Mondovė (CN) La Sonata Romantica per violoncello
Giovanni Doria Miglietta

il brillante concerto del duo Curtoni-Miglietta all’insegna del Romanticismo.

Sabato 3 agosto alle ore 21 il Festival dei Saraceni si trasferisce nella Sala Ghislieri di Mondovì per il brillante concerto del violoncellista Lamberto Curtoni e del pianista Giovanni Doria Miglietta, che abbinerà alle opere di due colossi della musica come Ludwig van Beethoven e Robert Schumann i lavori poco noti – ma non per questo meno interessanti, anzi – di due valorosi comprimari come Adrien-François Servais e Alfredo Piatti.

 

Oltre alle opere scritte nel corso del XVII secolo da un gruppo di compositori bolognesi come Giulio Cesare Arresti e Giovanni Battista degli Antonii, il violoncello iniziò a segnalarsi in veste solistica nei primi decenni del secolo successivo, soprattutto grazie alla straordinaria prolificità di Antonio Vivaldi, che gli dedicò ben 27 concerti e dieci sonate con basso continuo e lo inserì come solista in molte altre opere, tra cui cinque celebri concerti dell’Estro armonico op. 3.

 

Questa scelta si poneva in netto contrasto con gli innumerevoli autori che in precedenza avevano l’abitudine di scegliere come solista un “soprano”, ossia uno strumento dal registro acuto come il violino, il flauto o il cornetto, che – con il loro timbro chiaro e brillante e una tecnica che favoriva i passaggi virtuosistici – sembravano fatti apposta per conquistare il favore del pubblico.

 

In altre parole, ravvisando nel violoncello il timbro caldo e vellutato di una voce baritonale, il Prete Rosso spalancò a questo strumento prospettive fino a quel momento quasi inimmaginabili, consentendogli di emanciparsi una volta per tutte dal limitante ruolo di componente del basso continuo. Qualche decennio più tardi, queste vera opera di apostolato venne portata avanti dal lucchese Luigi Boccherini, che con le sue opere al tempo stesso brillanti e molto originali diede un contributo determinante alla definitiva consacrazione del violoncello.

 

Nel 1805, anno della scomparsa di Boccherini, il violoncello era ormai diventato uno degli strumenti più apprezzati nei salotti nobiliari e un ospite molto gradito nelle grandi sale da concerto. Il programma di questo concerto presenta quattro opere dalle caratteristiche molto diverse, che rappresentano in maniera assai vivida il repertorio per violoncello e pianoforte fiorito nel corso del XIX secolo.

 

La prima opera in programma a essere composta è la Sonata in sol minore op. 5 n. 2 di Beethoven, uno dei capolavori più significativi della prima fase della parabola creativa del Titano di Bonn. Non solo – con la Sonata gemella in fa maggiore op. 5 n. 1 – si tratta della prima opera per due strumenti scritta da Beethoven, ma è anche una delle prime sonate della storia della musica in cui il violoncello e il pianoforte intessono un dialogo su un piano di sostanziale parità, un’impresa a cui molti altri autori avevano rinunciato anche a causa del fatto che il timbro del violoncello tende spesso a venire coperto da quello del pianoforte.

 

Sotto il profilo strutturale, questa sonata è suddivisa in tre ampi movimenti (più precisamente, un tempo di sonata seguito da un rondò), ossia un Adagio sostenuto intriso di una profonda intensità, che si colloca a una distanza siderale dalle leziose svenevolezze del rococò che negli ultimi anni del Settecento era ancora in gran voga in molti salotti viennesi, un Allegro molto dal carattere più leggero e venato da una attraente cantabilità e infine un Rondò prevedibilmente brillante, che vede il violoncello mettere più volte in mostra le proprie doti virtuosistiche.

 

Quasi come un miracolo, il 14 febbraio del 1849 – anno che in seguito sarebbe stato funestato dagli scontri tra manifestanti ed esercito nelle strade di Lipsia e del progressivo aggravarsi delle condizioni di salute dell’autore – Robert Schumann compose nello spazio di pochissime ore l’Adagio e Allegro in la bemolle maggiore op. 70, un’opera di mirabile fattura concepita in origine per l’insolito organico formato dal pianoforte e dall’allora nuovissimo corno a tre pistoni, ma che nel frontespizio dell’edizione pubblicata l’agosto successivo da Kistner dava la possibilità di sostituire allo strumento a fiato il violino, l’oboe o il violoncello.

 

Il timbro morbido e nobilissimo di quest’ultimo strumento esalta al massimo grado la meravigliosa cantabilità dell’Adagio, il cui lunghissimo arco melodico può essere visto come uno dei principali manifesti del Romanticismo. Anche nel successivo Allegro il violoncello dimostra di essere perfettamente indicato sotto l’aspetto timbrico, un fatto che contribuisce a rendere quest’opera uno dei principali capisaldi della letteratura romantica per violoncello.

 

Accanto a questi due colossi del Romanticismo, questo concerto propone le opere di due compositori finiti da tempo ai margini del repertorio e ormai conosciuti quasi esclusivamente dai violoncellisti, il bergamasco Alfredo Piatti e Adrien-François Servais, quest’ultimo di nazionalità belga, ma nato nella città tedesca di Halle, dove 122 anni prima aveva visto la luce Georg Friedrich Händel. Grazie alle loro funamboliche doti virtuosistiche entrambi furono definiti – per la verità con ben scarsa fantasia – “il Paganini del violoncello”, Piatti da Franz Liszt e Servais da Hector Berlioz.

 

Al di là di questi titoli molto lusinghieri, che si riferiscono soprattutto al loro brillante stile esecutivo, Piatti e Servais si misero in luce presso i loro contemporanei con una serie di opere vivaci e molto gradevoli, ma che oggi ci appaiono con una patina sottilmente datata, quasi fossero eleganti oggetti vintage. Come facilmente prevedibile, il violoncello la fa quasi sempre da padrone, passando da spericolati passaggi di bravura a intense effusioni liriche, capaci di esprimere efficacemente il gusto per l’introversione pensosa che si affermò verso la fine del XIX secolo.

 

Se Servais – uno dei pionieri dell’uso del puntale – manifestò un maggiore interesse per i lavori dal sapore teatrale, come si può notare dalle sue numerose parafrasi sui temi delle opere più famose del suo tempo, Piatti si concentrò soprattutto sui sentimenti e sulle pulsioni dell’anima, come ebbe a sottolineare un anonimo critico coevo, che ne definì lo stile sobrio e severo, affermando che «si può dire che scolpisce e tornisce la cantilena italiana, simulando coi gemiti della corda i sospiri dell’Anima».

 Quindi, due compositori simili ma profondamente diversi, che nel loro insieme definiscono molto bene gli elementi della poetica tardo romantica.

 

 

IL PROGRAMMA

 

Robert Schumann (1810-1856)

Adagio e Allegro in la bemolle maggiore per violoncello e pianoforte op. 70

 

Ludwig van Beethoven (1770-1827)

Sonata in sol minore per violoncello e pianoforte op. 5 n. 2

Adagio sostenuto ed espressivo – Allegro molto, più tosto presto – Rondò: Allegro

 

Alfredo Piatti (1822-1901)

Sonata idillica in sol maggiore per violoncello e pianoforte op. 31

Allegro assai moderato – Vivo e agitato – Allegro ma tranquillo

 

Adrien-François Servais (1807-1866)

Duo sur des motifs de l’opéra La traviata

 

 

GLI INTERPRETI

 

Lamberto Curtoni, violoncello

Giovanni Doria Miglietta, pianoforte

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Articolo pubblicato il 03/08/2019