Piazza Tienanmen 30 anni dopo: il silenzio assordante e il vuoto di memoria.

Se il'68 ha il suo slogan in «Vogliamo tutto! Chiediamo l'impossibile», a Pechino nell'aprile 1989 lo slogan è più basso: «Chiediamo qualcosa, per esempio il diritto di parola». Evidentemente era troppo. Tra il 3 e il 4 giugno 1989, negli stessi giorni in cui in Europa si vota per il nuovo Parlamento europeo (in un tempo in cui l'Europa è ancora un sogno per molti) a Pechino finisce il sogno.

 

Di quei giorni ci resta una delle foto più famose del '900 (quella dell'uomo fermo di fronte al carro armato) e qualche documento scritto, non molto di più. Alcuni di quei documenti, si trovano nella Fondazione Giangiacomo Feltrinelli a Milano. Sono testi, volantini, giornali murali, disegni che in quelle settimane girarono in quella piazza. Pochi documenti che rappresentano l'unica possibilità, in assenza di voci testimoniali raccolte allora, di dire che quella piazza è esistita per davvero, che non fu una bufala.

 

Perché la più grande beffa della storia successiva a quegli eventi è proprio il silenzio che a quegli eventi è poi seguìto, eccetto rare voci, per esempio quella di Zhu Xiao-Mei. Un silenzio che c'è là, ma anche qua. Un fatto che da allora si è ripetuto molte volte, per molti scenari di terrore o di violenza (Turchia, tanto per dirne uno che ci riguarda da vicino).

 

Diciannove anni dopo, l'8 agosto 2008, all'apertura dei Giochi olimpici, la Cina mostra al mondo molte cose di sé: soprattutto esalta il passato imperiale e omette molto del suo presente e del suo passato prossimo. In quella sceneggiatura Piazza Tienanmen non può avere spazio. Nessuno tra i molti presenti sottolinea quel “vuoto di memoria”.

 

Trenta anni dopo (l'ultima volta che si è data la piazza in Cina) forse siamo solo noi di qua (a dire il vero, pochi anche qua) a ricordare quelle scene, quando tutto il mondo pensava che anche lì in quella piazza si aprisse un percorso, simile a quello di altre piazze. A Pechino la scena fu completamente opposta.

Ci piacerebbe poter dire che fu l'ultima volta del terrore. All'inizio degli anni 90 qualcuno lo ha pensato.

 

Ma trenta anni dopo, oggi, nel silenzio assordante che accompagna questo anniversario di cui nessuno parla, l'oblio di quella scena indica che se il 9 novembre 1989, con il crollo del Muro, si è aperto un ciclo, contemporaneamente se ne è aperto un altro, il 4 giugno dello stesso anno, che andava in direzione contraria e che chiedeva ordine. Per quello non c'è una data memoriale, nel nostro calendario civile.

 

ilsole24ore.com

 

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Articolo pubblicato il 03/06/2019