Virgilio Feroci e cinquecento motti, curiosità e aneddoti giudiziari

Cavour non fu mai accusato d'infanticidio, una prostituta sospesa dall'esercizio della professione, un boia principiante e Cesare Beccaria fautore della pena di morte…

«Dinanzi ad una corte d’assise, molti anni fa, si discuteva un processo di infanticidio: era il 6 giugno, anniversario della morte di Cavour. Il pubblico ministero non volle perdere l’occasione e, come esordio, attaccò un paludato discorso commemorativo. Ma il presidente ad un certo punto lo interruppe: Venga alla causa, signor procuratore generale; il grande statista, per quanto io sappia, non fu mai accusato d'infanticidio» e ancora «Un agente di pubblica sicurezza telegrafa ad un ufficio limitrofo per il rintraccio di un delinquente evaso dalla guardina. Fornisce i connotati così: “alto, biondo, robusto, senza baffi, calvo, cinque o sei anni più giovane di quello che pare”». E quella del pretore: «Un pretore, condannando una prostituta pel reato di adescamento, la dichiarò altresì sospesa… dall'esercizio della professione» e quella del condannato a morte: «In Inghilterra, ad una esecuzione, il boia disse al condannato: “Farò del mio meglio; ma devo avvertirvi che è la prima volta che eseguo una impiccagione”. “Va bene - rispose il condannato - anch'io è la prima volta che vengo impiccato: faremo del nostro meglio tutti e due”».

A proposito di condanna a morte, «Di Cesare Beccaria, fiero avversario della pena di morte e della tortura, si racconta che, essendo stato da un domestico derubato di un orologio, proprio mentre stava correggendo le bozze di una nuova edizione del suo celebre opuscolo, si adoperò quanto poté perché fosse impiccato, o almeno sottoposto a tortura».

Questi sono alcuni degli aneddoti giudiziari raccolti nel suo libro “Giustizia e grazia…” (Milano, 1935) dal magistrato Virgilio Feroci del quale sto per narrare la biografia e dei quali in esordio ho voluto dare un piccolo esempio.

Virgilio Feroci, nasce a Santa Fiora (Grosseto) il 16 novembre 1891. Studia a Lucca, si laurea in legge a Pisa, compie la sua carriera di magistrato a Milano dove diviene consigliere di Cassazione con incarico di presidente di Corte d’Appello. La rete non è generosa di informazioni su Virgilio Feroci (compaiono soprattutto offerte di vendita dei suoi numerosi libri) e la biografia più completa, anche se ideologicamente connotata (Ensayo sobre Virgilio Feroci), è scritta in spagnolo!

Feroci è anche professore di Diritto costituzionale all’Università di Pavia e viene considerato uno dei teorici più brillanti sia del diritto corporativo che del diritto fascista. E forse è questo il motivo della damnatio memoriae della sua biografia decretata dalla rete che però non disdegna il commercio dei suoi libri…

Virgilio Feroci muore a Pavia 16 luglio 1943, come annuncia “La Stampa” del giorno seguente sotto il titolo «La morte improvvisa / del giurista Feroci»:

«Milano, 16 luglio [1943]

In seguito a violenta infermità è morto questa notte in una clinica di Pavia il prof. Comm. Virgilio Feroci, consigliere della Corte di Cassazione».

Virgilio Feroci è autore di numerose pubblicazioni e volumi di carattere giuridico ma è diventato noto grazie ai suoi libri che possiamo considerare appartenenti a pieno diritto al filone della “Giustizia che diverte”.

Il primo è “Giustizia e grazia... Cinquecento motti, curiosità e aneddoti giudiziari”, pubblicato a Milano nel 1934 e seguito da due successive edizioni fin dall’anno seguente. Due edizioni in un anno, dimostrano la grande fortuna del libro che riesce a interessare numerosi lettori dei più diversi ambienti e che risulta gradito sia a coloro che a vario titolo frequentano l’ambiente giudiziario ma anche agli amanti dell’umorismo e a coloro che apprezzano la critica spassionata di leggi, istituti e costumi.

Seguono “Le bilance e la spada” (Milano, 1937) e “Il Volto di Astrea. Curiosità giudiziarie di tutti i tempi e di tutti i paesi” (Milano, 1943), anche questi ristampati nel periodo prebellico e bellico, perché con la fine della guerra segna l’inizio dell’oblio di Virgilio Feroci. Viene ancora citato da Arturo Orrieto, in un articolo di “Stampa Sera” del 26 giugno 1948, intitolato “La giustizia in fondo al sacco” che prende avvio da alcune sentenze contraddittorie della magistratura per imbastire due colonne di aria fritta sulla sensazione di incertezza del sistema giudiziario, dove la citazione di Feroci («La letteratura ironizza, quasi ad ogni pagina, sulla giustizia. Possiamo ironizzare senza danno – ha proclamato nella prefazione ad un suo volume di umorismo giudiziario, quel grande magistrato che fu Virgilio Feroci – proprio perché nella giustizia crediamo, perché non possiamo farne a meno, perché verso il suo raggiungimento tendiamo con tutte le forze») si associa a quelle politicamente meno ingombranti di Anatole France e di San Bernardino da Siena!

 

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Articolo pubblicato il 21/08/2019