Notevole successo del libro di Riccardo Marchina "Lo squalo delle rotaie": interessante l'analogia fra le periferie di Torino con quelle di Marsiglia

La stagione estiva, complice la crisi, appare ben diversa da alcuni anni orsono, con le città sempre vuote, una situazione che riporta alla ribalta la tematica delle periferie cittadine ed i suoi scugnizzi che vivono  in barriera, dove trascorrono le loro giornate oziando in preda alla noia che li porta a compiere giochi tanto inutili quanto pericolosi, come il percorrere lunghi tratti di ferrovia camminando sui binari. E’ l’angoscia quotidiana che costringe giovani ragazzi a inventarsi ogni giorno qualcosa di nuovo per superare gli ostacoli contro cui si sentono impotenti a lottare, nella vana ricerca di un varco in cui infilarsi, sperando di riuscire a sfuggire a quella vita insulsa con la speranza di condizioni di vita normali.

E' quanto si legge nell'ultimo romanzo di Riccardo Marchina, "Lo squalo delle rotaie", edito da Neos ed ambientato a Torino, in Borgo Vittoria, i cui protagonisti si muovono nel capoluogo piemontese e che, a sei mesi dall’uscita, si è dimostrato un notevole successo editoriale, esaurito in breve tempo, tanto da dover essere riproposto al pubblico con una nuova ristampa.  La ragione di tanto successo è da ricercare, non solo nella tematica affrontata, ma anche l’attenzione dedicata ad un’altra città con periferie problematiche: Marsiglia.

Il romanzo racconta di giovani alle prese con le difficoltà della vita di periferia, scandita dai pericoli e dai sogni di redenzione. Il protagonista, Bryan, ragazzo italiano, al nome che mette in evidenza la volontà di fuga e un pizzico di eccentricità, tipica della barriera, si ritroverà a fare i conti con un’altra periferia, una delle più discusse d’Europa.

Perché hai deciso di portare i tuoi personaggi altrove?

In parte perché tutto ruota attorno ai treni e alla ferrovia. Molte vicende sono circoscritte a un solo quartiere di Torino, in un certo momento, ho quindi sentito l’esigenza di cambiare completamente ambiente, di dare più respiro ai miei personaggi.

Perchè in una città di mare?

La voglia di mare alberga in ogni torinese e non solo in questa stagione… Si dice che i torinesi, immaginino il mare ogni volta che si affacciano sul Po o sulla Dora. Per me è sempre stato così. Da bambino, quando passavo con mia madre sul ponte di corso Regina, immaginavo di vivere in una città di mare.

E poi?

Poi, al mare cambia la prospettiva un po’ in tutto. Si bestemmia persino in modo diverso. Nell’entro terra si fa riferimento alla campagna, si accosta il sacro agli animali da cortile o da stalla. Al mare, questo genere di abbinamenti hanno a che fare con la sfera sessuale, probabilmente perché storicamente dove ci sono i marinai c’è sempre stata anche la prostituzione.

Perché proprio Marsiglia?

Volevo che la mia storia avesse un respiro, più che europeo, mediterraneo.

In che senso?

Oggi si parla molto di Europa, ma culturalmente apparteniamo di più alle civiltà che si sono sviluppate attorno a questo mare. Marsiglia è uno degli accessi principali ed è una sintesi, una somma di queste civiltà.

Qui il protagonista incontrerà una ragazza di origini algerine…

Non è solo una questione di immigrazione, magari come per altri personaggi secondari che incontriamo a Torino. Gli arabi appartengono a questa cultura mediterranea. In parte, se vogliamo, hanno molte più affinità con noi che con gli svedesi.

Ad esempio?

Vedi il senso per la famiglia, il poco rispetto verso gli orari, o il senso della pulizia, importante soprattutto dentro le mura domestiche, gli spazi privati. Prevale uno scaso rispetto verso le istituzioni. Il mio Bryan abbraccerà questi atteggiamenti, soprattutto un certo genere di musica.

Ti è stato detto che tra le tue pagine, c’è un po’ di Jean Claude Izzo, ma la sua Marsiglia è diversa…

Izzo è stato un grande. Irraggiungibile. La sua trilogia è dedicata a una Marsiglia anni Ottanta, quella degli zingari e della malavita della bande, in prevalenza locali: italiane, corse. La mia Marsiglia è soprattutto quella degli immigrati africani. Le periferie sono malavitose, ma le bande sono meno organizzate di una volta. Sono più spietate, ma anche con meno mezzi.

Conosci bene Marsiglia, per raccontarla così…

Ci sono stato, ma non troppe volte. A monte, c’è un grande lavoro di documentazione. Ho fatto ricerche sui giornali locali, ho letto libri e, ne ho parlato, soltanto quando l’ho sentita mia.

E i muri?

Già i muri… A Marsiglia, la cronaca è scritta con slogan sui muri delle strade, come capita un po’ in tutte le metropoli. Ma a Marsiglia di più.

 

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Articolo pubblicato il 11/07/2019