il caso dei due marò: a che punto siamo

Una vicenda giudiziaria si è trasformata in un enorme caso politico e diplomatico.

È iniziato tutto nel febbraio 2012 al largo delle coste del Kerala, in India, quando Ajeesh Pink e Valentine Jelastine, due pescatori a bordo di una piccola imbarcazione, sono morti per ferite d’arma da fuoco.

Secondo le autorità indiane, a sparare con dei fucili automatici sarebbero stati Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, due dei sei fucilieri di marina italiani (i ‘marò’) a bordo della petroliera italiana Enrica Lexie con l’incarico di proteggerla.

Da lì ha avuto inizio un’odissea di eventi politici, giudiziari e diplomatici che non è ancora terminata e che soprattutto si concluderà con una sentenza. Ma Italia e India non erano d’accordo su chi dovesse processare i due fucilieri, per questo, sulla scorta della Convenzione Onu sul diritto marittimo, l’Italia ha scelto di rivolgersi nel 2015 al Tribunale internazionale dell’Aja, in Olanda, per un arbitrato.

Ieri, lunedì 8 luglio, è iniziata proprio all’Aja l’ultima udienza del procedimento che deciderà a chi spetta la giurisdizione sul caso, in cui i legali di Italia e India espongono le loro ragioni. Si dibatterà, a porte chiuse, fino al 20 luglio. La corte avrà poi 180 giorni di tempo per emettere il verdetto che stabilirà, una volta per tutte, chi dovrà processare Latorre e Girone.

Secondo l’Italia, nelle parole dell’ambasciatore Francesco Azzarello, ai due militari dovrebbe essere riconosciuta “l’immunità” in quanto “funzionari dello Stato italiano” che operavano “su una nave italiana e in acque internazionali”. Inoltre, Azzarello ha sollevato parecchi dubbi sulla correttezza e la terzietà dell’amministrazione indiana della giustizia in questo caso: “Agli occhi dell’India non c’è presunzione di innocenza: i marò erano colpevoli di omicidio ancora prima che le accuse fossero formulate. Sono state inventate speciali procedure, in violazione della stessa Costituzione indiana”.

L’India, ovviamente, la vede diversamente. Il rappresentante di Delhi Balasubramanian, ha detto in aula: “Due esseri umani a bordo di una barca indiana sono stati uccisi da individui che erano su una nave commerciale“, aggiungendo poi che l’Italia “ha infranto la sovranità indiana nella sua zona economica esclusiva”.

L’udienza dell’Aja è solo l’ultima tappa della lunga controversia tra le autorità indiane e quelle italiane. In attesa della decisione della corte internazionale, Massimiliano Latorre presta servizio a Roma, Salvatore Girone alla capitaneria di porto di Bari. Privati dei passaporti, hanno l’obbligo di firma e il divieto di lasciare l’Italia

Il verdetto del Tribunale internazionale non sarà l’ultimo ma sarà senza dubbio quello (finora) più importante. Perché è innegabile che la sorte dei due marò sarà diversa a seconda che il processo sia celebrato in Italia o in India.

Qualora ‘vincesse’ l’Italia, che è quella che ha fatto il ricorso all’Aja, i due fucilieri di marina saranno giudicati in sede civile e militare nel nostro Paese. E non è difficile ipotizzare che i procedimenti potrebbero anche essere archiviati per insufficienza di prove.

Tutto un altro discorso se la corte dovesse dare ragione all’India: per Girone e Latorre la prospettiva di una detenzione nel Paese asiatico non sarebbe remota.

C’è però una terza via, quella della diplomazia. Italia e India potrebbero infatti trovare un accordo che soddisfi tutte le parti in gioco. Operazione complessa, ma dopo momenti di tensione e rigidità, le relazioni tra Delhi e Roma sono tornate a essere buone. Gli scambi commerciali tra i due Paesi crescono e il ‘muro contro muro’ non sembra oggi piacere a nessuna delle due parti.

Fonte: Upday

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Articolo pubblicato il 09/07/2019