L'assenteismo nella Pubblica Amministrazione: un malcostume che ha contagiato il Paese e che continua a crescere incontrastato
Assenteismo nella P. A. : i furbetti del cartellino

Un fenomeno che ha precedenti storici già al tempo dell’Unità d'Italia

L’assenteista tradisce non solo lo Stato ma anche i colleghi che svolgono con scrupolo il proprio lavoro”, così si è espressa la Ministra Bongiorno in merito all’assenteismo nella Pubblica Amministrazione. Una lotta che si vuole combattere attraverso nuovi sistemi di verifica come i controlli biometrici, introdotti con la Legge 19 giugno n. 56 o D.d.L. Concretezza.

Si è arrivato a questi provvedimenti in quanto i dati delle assenze o della false presenze (timbro dei cartellini da parte di altri colleghi conniventi) ha raggiunto dimensioni insostenibili, che configurano un “sistema consuetudinario” intollerabile. Una vergogna nazionale.

Il decreto, promosso dal ministro Giulia Bongiorno, intitolato “Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo”, dopo le modifiche approvate dalla Camera dei deputati il 10 Aprile 2019, è stato approvato dal Senato in maniera definitiva con 135 voti a favore, 104 contrari e 3 astenuti ed è diventato operativo a partire dal 7 Luglio 2019.

Ora la vera scommessa è se le misure introdotte (sistemi di verifica biometrica dell’identità e di videosorveglianza, oltre a definire le relative procedure attuative) avranno modo di calare concretamente in quella realtà “inquinata”, tenacemente resistente a rinunciare ai comportamenti inqualificabili adottati fino ad ora.

I dubbi in merito sono molti, in quanto purtroppo viviamo nel Paese in cui l’aforisma del “fatta la legge, trovato l’inganno” è condiviso e apprezzato come un valore positivo di furbizia levantina.

Tuttavia il problema dell’assenteismo, come la storia conferma, ha origini lontane e lo si può far risalire già ai tempi dell’Unità d’Italia. L’anomalia incredibile è che questo “malcostume”, invece di esaurirsi nel tempo, come è avvenuto in tutti i Paesi che hanno avuto un’evoluzione civile, è cresciuto a dismisura contagiando l’intera nazione.

Una domanda viene d’obbligo: questo “malcostume” si manifesta in tutto il Paese, oppure ci sono evidenti concentrazioni in determinate aree d’Italia?

La risposta la offre in parte la C.G.I.A. di Mestre (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) con l’articolo di Daniele Piccinin (ofcs.report) del 28 luglio 2019, che riporto integralmente:

    PA, Italia a due velocità: quando l’assenteismo vince al Sud

Dossier CGIA Mestre: nella Pubblica Amministrazione un dipendente su       due è malato

I dipendenti pubblici in Italia “soffrono” di uno stato di salute molto più cagionevole rispetto ai colleghi del settore privato, nonostante vivano una situazione lavorativa certamente più stabile.

A fotografare una realtà tutta italiana è un rapporto della Cgia di Mestre che, incrociando i dati Inps con quelli del ministero della Pubblica Amministrazione, racconta un Paese, come spesso accade, a due velocità: con il privato che mira all’efficienza e alla produttività e il pubblico dove, oltre alla corruzione, si annidano i furbetti del cartellino o i “malati immaginari”.

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In base allo studio condotto emerge che le assenze per motivi di salute nel pubblico impiego registrate nel 2015 hanno interessato il 57% di tutti gli occupati (poco più? di un dipendente su due). Nel settore privato, invece, la quota si è fermata al 38% (più? di un dipendente su tre). La durata media annua dell’assenza per malattia dal luogo di lavoro è leggermente superiore nel privato (18,4 giorni) che nel pubblico (17,6 giorni)

Pur avendo lo stesso andamento in entrambi i settori, gli eventi di malattia per classe di durata presentano uno scostamento “sospetto” nel primo giorno di assenza. Se nel pubblico costituiscono il 25,7% delle assenze totali, nel privato si riducono di oltre la metà: 12,1%.

Altrettanto interessante è il risultato che emerge dall’elaborazione relativa agli eventi di malattia per Regione. Tra il 2012 (primo anno per il quale è possibile avere una rilevazione completa) e il 2015, in tutte le regioni d’Italia sono in aumento le assenze nel pubblico (dato medio nazionale pari a +11,9%), con punte che superano il 20% in Umbria e Molise. Nel privato, invece, in ben 9 realtà territoriali si registra un calo: in Calabria e in Sicilia addirittura del 6%. Nel periodo analizzato il dato medio nazionale è aumentato solo dello 0,4%.

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Dei 5 milioni di eventi di assenza registrati nel 2015 a livello nazionale nel pubblico impiego, il 62% circa è riconducibile ai dipendenti del Centro-Sud. La situazione, invece, si capovolge quando analizziamo i dati relativi al privato. Su quasi 9 milioni di assenze registrate nel 2015, il 57% circa è imputabile agli occupati del Nord Italia.

Per il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo, “è evidente che non abbiamo alcun elemento per affermare che dietro questi numeri si nascondano forme più? o meno velate di assenteismo. Tuttavia qualche sospetto c’è. Se in Calabria, ad esempio, tra il 2012 e il 2015 le assenze per malattia nel settore pubblico sono aumentate del 14,6%, mentre nel privato sono scese del 6,2%, è difficile sostenere che ciò? si sia verificato perché i dipendenti pubblici di quella regione sono più cagionevoli dei conterranei che lavorano nel privato”.

Quanto al capitolo dei provvedimenti disciplinari adottati nei confronti dei lavoratori del pubblico si nota un aumento tendenziale delle sospensioni dai luoghi di lavoro. Secondo i criteri del Dipartimento per la Funzione Pubblica due anni fa gli interessati sono stati 1.690, l’anno prima, ovvero nel 2014, 1.334. Sul fronte dei licenziamenti, invece, si nota che nel 2015 sono saliti a 280: 53 in più rispetto al 2014.

I dati sopra esposti parlano chiaro e il “fenomeno” ha raggiunto una soglia pericolosa e intollerabile, confermando la quasi impossibilità di tentare un’azione correttiva, se non attuando provvedimenti coercitivi che risulterebbero in contrasto con i vincoli costituzionali.

Sorprende che in queste realtà così degradate si risponda con una denuncia formale, inconsistente, che trasuda una rinuncia a priori (se non in certi casi di connivenza) da parte della Politica, dei Sindacati, succubi forse anche dell’invadenza forzosa della criminalità organizzata.

Prende corpo inevitabilmente la convinzione di un Paese che non ha ancora raggiunto quella coesione socio-culturale e funzionale dove i provvedimenti legislativi trovano il più delle volte una risposta incoerente e a macchia di leopardo, confermando nella sostanza una diversità d’intenti e di interessi contrapposti, con il risultato da far dubitare seriamente sulla possibilità di progettare un destino comune.

Pertanto si ripropone la sfida di sempre: dopo 158 anni di unità formale, di convivenza con la criminalità organizzata, che si presenta con le feroci e devastanti credenziali dell’antistato, si deve prendere atto che la Pubblica Amministrazione (con le dovute eccezioni) risente ancora di quella incorreggibile “patologia assenteista”, che la divide clamorosamente dall’impresa e dalla cultura dell’amministrazione privata.

Ma i “mali”, come l’esperienza insegna, hanno sempre dei pesanti precedenti  storici che, per motivi di opportunità politica, sono sempre stati confinati nell’oblio.

La conferma di quanto sopra affermato è offerta dall’episodio del volume "Accadde nel 1861 - Cronache, indiscrezioni e retroscena dell'Unità d'Italia" - Edizioni del Capricorno - La Stampa, che riporto integralmente. 

      Caccia agli assenteisti a Napoli – Accadeva il 18 giugno 1861

Il conte Ponza di San Martino, luogotenente di Re Vittorio Emanuele II a Napoli, ha deciso di stroncare di persona l’assenteismo negli uffici dell’ex capitale borbonica. Lo rende noto il quotidiano La Nazione, martedì 18 giugno 1861.

«IL Luogotenente», scrive, «vuole mostrare una giusta severità cogli impiegati che mancano al loro dovere».

Pertanto «molti della magistratura, dell’amministrazione civile, per varie mancanze e per non essersi portati alle loto destinazioni hanno perso l’impiego».

Il quotidiano racconta di «molti sopralluoghi fatti di persona dal San Martino, il quale se ne va soletto di qua e di là, nei caffè e in mezzo al basso popolo, del quale ama sentire le opinioni.

In tal modo ha potuto conoscere la verità di molte cose e dettare i rimedi opportuni». «Faranno mettere senno», nota il giornale, «a quegli fra gli impiegati che credono ancora essere nei beati tempi borbonici, in cui le alte protezioni, o il dispendio di qualche piccola somma per regali ai capi di ripartimento, bastavano per trasgredire impunemente al proprio ufficio».

Nell’occasione viene sottolineata anche la «soverchia lentezza nel disbrigo degli affari. Per ottenere una decisione, una risposta ad una domanda, un ordine di pagamento in Tesoreria ci vogliono settimane.

Quel che è certo è che tale tardanza pare eredità del governo borbonico che ad arte, per estorcere doni, era lentissimo nel compiere gli affari».

Ulteriori commenti in merito sarebbero inutili. Il lettore tuttavia ha a disposizione dei punti oggettivi di riferimento su cui riflettere e dai quali si auspica possa trarre una propria opinione su questo enorme “problema nazionale” che, se non trova una adeguata e urgente soluzione, continuerà a incrementare quel novero di “impedimenti paralizzanti”, che comprometteranno il futuro del Paese.

 

N. d. R. (da Wikipedia)

Alessandro Gustavo Giorgio Filippo Maria Ponza, conte di San Martino (Cuneo, 6 gennaio 1810Dronero, 9 giugno 1876), è stato un politico italiano, senatore del Regno d'Italia

Anche due suoi figli, Coriolano e Cesare Ponza di San Martino, sono stati senatori del Regno d'Italia.

Nacque a Cuneo, figlio del conte Cesare. Fu nominato intendente generale di Genova il 4 agosto 1848 e consigliere dello stato di Vittorio Emanuele II il 27 febbraio 1852. Presidente del consiglio provinciale di Cuneo, suo luogo di nascita, fu assunto come consigliere comunale di Torino dal 1857 al 1864 e dal 1866 al 1876.

Il 16 maggio 1861 fu nominato luogotenente del Re per le "provincie napoletane", in sostituzione del principe Eugenio di Savoia Carignano. Verrà sostituito a sua volta il 14 luglio dal generale Enrico Cialdini.

Nel maggio del '61 successe al principe di Carignano nella luogotenenza di Napoli; per i suoi metodi conciliativi e per l'energico riordinamento dell'amministrazione pubblica meritò le simpatie generali, ma, negatigli i rinforzi richiesti per la soluzione dello spinoso problema della sicurezza generale, dopo due mesi si dimise.

 

Immagine di copertina da: www.madonienotizie.it; Immagine Assenteismo nella P. A. da: news.fidelityhouse.eu; Immagine di Gustavo Maria Ponza Conte di San Martino da: Wikipedia 

 

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Articolo pubblicato il 09/08/2019