuronali, dopo pochi secondi di privazione dell’ossigeno, subivano danni irreversibili, ma il team di Sestan "ha dimostrato che le cellule sono ancora intatte non solo pochi minuti dopo, ma addirittura qualche ora dopo.

Al momento Nenad Sestan uno degli autori dello studio, Professore di Neuroscienze, di Medicina Comparata, di Genetica e di Psichiatria presso la Yale University, si limita ad affermare che questa ricerca mostra che "la capacità del cervello di ripristinare le cellule è stata sottovalutata", anche se le sperimentazioni non hanno ancora  identificato nel cervello studiato "una attività elettrica che sia  indice  di fenomeni di coscienza o di percezione". Ancora, per meglio chiarire quanto afferma, aggiunge:" Non si può parlare di  cervelli viventi, ma di cervelli con cellule attive".

In particolare il team ha utilizzato 32 cervelli di maiale destinati all’uso alimentare, recuperati da un macello, li ha posti in involucri sferici, ponendoli in infusione con sostanze nutritive e prodotti chimici protettivi, utilizzando pompe che imitano i battiti di un cuore. Questo sistema, chiamato BrainEx, ha fatto si che venisse preservata l'architettura complessiva dei cervelli, impedendone il degrado e venisse  ripristinato il flusso nei vasi sanguigni, che sono nuovamente tornati sensibili all’azione dilatatrice dei farmaci. Questo procedimento ha impedito a molti neuroni e altre cellule nervose di morire, ripristinando la loro capacità di consumare zucchero e ossigeno.

In alcuni racconti di fantascienza si parla di cervelli avulsi dal corpo, mantenuti in condizioni tali da poter essere perfettamente coscienti e  funzionanti. Nella sperimentazione fin qui effettuata, anche se i singoli neuroni davano segni di attività elettrica, manca l’azione coordinata a livello cerebrale, quella che, globalmente, è indice della percezione, della sensibilità e della coscienza.

I risultati sono dunque stati sorprendenti, dimostrando una visione innovativa e rivoluzionaria di danni che, almeno fino ad ora, sono stati considerati irreparabili: in base alle considerazioni ricavabili da quanto fino ad ora dimostrato, è possibile che, in seguito alla conservazione delle funzioni circolatorie, sia ipotizzabile  il ripristino di segnali elettrici o chimici nell'area di contatto tra i neuroni, ovvero dell'attività sinaptica.

Secondo i ricercatori, questo potrebbe aiutare a comprendere meglio il cervello studiandolo post mortem prima che si degradi. Potrebbe anche spianare la strada a tecniche future per preservarla dopo un infarto, ad esempio. In un modo ancora più lontano, questo potrebbe, teoricamente, far risorgere un cervello morto, anche se, per il momento, la strada appena imboccata, rimane  ancora lunga ed impervia da percorrere,pr lasciando intuire la possibile risoluzione di problemi fino ad oggi ritenuti senza soluzione.

 

 

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http://www.kavlifoundation.org/researchers/nenad-sestan

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Articolo pubblicato il 20/05/2019