Di Battista apre il vaso di Pandora sul Pd, la gestione delle alleanze locali, gli strascichi sui sottosegretari: il Movimento 5 stelle è una polveriera.
“Ognuno è libero di esprimersi”, dice Luigi Di Maio a proposito del “non fidatevi del Pd” scritto ieri da Alessandro Di Battista, e un senatore d’esperienza si mette a ridere quando glielo si racconta al telefono. Per poi aggiungere: “Non mi virgolettare nulla”. Amen. Tra strascichi della nuova alleanza, grandi malumori per la nuova squadra di governo, accordi regionali gestiti dall’alto, il Movimento 5 stelle è una polveriera.
Poi il botto non ci sarà, magari finirà nella solita assemblea tarallucci e vino come prevede ormai da anni il cerimoniale pentastellato di Palazzo. Forse la scissione non arriverà – mai ce ne è stata una seria fra i pentastellati – e qualche addio alla chetichella passerà inosservato come d’altronde già successo anche in questa legislatura. Ma dire che la leadership del leader e della oligarchia di comando non sia profondamente in discussione sarebbe dire una cosa non vera.
“Politicamente Luigi è a un passo dall’essere finito – taglia con l’accetta la questione il senatore di cui sopra – In tutto questo caos ci scordiamo che ci ha fatto dimezzare i voti, ci ha portato lui dritti in quel progetto fallimentare che è stato il governo con la Lega”. “L’unica speranza – aggiunge – è che non prenda un’altra scoppola elettorale”. Eccola, l’Umbria. Il piano di Di Maio è chiaro: sporcarsi le mani senza darlo troppo a vedere per bloccare l’avanzata salviniana nelle elezioni locali e togliere ossigeno alla propaganda asfissiante dell’opposizione che rischia di scavare goccia a goccia la pietra pomice della cosa giallorossa.
Il leader si è chiamato fuori: “Sui nomi decide chi sta facendo le trattative”. Troppo tardi forse per placare la sollevazione dei suoi a Perugia e dintorni. “Sarà complicata da spiegare”, ragiona Filippo Gallinella, presidente della commissione Agricoltura della Camera. “Rischiamo il bagno di sangue se non la sappiamo gestire”. Il suo collega a Palazzo Madama, Stefano Lucidi, è arrivato a minacciare le dimissioni di massa di tutti gli umbri a 5 stelle, sentendosi totalmente scavalcato nella gestione della vicenda.
All’interno del Movimento non è sfuggito che la votazione del blog sull’alleanza civica sia stata aperta agli attivisti di tutta Italia, e non solo a quelli interessati dal voto. “Eppure Luigi ci aveva chiaramente detto in assemblea che l’Umbria era un caso unico e peculiare”, spiega un deputato. L’operazione è chiara: evitare una possibile clamorosa bocciatura allargando la platea anche ai non interessati.
Perché la si può chiamare come si vuole, ma quella con i Democratici umbri è un’alleanza. Che tanto fa arrovellare Di Battista. La “libertà di esprimersi” cui si è appellato Di Maio è stata esercitata pubblicamente solo da due esponenti pentastellati. Anna Laura Orrico, neo sottosegretaria ai Beni culturali, condivide l’ex deputato: “Personalmente mi sentirei di essere d’accordo con lui”. Luigi Gallo, vicino a Roberto Fico e presidente proprio della commissione Cultura di Montecitorio, è sprezzante: ““Non abbiamo bisogno di parolai, di gente che demolisce e che più o meno inconsapevolmente si adopera per la vittoria del centrodestra in Italia”. Il dibattito nel Movimento è acceso. Tutta l’ala sinistra è con Gallo.
Un colonnello all’Huffpost spiega che “sono tutti stufi di Alessandro, non voleva la Lega, non vuole il Pd, non ha voluto responsabilità e parla solo per far casino e per visibilità personale”. Ma sono molti quelli che ragionano sulle sue parole e non se la sentono affatto di dargli torto, guardando preoccupati alle possibili “coltellate” che potrebbero arrivare tanto dal Nazareno, quanto dalla nuova truppa di Matteo Renzi.
A corollario, il lungo strascico di malumori legati alla nomina dei sottosegretari. Si punta il dito su un rinnovamento mai veramente effettuato, qualcuno continua a definire il governo “un ufficio di collocamento del leader”. La nomina più contestata, anche a livello locale, è quella di Gian Carlo Cancelleri, viceministro alle Infrastrutture, la cui cooptazione ha rotto l’ennesima regola M5s, quella del rispetto della durata del mandato popolare.
Ma la lista è lunga e passa per le nomine di Alessandra Todde, già invisa capolista alle europee nelle Isole, paracadutata al Mise, quella di Roberto Traversi, tra i peones liguri paracadutato al Mit, l’assenza di un sottosegretario all’Ambiente, solo per citarne alcuni. “Ma anche umanamente Luigi non ha gestito bene la cosa”, rivela una fonte di governo.
Tanti fra gli esclusi hanno raccontato di non essere stati coinvolti nelle scelte, qualcuno dice di non essere stato nemmeno chiamato. Uno di loro sull’argomento, si trincera nel silenzio. Poi, dopo un po’ d’insistenza, dice solo una cosa, citando Platone: “Nessuno è più vendicativo di colui che si accorge di essere inferiore”.
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Immagine: money.it
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Articolo pubblicato il 21/09/2019