L’EDITORIALE della DOMENICA di CIVICO20NEWS – Enrico S. Laterza : Aragoste a Ferragosto

Come riempiamo il vuoto della vacanza?

Vacanza vuol dire vuoto. Etimologicamente.

Può essere quello che lasciamo a casa e sul posto-di-lavoro – per i pochi fortunati che ne hanno uno stabile e remunerato –, quando ci rechiamo ad “usufruire” delle agognate ferie agostane, di pavesiana memoria, o d’altro mese estivo (secoli fa, nell’Era Industriale, Torino si desertificava a causa dell’“esodo Fiat”, che tempi!).

Oppure quello della mente.

E, in questo caso, ne esistono di due specie: esser “senza pensieri” (spensierati), illusoriamente ma beneficamente lontani e liberi per qualche giorno dallo stillicidio di preoccupazioni, scocciature e psicodrammi tragicomici della stressante quotidianità urbana (il “logorio della vita moderna”, recitava Calindri in un antico carosello televisivo – da non imitare –, rimasto proverbiale), o avere il nulla in testa.

Nella seconda opzione, diventa interessante o preoccupante come si cerchi di riempirlo.

C’è chi, abbastanza danaroso, raggiunge le suggestive mete esotiche à la page, spesso per immergersi in meditazioni radical chic (o choc), tra santoni fasulli e genuini disgraziati che mendicano ai loro piedi.

C’è chi – che sfig…urati! – si diletta ad ammirare e fotografare (o, meglio, anzi peggio, selfarsi con) i vip vari, veri o presunti, che dantescamente salgono e scendono, giusto per farsi guardare ed invidiare, dalle salate scalette dei lussuosi yacht esentasse (perché battenti l’elusiva bandiera panamense, fiscalmente paradisiaca), ormeggiati a Portorotondo o Montecarlo.

Poi c’è chi – la massa all’ammasso – si rosola sulla spiaggia sino ad arrossarsi in tintarella aragosta (tipicamente, i turisti teutonici – e non solo –); mi accorgo che siamo quasi tutti lì, annoiati, stupiti e stupidi, col capo chino sul dannato intelligente (lui sì!) smartphone (“piegati col collo e schiavetti del cellulare”, per parafrasare l'invettiva sallustiana, attualizzandola), a postare, invece di sperimentare e goderci, ogni insignificante momento della nostra inutilità. Scatti digitali e scottature epidermiche a parte, una volta rientrati dalla villeggiatura, se non ce lo ricordasse il conto-in-banca alleggerito, sembra di non essere mai stati via. Magari al ritorno il mio aereo precipiterà. (Sulla lapide, per favore, scrivete “ERA ORA”.)

Insomma, c’è chi s’assiepa in non-luoghi turistici ultraffollati e chiassosissimi, con concerto di rooombi di moto-d’acqua e droni – o su quei famigerati megacondomini galleggianti delle balene-da-crociera che speronano i moli della fragile Laguna di Venezia –, nonché nelle folli serate in iperamplificate discoteche da sballo, per sentirsi costantemente in città. Al risveglio, un tuffo in piscina direttamente dal balcone della camera!...

C’è chi, per eccitarsi o stordirsi, esce di notte dall’albergo a procurarsi la “roba”, cocaina o tachipirina. E accoltella a morte un uomo.

In ultimo, c’è chi non c’è più e ci mancherà per sempre.

 

Enrico S. Laterza

 

L'immagine (con rispettivi crediti, in osservanza dell'utilizzo appropriato / fair use):

Luigi Ghirri, Cervia, 1989 (serie "Paesaggio italiano", 1980-1992), fotocolor (*)

© Archivio L. Ghirri / Biblioteca Panizzi / Phos

(cfr. didascalia interna alla foto)

(*) nota: le due aragoste che compaiono in basso sulla destra ovviamente sono state aggiunte

in sovrinmpressione alla stampa dello scatto originale, profanandolo (che l'autore, di Lassù, ci perdoni!)

(iconomontaggio e elaborazione grafica èlater)

 

 

 

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Articolo pubblicato il 11/08/2019