Le forze dell’ordine nel mirino del coltello. Le regole di ingaggio

Le aggressioni alle forze dell’ordine, chi protegge il cittadino? Fatti e considerazioni.

L’assassinio di Mario Cerciello Rega, il carabiniere accoltellato a Roma da due balordi studenti americani, si poteva evitare? Da più parti si punta il dito verso le blande regole di ingaggio, alle quali sono stati obbligati da tempo i nostri militari. Regole morbide che non sono in grado di garantire la sicurezza degli agenti.

Probabilmente, il giovane vicebrigadiere sarebbe ancora vivo se i due agenti di pattuglia avessero avuto il giubbotto antiproiettile e in dotazione, il taser, la pistola elettrica che stordisce senza uccidere. Certe situazioni in cui poliziotti e carabinieri si trovano in difficoltà si sono fatte sempre più frequenti e i militari hanno bisogno di un regolamento più adeguato che non può attendere.

A Torino, in barriera  di Milano, venerdì 26, una pattuglia di agenti che intendeva identificare un nigeriano è stata circondata da un aggressivo gruppo di extracomunitari africani. La situazione si è fatta difficile e a difesa degli agenti sono intervenuti un collega fuori servizio e una coppia di cittadini armata di spray al peperoncino, blanda risorsa, ma decisiva per aiutare i poliziotti in difficoltà. Occorre altro.

Non è sufficiente che alcune voci politiche, come quella dell’assessore alla sicurezza della regione Piemonte, Fabrizio Ricca, si levino chiamando in causa quel “pugno duro” che non è attuabile senza chiare regole di ingaggio. “Tolleranza zero” è un modo di dire abusato, ma che richiede anche l’accettazione di ogni cittadino. Infatti, sui social network alcuni immancabili idioti già gioiscono per i gravi fatti. Pericolosi megafoni di estremismo che possono amplificare vecchi sentimenti ideologici mai così fuori luogo come in questo momento storico.

In breve tempo, molte abitudini di un modo di vivere italiano, sempre più mollemente adagiato su se stesso, sono andate perdendosi. L’inserimento nel tessuto sociale di etnie segnate all’origine da storie di sopravvivenza, spesso atroci e violente, richiede un cambio di passo nelle tecniche di prevenzione, al di là di ogni preconcetto. Non è un segreto che la gente abbia paura di uscire per le strade in molti quartieri di piccoli centri e grandi città. Le forze dell’ordine hanno le mani legate e la giustizia è lenta.

La cronaca nera è sempre più interessata da fatti di nuova violenza spesso impunita. Chi predica a gran voce il bello dell’integrazione multietnica, dovrebbe studiare il fenomeno nella sua globalità. Se così è, richiede tempo e non tutto è destinato a svolgersi con graduale, reciproco rispetto, anzi, un’arroganza pericolosa, impaziente e intollerante, si fa sempre più strada da parte di chi ha trovato comunque: cibo, vestiti, casa.

Troppo d’altro ci sarebbe da considerare, ma restando in temi di sicurezza, se il nostro popolo non vuol perdere la propria identità, anche le forze dell’ordine devono essere in grado di svolgere il loro ruolo senza rischiare la pelle. Essere fermati è lecito, chi non ha niente da nascondere non deve temerne il modo. Pare invece che tutto ciò chieda tempo per essere deciso, forse per non dispiacere a chi si arricchisce seduto più in alto e anche altrove?

Ai piani bassi invece, sono sempre i cittadini a pagar pegno senza tornaconto. C’è molto da riorganizzare in questo bel Paese delle sette beghe sempre pronto a far male a se stesso & a farsi far male.

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Articolo pubblicato il 28/07/2019