“L’Italia non è più italiana – Così i nuovi predoni ci stanno rubando il nostro Paese” di Mario Giordano

Un libro denuncia che evidenza il rischio concreto della colonizzazione del Paese

Leggere il libro “L’Italia non è più italiana – Così i nuovi predoni ci stanno rubando il nostro Paese” di Mario Giordano – Editore Mondadori – pag. 184 – gennaio 2019 - non costituisce una parentesi rilassante: anzi decisamente il contrario.

Infatti il contenuto, che si snoda in un elenco impressionante di “fatti-misfatti”, crea un senso di incredulità, di rabbia, di ribellione e nello stesso tempo un sentimento di astio profondo verso i troppi “responsabili” (o irresponsabili) della svendita umiliante dei gioielli industriali, dell’edilizia storica, della moda, ecc., del nostro Paese e di quello che inevitabilmente questo comporta  e che si riflette in modo devastante sulla collettività nazionale.

Uno scempio in quanto le strutture portanti del Paese continuano  ad essere alienate, svuotate di quella proprietà che garantiva l’identità e il destino futuro della Nazione.

Colpisce il fatto che l’elencazione dei beni alienati sembra non trovare una battuta d’arresto, creando la sensazione che questo processo sia irreversibile fino alla completa desertificazione delle attività produttive.

Nella finanza come nell’economia nulla avviene per caso, ma per situazioni che possono essere di necessità  o per pura opportunità. Pertanto le “alienazioni”, che seguono inesorabilmente queste logiche finanziarie, confermano anche la mancanza o l’inadeguatezza più che trentennale di una politica industriale dei governi che si sono succeduti in questo lungo periodo. Ma c’è di peggio: la dicotomia tra queste due realtà si accentua come un assurdo dialogo tra sordi.

In pratica ci troviamo in un Paese, dove i diversi attori economico-finanziari, industriali, sociali, culturali, ecc., si sono avvitati in un conflitto d’interessi che hanno perso la salvaguardia del denominatore comune, dove ognuno pensa esclusivamente al “si salvi chi può”, attenuando pesantemente ogni vincolo di solidarietà e di collaborazione, ponendo la basi per la definitiva instabilità e debolezza del Paese stesso.

La prospettiva non è certamente rassicurante, anzi resta a tinte fosche.

In fondo questo è il messaggio che il libro in questione vuole offrire.

A conferma di quanto sopra e per lasciare spazio ad ulteriori riflessioni è indispensabile prendere in considerazione la presentazione dell’Editore che riporto integralmente.

“… Ogni 48 ore un’azienda italiana cade in mani straniere. Alcuni casi finiscono sui giornali  e fanno discutere, ma la maggior parte scivola via nel silenzio. Così, nel silenzio, non abbiamo soltanto perso tutto il made in Italy, i grandi marchi della moda, le aziende alimentari, i settori strategici (dalla chimica alla siderurgia), i servizi e le banche: abbiamo perso il meglio delle nostre piccole aziende, quei gioielli di creatività spesso nati nei sottoscala di provincia e diventati leader mondiali nel loro settore.

Erano i nostri veri tesori. Ora non sono più nostri.

I nuovi proprietari stranieri non sono quasi mai dei padroni, piuttosto dei predoni.

Prendi il marchio e scappa. Prendi i contratti e scappa. Il risultato? L’Italia non è più italiana. E’ ciò che Mario Giordano ci svela nel suo esplosivo libro-inchiesta, ha già girato la Penisola strada per strada, ha visitato borghi e paesi, è entrato nelle fabbriche. E ha scoperto che i predoni stranieri non hanno conquistato solo la nostra economia: hanno conquistato l’intero nostro Paese.

Dal castello piemontese del 1200 comprato dalla setta americana della felicità al palazzo della Zecca gestito dai cinesi, dall’isola di Venezia in mano ai turchi ai vigneti della Toscana acquistati dalla multinazionale belga delle piattaforme petrolifere, passando per supermercati, botteghe storiche, alberghi di lusso, case, piazze, ospedali: l’Italia non è più italiana.

Persino la mafia vincente, ormai, è straniera. Da Cosa Nostra a Cosa Loro: le cosche nigeriane, sconfitta la camorra dei casalesi a Castel Volturno, si sono estese da Torino alla Sicilia, dove potrebbero scatenare una nuova guerra per il controllo del territorio.

E, intanto, si afferma la Cupola cinese. Ormai non siamo nemmeno più padrini a casa nostra.

Dilaga la cucina etnica, ma ci sono 250 cibi italiani a rischio (e nessuno li difende). Dilagano i termini inglesi, ma la nostra lingua rischia di scomparire (e i parlamentari sono i primi a dare alle leggi nomi stranieri).

Persino gli insetti alieni minacciano il nostro Paese, come denuncia un rapporto allarmato dell’Ispra (anch’esso assai poco considerato). E, soprattutto, si stanno estinguendo gli italiani: sempre meno nascite, sempre più fughe all’estero. Una ogni 5 minuti.

Secondo l’opinione corrente l’apertura internazionale e gli scambi sono un bene a prescindere. Ma è sempre vero? Le decisioni strategiche sul nostro futuro, oggi, vengono prese in asettici uffici del North Carolina o di Shanghai, da persone che non hanno mai visto un’officina, che non hanno alcuna relazione con la nostra terra e la nostra storia.

E questo è un pericolo per il nostro Paese, come hanno denunciato anche i servizi segreti, nella loro relazione al Parlamento italiano.

Un grido di dolore rimasto, incredibilmente, inascoltato. E che tutti invece dovrebbero ascoltare, per evitare di risvegliarsi presto in un’Italia che non c’è più…”

La denuncia è lapidaria e nello stesso drammatica e questo potrebbe essere l’ultimo allarme che la collettività dovrebbe responsabilmente recepire per non naufragare, senza reagire, con il Paese.

Pertanto è scontato che il libro è da consigliare a tutti i lettori, quali cittadini che hanno il dovere e la responsabilità di conoscere una situazione molto compromessa, al fine di diventare attori non passivi, ma partecipi al riscatto sociale ed economico della collettività nazionale.

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Articolo pubblicato il 21/07/2019