C’era il neo ministro dell'Interno Lamorgese a capo dell’ufficio che nominò Montante.

Una realtà inquietante

Il neo ministro dell’Interno Luciana Lamorgese era il capo di gabinetto quando il ministro Alfano affidò i beni tolti alla mafia all’indagato per mafia. Antonio Calogero Montante era l’ex numero uno di Confindustria in Sicilia e leader dei professionisti dell’Antimafia. Inoltre, Montante avrebbe “messo le mani” nell’Agenzia Governativa che gestiva ben 1.500 aziende e 10.500 immobili. Secondo quanto emerge da alcuni documenti, Lamorgese sarebbe coinvolta in prima persona nel cosiddetto “pastrocchio” per aver nominato Montante ai vertici dell’agenzia.

 

L’ex poliziotto Gioacchino Genchi ha fatto emergere questi particolari proprio in seguito alla nomina dei nuovi ministri del governo giallo rosso. ”Non oso nemmeno immaginare – ha commentato poi – i salti di gioia che ha fatto Antonello Montante alla lettura della lista dei ministri del secondo governo Conte, quando ha appreso della nomina a ministro dell’Interno dell’ex prefetto Luciana Lamorgese”. Vediamo la ricostruzione dei fatti.


Tutto è cominciato il 14 marzo 2014 quando il ministro Angelino Alfano spedì una lettera a Pier Carlo Padoan, allora ministro dell’Economia.

All’interno della busta vi era la richiesta di nomina di due personalità esperte al consiglio direttivo dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. “Il 30 luglio 2014 il prefetto Luciana Lamorgese chiede e ottiene da Montante il suo curriculum” ha spiegato Alfano. Poi la firma dei protocolli sulla legalità.

 

“Fu un’idea mia che nasceva dal fatto che nella gestione di questa Agenzia si notava la mancanza di elemento manageriale” prosegue l’ex ministro. “Immaginai di mettere un antimafioso, il responsabile della legalità di Confindustria nazionale e, al tempo stesso, uno di comprovata, a quel tempo, competenza manageriale. Quando lo nominai all’Agenzia nazionale dei beni confiscati, eravamo all’apice. 20 giorni dopo, c’è stata la rivelazione del segreto istruttorio da parte del giornale e se lo violavano non lo nominavo”. Tuttavia, nel momento in cui Montante venne nominato presso l’Agenzia, il suo nome era già stato scritto nel registro degli indagati da sei mesi.


Il presidente della Commissione di inchiesta siciliana, Claudio Fava, ha spiegato: “Tutto ci aspetta fuorché il fatto che Montante venga compulsato perché partecipi.

 

Immaginiamo tutti cosa sarebbe accaduto il giorno dopo se davvero un indagato per mafia avesse partecipato al consiglio direttivo dell’Agenzia per i beni confiscati”. 

 

(da TP”24it. Politica)

 

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Articolo pubblicato il 11/09/2019