Di Maio come Diogene

Non cerca l’uomo, ma cerca in Europa qualche alleato contro cui poi schierare i suoi grillini, come è sua abitudine

Luigi Di Maio, capo della banda, o movimento, o partito dei cinque stelle, si aggira per Bruxelles in cerca di una forza politica con la quale allearsi nel parlamento europeo.

 

Ma non è facile che trovi qualcuno disposto a dargli retta, in considerazione del comportamento infido, messo in atto in Italia,  in collaborazione con il suo reggicoda Giuseppe Conte. Con il quale, da mesi, non perde occasione per umiliare gli alleati della Lega, anche se con loro ha stipulato un contratto che gli ha permesso di andare al governo.

 

Lo ha fatto nei giorni scorsi, quando vantando una superiorità morale del suo movimento, pari o superiore a quella sventolata dal P.C.I.  per la persona di Berlinguer (anche se era lui che aveva invitato le masse in tumulto ad occupare ed a distruggere la FIAT), ha preteso di cacciare dal governo un esponente della Lega, il sottosegretario Armando Siri.

 

Il quale era stato raggiunto da un semplice avviso di garanzia per una supposta corruzione, mentre avvisi di garanzia ben più pesanti sono stati ricevuti dalle sindache grilline di Roma e di Torino. Una di loro, Chiara Appendino, sindaca di Torino, era stata addirittura non solo indagata, ma rinviata a giudizio per un concorso di colpa per la morte di due donne, nel corso di una manifestazione da lei organizzata in modo precario.

 

Ma le due sindache grilline sono rimaste al loro posto.

 

A Bruxelles il Di Maio sta cercando, attraverso l’alleanza con qualche formazione di cani senza collare, di replicare la stessa manovra che in Italia ha avuto successo e lo ha portato al governo. Ma lassù hanno imparato benissimo che il capo dei grillini non ha nessuna voglia di stipulare contratti che non siano di suo esclusivo vantaggio e sia incapace per sua natura di onorare gli impegni stipulati con i partner.

Infatti la banda dei 5stelle ha dimostrato in più occasioni di non avere remore ad agire anche contro gli alleati che con loro hanno sottoscritto il contratto e di porsi con questi in una posizione di fiera opposizione.

Come nel caso recente di quella bieca insegnante sicula, sospesa dalla scuola perché aveva approvato un lavoro con cui alcuni allievi, avevano equiparato le leggi sulla sicurezza, emanate dal nostro ministro dell’interno, alle leggi Hitleriane che avevano ordinato i noti campi di concentramento tedeschi.

 

Subito, alcune parlamentari dimaioline si sono scagliate, come delle vere erinni, contro il ministro Salvini ed in difesa dell’indegna insegnante, chiedendone la riammissione nella scuola. Senza curarsi e riflettere sul fatto che il decreto sicurezza era stato firmato anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, conterraneo della donnetta sovversiva.

 

Un altro chiaro esempio della tecnica adottata dai grillini per indebolire e contrastare l’alleato di governo lo ha fornito di recente la lungocrinita sindaca di Torino. La Appendino, in occasione del Salone del libro (detto dei bellaciao), si è avvalsa della riesumazione della censura, applicata come ai tempi del ventennio, ma a parti invertite, per escludere dalla esposizione un libro intervista del ministro Salvini.

 

In manifesta obbedienza al suo sodale di sempre, il compagno Chiamparino, e con la risibile scusa che il libro intervista era stato stampato da un editore di destra.

 

Sono comportamenti che non solo possono passare inosservati in Europa, ma che condannano il Di Maio a divenire un buon interprete del ruolo che nella storia è stato recitato dal Gano di Magonza o dal Graiano d’Ast della “disfida di Barletta”.  

 

(immagini RepLa Repubblica - ansa.it - TPI - Il Libraio - Agenpress)

 

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Articolo pubblicato il 22/05/2019